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La volata finale di questa campagna elettorale per le Europee sta paradossalmente portando una certa semplificazione delle proposte politiche. Dopo, infatti, che per settimane il quadro si è arricchito di complicazioni su complicazioni, è chiaro che adesso nasce in tutti l’esigenza di dare qualche indicazione chiara agli elettori, almeno per arginare l’emorragia di astensionismo che si preannuncia. Non a caso Beppe Grillo, a Porta a Porta, ha scelto la linea moderata, per quanto gli è possibile, e Silvio Berlusconi ha preso le distanze dal populismo, proprio e altrui, manifestando timore verso la violenza incontrollata che caratterizza lo stile del leader del M5S.

D’altronde, i rapporti personali sono ovunque deteriorati in modo irreparabile, come i reciproci insulti tra i leader confermano di continuo. Nel centrodestra – tra l’altro, molto più di Matteo Renzi sensibile alla concorrenza grillina – abbiamo assistito in questi mesi a un vero e proprio gioco al massacro. Si è instaurato, come ha spiegato il direttore di Formiche.net Michele Arnese nel suo editoriale di oggi, una specie di tafazzismo autodistruttivo, che rende oggi difficile, e per taluni persino impossibile, il recupero sensato di una proposta unitaria di stampo popolare per tutti i moderati italiani.

In questa logica, a onor del vero, Berlusconi ha rivelato, come il solito, un intuito maggiore degli altri, e ormai da qualche giorno ha dismesso ogni concorrenza con il NCD, preferendo la dura demarcazione dalla sinistra. Si sa che l’ex Cav. ha una grande simpatia per il presidente del Consiglio, tuttavia, a giusta ragione, ne rileva ora gli aspetti duri di appartenenza al Pd che permangono nei contenuti finali della sua politica. L’atteggiamento di Angelino Alfano, invece, è stato quello di optare sempre più per una linea under statement, facendo una campagna elettorale governativa e vantando i risultati, da ultimo la paternità delle norme positive di ordine pubblico contro le manifestazioni violente nella città di Roma.

Tutto resta e resterà aperto fino alla notte di domenica, quando cominceranno a emergere i primi risultati attendibili dagli scrutini. Dopodiché, si aprirà un nuovo capitolo per ciascun protagonista.

Alcuni dati sono, a ogni buon conto, sicuri. Intanto l’attestazione forte di Grillo. Poi, l’impossibilità di poter rinunciare, data la legge elettorale adesso in vigore per le prossime politiche, al ricompattamento del bipolarismo centrodestra-centrosinistra, e la necessità di una futura maggioranza di larghe intese per governare.

Insomma, dopo tutta la querelle nel PDL dell’ultimo anno e mezzo, dobbiamo aspettarci un ritorno alla larga maggioranza che sosteneva l’esecutivo di Enrico Letta. L’ipotesi Italicum, invero, sembra tramontata perché la sua funzionalità di legge elettorale bipolarista è resa vana, di fatto, dalla presenza appunto del terzo incomodo: il M5S.

Il vero nodo politico è, quindi, superare velocemente le divisioni interne alle due grandi famiglie democratiche di stampo europeo, quella socialista e quella popolare, battendo gli opposti radicalismi. In tal senso il Pd parte avvantaggiato come grande riferimento unitario del centrosinistra. Nel centrodestra, invece, domina ancora l’inutile distinzione, di cui sopra, tra alfaniani e berlusconiani. Viene di chiedersi, a questo punto, perché?

Certo, non è pensabile annullare immediatamente i dissensi che dividono le due costole del PDL, in ciò che essi hanno di reale. Ad esempio, il giudizio diverso sulla partecipazione al governo. Il punto è che non essendovi alcuna praticabilità politica nel marciare divisi è assurdo non lavorare da subito per individuare un progetto comune all’interno della cultura popolare. Oltretutto la presenza a destra di movimenti ispirati chiaramente a idee ultra conservatrici, come la Lega e Fratelli d’Italia, che in Europa saranno molto forti e influenti, rende addirittura autolesionista il restare nella diaspora.

Un’osservazione, tuttavia, in conclusione va fatta. Se il problema sono le persone, e si sa che sono esattamente le persone, vale a dire i rapporti in taluni casi addirittura di odio tra i vertici berlusconiani e alfaniani, ebbene si lavori sulle idee, utilizzando le Fondazioni di area come strumenti di elaborazione ideologica e culturale, coinvolgendo i pochi intellettuali di riferimento che comunque ci sono nel centrodestra. In sede critica è giusto ricordare che tale suggerimento di lavorare sull’unità della cultura popolare italiana, fatto molte volte anche dal sottoscritto qui su Formiche.net e altrove, è stato regolarmente ignorato e disatteso, senza che tuttavia siano emersi dei risultati politici talmente imponenti da invitare a continuare in tale direzione di marcia.

Ripartiamo, insomma, dalle idee, e non dalle persone. Ripartiamo dai grandi valori umani fondamentali, dai grandi scenari nazionali e internazionali, che definiscono coerentemente l’eredità politica di Alcide De Gasperi e di Amintore Fanfani, e allora si vedrà che, a prescindere da come andranno le Europee, il popolarismo diverrà collante profondo, stabile e duraturo per avere un centrodestra forte in Italia e in Europa.

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