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Potrebbe rappresentare una svolta la decisione di Azerbaigian e Armenia di accettare uno scambio di prigionieri di guerra, tra cui militari detenuti e condannati, nell’ambito di un processo diplomatico che metta fine alle tensioni nel Garabagh. Mentre il tradizionale mediatore dell’area, la Russia, ha visto sfarinarsi la sua influenza in loco, Bruxelles e Washington hanno chiesto disponibilità e impegno, Baku e Yerevan provano a rispondere in maniera costruttiva. Cosa può cambiare dopo la conversazione telefonica del segretario di stato americano, Antony Blinken, con il presidente dell’Azerbaigian Ilham Aliyev e il primo ministro armeno Nikol Pashinyan e dopo la sentenza con cui lo scorso 17 novembre la Corte Internazionale di Giustizia ha riconfermato l’integrità territoriale dell’Azerbaigian sul Garabagh?

Primo passo

Da settimane entrambi i Paesi spiegano che un accordo di pace potrebbe essere firmato entro la fine dell’anno, ma i colloqui fino ad oggi avevano registrato non molti progressi, dal momento che secondo Baku il fatto che l’Armenia abbia impiegato circa 2 mesi e mezzo per rispondere alle proposte dell’Azerbaigian riguardo al progetto di accordo di pace poneva dei ritardi oggettivi sull’intero processo. Le commissioni per la determinazione dei confini di Armenia e Azerbaigian si sono incontrate nella regione di confine tra i due paesi il 30 novembre scorso.

Così in base all’accordo, l’Azerbaigian si impegna a liberare 32 militari armeni, mentre Yerevan ne rilascerà due, al contempo i due paesi promettono di proseguire “le discussioni sull’attuazione di ulteriori misure di rafforzamento della fiducia, efficaci nel prossimo futuro e chiederanno alla comunità internazionale di sostenere i loro sforzi”.

L’accordo sullo scambio, che il presidente del Consiglio Ue Charles Michel ha definito un “passo chiave”, è il frutto di una serie di incontri e colloqui mediati da Usa e Ue. Pollice in su anche dal ministero degli Esteri armeno secondo cui Yerevan “ha risposto positivamente all’offerta del segretario di Stato americano Antony Blinken di organizzare l’incontro dei ministri degli Esteri di Armenia e Azerbaigian a Washington”.

Le posizioni

Secondo Aliyev il punto di partenza va individuato in “cinque principi fondamentali” che rappresentano la cosiddetta base di un accordo di pace con l’Armenia. Spiccano tra i punti salienti il “reciproco riconoscimento dell’integrità territoriale dell’altro” e “nessun uso della forza, nessuna rivendicazione territoriale reciproca”.

Di contro Pashinyan ha osservato che la dissoluzione del Nagorno-Karabakh era inevitabile dopo una serie di cambiamenti sostanziali nel processo di negoziazione datato agosto 2016. “L’impossibilità emotiva di avviare una conversazione del genere era che ciò avrebbe significato dire alla Repubblica di Armenia e al suo popolo che per 30 anni abbiamo semplicemente perso tempo, spendendo tempo e risorse su un problema che era insolubile in primo luogo”, ha aggiunto.

Nel mezzo lo sfarinamento dell’influenza russa in loco, e l’ulteriore passo dei due paesi, come spiegato su queste colonne dal viceministro italiani degli esteri, Edmondo Cirielli. L’Armenia sosterrà la candidatura azera ad ospitare la 29esima Sessione della Cop29 ritirando la propria candidatura e l’Azerbaigian sosterrà la candidatura armena per l’adesione all’Ufficio Cop del Gruppo dell’Europa dell’Est.

Qui Roma

Di nuova fase nelle relazioni tra Armenia e Azerbaigian ha parlato il ministro degli Esteri e della Cooperazione internazionale, Antonio Tajani, secondo cui con questa intesa due paesi da anni in contrasto “imboccano con decisione una strada che auspichiamo li porti presto a una pacificazione, che noi vogliamo totale e definitiva, una nuova fase che li avvicinerà sempre più all’Europa, che permetterà a tutti noi europei di allargare gli spazi di cooperazione e di collaborazione pacifica”.

Inoltre la notizia dell’accordo cade in un giorno significativo per Baku, dal momento che ricorre il 100esimo anniversario della nascita del leader nazionale dell’Azerbaigian, Heydar Aliye, festeggiato a Roma con un concerto nel Palazzo della Cancelleria, alla presenza dei diplomatici azerbaigiani, Ilgar Mukhtarov per la Santa Sede e Rashad Aslanov per l’Italia. Tra l’altro proprio quest’anno è stata aperta l’ambasciata azerbaigiana presso la Santa Sede.

Svolta sui prigionieri. Ecco il banco di prova per la pace tra Azerbaigian e Armenia

Le parti hanno concordato di cogliere “un’occasione storica per raggiungere la pace tanto attesa nella regione”. Punto di partenza la sentenza con cui lo scorso 17 novembre la Corte Internazionale di Giustizia ha riconfermato l’integrità territoriale dell’Azerbaigian sul Garabagh. Mentre il tradizionale mediatore dell’area, la Russia, ha visto sfarinarsi la sua influenza in loco, Bruxelles e Washington hanno chiesto disponibilità e impegno

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