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“Voglio essere chiaro, voglio essere molto chiaro: l’impegno degli Stati Uniti per la difesa delle Filippine è ferreo. L’accordo di difesa degli Stati Uniti con le Filippine è ferreo”. Dalla Casa Bianca, mentre tiene un discorso congiunto con il primo ministro australiano Anthony Albanese arrivato in visita ufficiale, il presidente statunitense Joe Biden lancia un messaggio molto chiaro. Il destinatario è ovviamente Pechino, che si rende responsabile di azioni di carattere estremamente provocatorio nei confronti di altri stati che si affacciano sul bacino del Mar Cinese Meridionale. E in particolare con le Filippine, che controllano alcuni territori su cui la Cina avanza rivendicazioni non legittimate a livello internazionale.

L’ultimo di questi atti risale a pochi giorni fa, quando il governo di Manila ha accusato la Cina di essere responsabile della collisione con un vascello della marina filippina che stava portando rifornimenti alla guarnigione di stanza presso la nave da guerra arenata sull’atollo del Second Thomas Shoal, uno dei lembi di terreno che Pechino reclama come propri. “Quello che è successo ieri è una grave ed eclatante violazione del diritto internazionale”, ha commentato al riguardo il segretario alla Difesa filippino Gilbert Teodoro, definendo l’incidente “un’escalation dell’azione espansionistica e aggressiva” della Cina.

“Qualsiasi attacco ad aerei, navi o forze armate filippine invocherà il nostro trattato di mutua difesa con le Filippine”, rimarca il presidente statunitense, riferendosi all’accordo diplomatico siglato tra Washington e Manila nel 1951, accordo in cui i due firmatari si impegnano ad intervenire a difesa dell’altro in caso di un attacco di carattere militare. La presenza del leader australiano è un moltiplicatore.

Nella stessa occasione il presidente statunitense ha sottolineato anche come gli Stati Uniti “non stiano cercando il conflitto”, un concetto riproposto in numerose occasioni da vari esponenti della leadership americana.

Il messaggio di Biden arriva in un momento tutt’altro che casuale. In queste stesse ore è previsto infatti l’arrivo in terra statunitense del ministro degli Esteri cinese (nonché capo della struttura diplomatica, che in Cina è un ruolo ben distaccato da quello ministeriale) Wang Yi, il quale si incontrerà con il segretario di Stato Antony Blinken e con il consigliere per la Sicurezza Nazionale Jake Sullivan, e forse addirittura con il Presidente stesso.

Anche se questa visita viene principalmente interpretata come propedeutica al possibile incontro bilaterale tra Biden e il leader cinese Xi Jinping, che si dovrebbe tenere all’interno della cornice dell’Asia-Pacific Economic Cooperation summit previsto per metà novembre, si avranno comunque discussioni di alto livello sui principali temi di confronto tra Washington e Pechino. Tra queste rientra sicuramente la stabilità del Mar Cinese Meridionale.

Con le sue parole, Biden ha segnalato a Xi che Manila è come Taipei. Gli Stati Uniti non verranno meno alle proprie promesse e non si tireranno indietro in caso di minaccia ai propri alleati, anche in caso di escalation militare. È fondamentale che la Cina ne sia consapevole, così da ponderare il proprio atteggiamento al riguardo. Nel contrastare questo atteggiamento, Washington può contare sugli alleati.

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