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Sessant’anni fa, la medicina era un dialogo tra persone. Lo ricorda l’ultimo editoriale del Lancet, che racconta come il rapporto tra medico e paziente si sia progressivamente trasformato in una relazione mediata da schermi, piattaforme e pratiche amministrative. Nella sanità moderna, la burocrazia ha finito per erodere tempo e fiducia. L’arrivo dell’intelligenza artificiale generativa apre a un possibile punto di svolta; se ben impiegata, può restituire ai professionisti ciò che la digitalizzazione aveva sottratto, cioè la possibilità di curare – non solo di gestire. Dalle sperimentazioni emerge che gli strumenti di AI generativa possono ridurre i tempi di compilazione delle cartelle cliniche, alleggerire la fatica cognitiva e migliorare la qualità dell’interazione medico-paziente. Secondo il Clinician of the Future Report 2025 di Elsevier, il 70% dei clinici ritiene che l’AI farà risparmiare tempo nei prossimi anni. Ma la tecnologia, avverte The Lancet, resta solo un mezzo. La cura comincia e finisce con un essere umano. L’equilibrio tra efficienza e umanità sarà la vera sfida del prossimo decennio.

THE RISE OF AI

L’ascesa dei Large language models (Llm) e dell’intelligenza artificiale generativa “apre una nuova frontiera per l’erogazione delle cure sanitarie”, ha spiegato Malwina Wojcik-Suffia, research fellow presso Information society law centre, a Healthcare Policy per Formiche.net. “A differenza dei sistemi tradizionali di machine learning e deep learning, specializzati in compiti specifici, queste tecnologie consentono di sviluppare sistemi di intelligenza artificiale sempre più autonomi, in grado di svolgere una varietà di funzioni, dalla diagnosi e il monitoraggio dei pazienti al supporto alle decisioni cliniche e alla gestione amministrativa. Integrando diverse fonti e tipologie di dati, gli agenti di AI in sanità potrebbero offrire forme avanzate di ragionamento clinico e interazioni dinamiche tra medico e intelligenza artificiale”, ha aggiunto. Soluzioni basate sull’intelligenza artificiale in ambito sanitario sono già “ampiamente utilizzate in tutta Europa, contribuendo alla prevenzione e alla diagnosi precoce delle malattie. Algoritmi predittivi di machine learning vengono impiegati per individuare i pazienti a rischio di gravi complicanze, mentre sistemi di deep learning all’avanguardia rilevano i primi segni di tumore al seno nelle mammografie, spesso con risultati superiori a quelli dei radiologi umani”.

RISPOSTE A PORTATA DI CHIUNQUE

Ma siamo anche davanti a un fenomeno inedito, oggi bastano poche righe digitate in chat per ottenere risposte immediate, personalizzate e a portata di chiunque. L’intelligenza artificiale – e nello specifico i Llm – riesce infatti a tradurre il linguaggio clinico in parole semplici, guidando l’utente tra esami, farmaci e controlli di prevenzione. Un sondaggio condotto la scorsa estate da Censuswide su 2mila adulti negli Stati Uniti mostra che oltre un terzo degli intervistati si affida all’AI per decisioni legate alla salute – più di quanti dichiarino indifferenza o diffidenza. Questa fiducia apre nuove sfide. L’introduzione dell’intelligenza artificiale in ambito sanitario “solleva importanti questioni giuridiche ed etiche, tra cui il rischio di errori o bias nei dati di addestramento e la difficoltà di garantire un controllo umano efficace”. Temi che, presi individualmente, già impongono di rafforzare la formazione e la cosiddetta AI literacy tra i professionisti sanitari, ma che espongono ancora a più vulnerabilità il comune cittadino, specie quando è in cerca di conforto o risposte in momenti di fragilità. Non a caso, l’ultimo aggiornamento di OpenAI, rilasciato ad agosto, ha introdotto nuovi limiti proprio per prevenire che ChatGpt agisca come terapeuta, riconoscendo segnali di disagio emotivo.

FORMAZIONE E AI LITERACY

Comprendere come funzionano gli algoritmi, saperne valutare limiti e potenzialità e mantenere un controllo umano sulle decisioni automatizzate è, quindi, ormai una competenza essenziale per garantire sicurezza e trasparenza nel rapporto di cura. Negli Stati Uniti, Google Cloud e Adtalem Global Education (rete che include università come Chamberlain e Walden), hanno annunciato mercoledì il lancio – previsto per il 2026 – di un programma di certificazione in AI sanitaria. Il corso offrirà a studenti e professionisti esperienze pratiche con i modelli Gemini e i servizi Vertex AI, integrando moduli su sicurezza, etica e applicazioni cliniche. “Vogliamo che i nostri laureati entrino nel mondo del lavoro pronti a usare l’intelligenza artificiale per migliorare le decisioni cliniche e rafforzare la relazione con i pazienti”, ha dichiarato Michael Betz, chief digital officer di Adtalem. Brent Mitchell, vicepresidente di Google Public Sector, ha dichiarato che la partnership punta ad assicurare che i clinici possano implementare l’AI in maniera “sicura, responsabile e efficace”

Per garantire un controllo reale e ridurre il rischio di automation bias, i professionisti sanitari devono acquisire una solida formazione sull’intelligenza artificiale, come previsto dalle disposizioni dell’AI Act. In quest’ottica, “è positivo introdurre moduli tecnici, etici e giuridici già nella formazione universitaria dei medici, come propone il programma di Google. Tuttavia, un punto fondamentale per gli implementatori di sistemi di AI è quello di adattare i percorsi di AI literacy al contesto locale in cui tali strumenti vengono utilizzati”, le criticità legali ed etiche possono infatti “variare sensibilmente da Paese a Paese”, ha spiegato la ricercatrice di Islc.

IL CENTRO ISS

In Italia, l’Istituto superiore di sanità ha inaugurato ieri il Centro nazionale intelligenza artificiale e tecnologie innovative per la salute (Iatis), articolato in sei aree che vanno dalla medicina digitale alle nanotecnologie, dall’imaging integrato all’automazione chirurgica. L’obiettivo del centro – ha spiegato Rocco Bellantone, presidente dell’Iss – è quello di “elaborare principi e raccomandazioni utili per orientare verso un uso giusto, trasparente e sicuro dell’AI”. All’inaugurazione hanno presenziato anche il ministro della Salute Orazio Schillaci, Marcello Gemmato, sottosegretario di Stato alla Salute, Licia Ronzulli, vicepresidente del Senato e il cardinale Pietro Parolin, secondo cui l’intelligenza artificiale rappresenta “una delle più grandi sfide tecnologiche e antropologiche del nostro tempo”. “Il rischio più grande – ha aggiunto – resta la disumanizzazione della cura. Un algoritmo può fornire una diagnosi, ma non una parola di conforto”.

RISCOPRIRE LA CURA

“Il Gdpr, l’AI Act e, più recentemente, la legge italiana sui sistemi di intelligenza artificiale offrono ai pazienti importanti garanzie in materia di decisioni automatizzate in ambito sanitario, sottolineando il ruolo centrale del professionista della salute nelle decisioni cliniche”, ha concluso Wojcik-Suffia. In un contesto in cui la carenza di personale e l’invecchiamento della popolazione mettono sotto pressione i sistemi sanitari, l’AI può dunque diventare un alleato prezioso. E, dunque, come conclude The Lancet, “se usata con responsabilità, l’intelligenza artificiale non sostituirà la cura. Ci aiuterà a riscoprirla”.

L'Intelligenza artificiale non sostituirà la cura, ma ci aiuterà a riscoprirla

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