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Mi giunge sin quassù l’eco dell’ultimo e forse anche più clamoroso infortunio occorso laggiù al mio più celebre detrattore: Eugenio Scalfari, che scrive di me da tempo come di un bandito, indicandomi come il modello dei politici che gli sono stati e gli sono più antipatici, da Bettino Craxi a Silvio Berlusconi e un po’ anche a Matteo Renzi, peraltro mio corregionale. Eppure io fui riabilitato ancora in vita da un Papa, che mi perdonò, riconobbe nelle mie azioni violente una vena di giustizia e mi spianò la strada alla quiete eterna che mi sto godendo da quasi sette secoli.

Il mio detrattore, che molti anche quassù, arrivati di recente, ritengono un mirabile maestro di giornalismo, ha dedicato il suo ultimo “vetro soffiato”, sull’Espresso, ai candidati alla successione di Giorgio Napolitano. Che ha deciso di dimettersi a breve da presidente della Repubblica per cercare di godersi in santa pace gli ultimi, augurabilmente lunghi, anni di vita, prima di raggiungerci fra nuvole e nuvolette, spinto e raccomandato, anche lui, da un generoso Pontefice: quello regnante, che gli telefona e lo riceve ogni tanto, nonostante il suo antico ateismo, o quasi. Un Pontefice caro peraltro anche al mio detrattore, che ne ha addirittura raccolto carezze consolanti e interviste (a dir la verità un po’ controverse, se non erro).

Il maestro ha iscritto d’ufficio all’elenco dei candidati al Quirinale anche lo sfortunato ex presidente del Consiglio Enrico Letta, sfrattato in malo modo da Palazzo Chigi dallo sgomitante Renzi, che pure lo aveva appena invitato a stare “sereno”. Non solo lo ha iscritto alla corsa, ma lo ha anche indicato come il suo corridore preferito, dolendosi della prevedibile ostilità del successore a Palazzo Chigi, capace di forare le gomme a chiunque non dovesse piacergli o fare comodo.

Peccato per il maestro, che merita per questo una mia pernacchietta, tanto forte da essere sentita anche laggiù da voi, che Enrico Letta non sia eleggibile alla presidenza della Repubblica almeno sino al 20 agosto 2016, quando compirà l’età minima di 50 anni richiesta dalla Costituzione.

Mi sorge tuttavia un dubbio: che il maestro non abbia discepoli di cui fidarsi, visto che nei giornali in cui scrive gli lasciano passare, forse volentieri, anche gli strafalcioni che potrebbero risparmiargli prima di metterne in pagina gli articoli. Non foss’altro per questo, egli potrebbe anche guadagnarsi i miei solidali auguri di buon anno, nonostante la nostra reciproca e profonda disistima.

Quirinale, il candidato (impossibile) di Scalfari

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