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La democrazia in una società complessa come quella moderna si può colpire anche con provvedimenti legislativi che riguardano il sistema del credito.

E proprio questa sembra essere l’intenzione del governo Renzi con il provvedimento che, sotto l’ennesimo nome in inglese “investment compact”, è stato presentato – abilmente su il Corriere della Sera – come finalizzato ad “attrarre capitali, sbloccare il credito bancario, e, in generale, far ripartire la ripresa”. Il cuore della legge è l’adesione al pressing di Bankitalia per il quale da anni i governi tentano, senza riuscirci, di cambiare l’architettura delle popolari, modificare la governance delle banche cooperative, spesso anche di piccolissime dimensioni, per adeguarle alle mutate esigenze del mercato attraverso l’eliminazione del voto capitario (una persona un voto) per ogni socio, qualunque sia il numero delle azioni possedute.

Un progettino ben confezionato che però, in noi, ha fatto scattare subito l’allarme per il pericolo che, invece, metta a repentaglio la democrazia economica (e non solo quella economica) del nostro Paese.

Con il decreto legge, rispetto al progetto originario – che prevedeva un intervento su soggetti importanti del sistema bancario italiano attraverso l’abolizione del voto capitario in tutte le Banche Popolari e di Credito cooperativo – il governo ha invece stabilito l’abolizione solo per le 10 Popolari, quotate o meno in Borsa, al di sopra degli 8 miliardi di attivo, salvando quindi le altre Popolari e tutte le Bcc.

Condivido in pieno quanto scritto dal professor Becchetti su Avvenire nei giorni scorsi: “Il Presidente del Consiglio arriva a confondere mercato e oligopoli che – come stiamo vedendo – alla fine controllano coloro che dovrebbero fare e dare regole e condizionano gli Stati”. “La diversità è fondamentale ed è una follia superficiale e giacobina (ma promossa da suggeritori interessati) contro le ‘piccole banche’ che non solo cancellerebbe con un sol tratto di penna la biodiversità economica del nostro Paese, ma darebbe un serissimo colpo alla democrazia economica e sgombrerebbe la strada a quelle grandi lobby bancarie multinazionali (ma senza una visione e intenzione ‘universali’, direbbe il Papa)”.

L’Italia è il Paese per eccellenza della piccola impresa, perché è tra le società mondiali in cui è predominante quella società naturale che è la famiglia. Soprattutto per la loro funzione sociale è fondamentale sostenere le banche del territorio nella loro azione di supporto al tessuto produttivo, in particolare alle famiglie e alle piccole imprese. La prova evidente della loro funzione sociale è che siano riuscite ad offrire credito a piccole imprese e famiglie nonostante la crisi. Certo, verrebbe da aggiungere, queste banche non si avventurano in operazioni di finanza spregiudicate.

Comunque, questa decisione resta un fatto molto grave e segna un brutto giorno per la democrazia economica del nostro Paese. Ritengo sia un atto profondamente illiberale: una sorta di esproprio di risparmio.

Carlo Costalli

Presidente Movimento Cristiano Lavoratori

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