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Sembra che Seul sia pronta a portare ad un nuovo livello le sue capacità militari in ambito navale, e in particolare in ambito sottomarino. Dietro questa svolta c’è il sostegno mostrato dal presidente statunitense Donald Trump verso l’acquisizione da parte della Corea del Sud di sottomarini nucleari: “La nostra Alleanza Militare è più forte che mai e, sulla base di ciò, ho dato loro l’approvazione per costruire un sottomarino a propulsione nucleare, invece dei vecchi e molto meno agili sottomarini a propulsione diesel che hanno ora” ha scritto sui social il leader Usa, che ha poi aggiunto come tali vascelli saranno costruiti negli Stati Uniti, e in particolare nei cantieri di Philadelphia (che sono stati comprati lo scorso anno dalla compagnia sudcoreana Hangwa).

Questo sviluppo non arriva ex abrupto. Pochi giorni fa il presidente coreano Lee Jae Myung aveva chiesto a  Trump l’accesso al combustibile nucleare impiegato nei motori di questo tipo di sottomarini, una mossa realizzata in ossequio ad un accordo stretto tra i due Paesi in materia di energia nucleare, secondo il quale Seul deve chiedere il consenso degli Stati Uniti per qualsiasi arricchimento o riprocessamento del combustibile nucleare derivato da tecnologie o materiali forniti dagli Stati Uniti. Palesando in questo modo il proprio interesse verso l’acquisizione di sottomarini nucleari.

Dietro l’annuncio di Trump, giunto a poche ore dalla firma di un accordo commerciale che prevede la riduzione dei dazi sulle auto statunitensi al 15% in cambio di 350 miliardi di dollari d’investimenti sudcoreani negli Stati Uniti (di cui circa 150 miliardi destinati al potenziamento della capacità cantieristica americana), c’è sicuramente un forte interesse economico. Ma accanto all’interesse economico coesiste anche un razionale strategico, dettato dall’interesse di potenziare l’apparato di difesa di Seul in chiave anti-cinese e anti-nordcoreana, così da alleggerire il peso difensivo per gli Stati Uniti nella regione.

Lo scorso marzo la Corea del Nord ha diffuso le immagini della costruzione del suo primo sottomarino a propulsione nucleare, per la quale gli analisti ritengono che Pyongyang abbia ricevuto un supporto concreto da parte di Mosca, come ricompensa per l’invio di munizioni, armi e uomini a sostegno dello sforzo bellico del Cremlino in Ucraina. Se da una parte l’acquisizione di simili capacità da parte della Corea del Sud riporterebbe una sorta di equilibrio tra i due Stati, dall’altra essa non fornirebbe alla Marina di Seul degli strumenti per condurre operazioni di contrasto ai vascelli nucleari nordcoreani. “Gli studi hanno dimostrato che esistono molti metodi più efficaci ed economici per condurre una guerra antisommergibile nei bassi fondali marini che circondano la Corea. E sono tutti non nucleari”, commenta per il Financial Times Henry Sokolski, executive director del Nonproliferation Policy Education Center.

Diverso il ragionamento nei confronti della Repubblica Popolare, dove la rete di partnership e alleanze tra Paesi asiatici e Stati Uniti non può mirare soltanto al “contenimento” delle capacità militari cinesi, troppo estese per essere efficacemente neutralizzate, ma deve anche dotarsi di capacità offensive per condurre operazioni offensive in caso di un’eventuale escalation. Con gli Stati Uniti che al momento ricoprono il ruolo di quasi-monopolista delle avanzate capacità in questione, non stupisce che Washington sia favorevole a portare avanti una dinamica di “burden-sharing” nell’Indo-Pacifico, sulla falsa riga di quanto sta facendo anche in Europa.

 

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