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Ci sono due morali dai numeri del voto ai referendum abrogativi che si sono conclusi oggi. Uno dove i numeri sono assoluti, l’altro dove i numeri vanno pesati politicamente. I due dati poi vanno calcolati e valutati entrambi per un totale algebrico non facile ma forse più interessante.

La sinistra ha riempito la piazza e certamente ha svuotato le urne. Alla chiusura dei seggi la percentuale dei votanti è stata di un magro 29,15% (dato ancora non definitivo, ndr). Il risultato contrasta con la vampata di orgoglio della manifestazione pro Palestina che proclamava 300mila partecipanti, anche se secondo alcune stime erano molto di meno.

Il contrasto tra questi due numeri dimostra che la folla pro Palestina è parte della chimica di ciò che ha sconfitto i referendum. Tanti, tantissimi italiani sono mossi a pietà per l’elenco delle vittime a Gaza. Ma pochi, forse pochissimi vorrebbero una vittoria di Hamas, considerati da quasi tutti terroristi. Cioè una cosa è chiedere la fine dei bombardamenti, altra cosa è dare sostenere gente che usa i propri familiari come scudi umani, che si rifiuta di liberare gli ostaggi e agisce come longa manus dell’Iran, un regime comunque inquietante.

Cioè, il premier israeliano Bibi Netanyahu starà sbagliando la conduzione della campagna di Gaza, ma il problema non è solo Gaza. Si tratta di una guerra ibrida dove l’Iran sta mobilitando i suoi proxy (Hamas, Hezbollah, Houthi) per mettere sotto pressione Israele, l’occidente e cercare quindi di forzare l’America a un accordo che forse darà più tempo al suo programma nucleare. Nel frattempo, Teheran continua a fornire tecnologia e armi alla Russia nella sua campagna in Ucraina.
La partita è complicata e oscura. Nessuno dei combattenti, che attraversano frontiere e facili concezioni di pace, vuole rivelare i confini del conflitto. Mentre si lotta comunque si tratta.

Il pubblico in Italia certo non capisce la trama in corso, ma capisce che pur con tutti i suoi errori e orrori tra Israele e Hamas comunque non c’è dubbio – Israele vince a mani basse. Ancora: di certo chi non è andato a votare ai referendum non lo ha fatto per la manifestazione del 7 giugno. Ma quella manifestazione è il termometro vero dell’incapacità di certa sinistra di capire alcune cose.

L’Italia di sinistra è piena di queste storie. Negli anni ’70 i gruppetti extraparlamentari occupavano le piazze, ma nelle urne prendevano meno dell’1%. La maggioranza è silenziosa, ciò era vero quando l’Italia come negli anni ’70 era piena di giovani, lo è di più oggi quando è un Paese di vecchi. Quindi il fallimento dei referendum ha abolito la segretaria del Pd Elly Schlein? Forse non è così perché c’è un altro conto, più sottile, che va fatto.

I 13,5 milioni di votanti al referendum di Schlein oggi sono più dei 12 milioni raccolti dal centro destra a settembre del 2022. Cioè al di là dei numeri totali sugli aventi diritto al voto (46 milioni), ormai si reca alle urne circa 50%. Quindi le percentuali politiche vere vanno misurate su quelli che votano sul serio (circa 23, 24 milioni). Allora i 13,5 milioni di Schlein si traducono in maggioranza assoluta del Parlamento. Il conto anche qui non è semplice e diretto ma il governo di Giorgia Meloni diventa virtualmente azzoppato.

Di qui due conclusioni. L’assenteismo è un vulnus profondo della democrazia italiana: i partiti non rispondono più alle sollecitazioni dell’elettorato che volta loro le spalle. È l’elemento più importante e profondo della deriva autoritaria in corso, al di là della concentrazione dei poteri di questo o quel leader. I partiti sono autoreferenziali, autistici, e quindi non fanno funzionare il sistema politico del Paese. Più prosaicamente nel breve periodo però è cominciata la campagna elettorale contro il governo, e Schlein è in testa.

Detto ciò se Schlein governerà non potrà farlo solo sui numeri parziali. I numeri assoluti sono pesantissimi e devono essere considerati se non si vuole abbandonare il Paese a una deriva di indifferenza o ostilità verso qualunque governo.

Schlein non ha vinto ma Meloni ha perso. Le morali dietro i numeri del referendum secondo Sisci

L’assenteismo è un vulnus profondo della democrazia italiana: i partiti non rispondono più alle sollecitazioni dell’elettorato che volta loro le spalle. È l’elemento più importante e profondo della deriva autoritaria in corso, al di là della concentrazione dei poteri di questo o quel leader. I partiti sono autoreferenziali, autistici, e quindi non fanno funzionare il sistema politico del Paese. Più prosaicamente nel breve periodo però è cominciata la campagna elettorale contro il governo, e Schlein è in testa. L’analisi di Francesco Sisci

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