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Il vice-presidente degli Stati Uniti JD Vance, giunto a Roma, ha dovuto recarsi due volte in Vaticano per incontrare brevemente, visita di cortesia, papa Francesco. Sabato infatti, in occasione del suo arrivo presso la Città del Vaticano per l’incontro ufficiale con il segretario di Stato, cardinale Pietro Parolin, l’udienza con Francesco non aveva potuto concretizzarsi. Ha però avuto luogo domenica, nel corso della mattinata.

Al fondo di tutto questo non c’è tanto una “lezione di vita”, apprendere l’arte della pazienza per un leader dai più ritenuto abbastanza irruento, quanto la raffinatezza della diplomazia vaticana. Il papa non era tenuto a ricevere un vice, non si tratta come lui di un capo di Stato o di governo, inoltre è ben noto che Francesco ha respinto al mittente le sue ardite tesi sull’“ordo amoris” di Sant’Agostino, con le quali voleva dire che questo ordine dell’amore agostiniano comincerebbe in famiglia e si fermerebbe ai patri confini, giustificando così la scelta della grande deportazione, ma tutto questo val bene un rinvio, una lista d’attesa diciamo, ma non il diniego di un breve colloquio, non dovuto ma comunque importante e rispettoso, perché il papa sa che i temi in agenda richiedono soprattutto influenza, l’esercizio comunque del soft power vaticano, per quanto sia possibile. Le differenze ci sono, le posizioni della Santa Sede risultano chiare, come però la è e rimane anche la sua disponibilità al confronto: chi esorta al dialogo comunque dialoga. E infatti l’occasione sarebbe stata usata da Francesco per consegnare all’ospite americano un memorandum relativo soprattutto alla questione, molto cara a Francesco come a tutti noto, dei migranti forzati.

Poco dopo il breve colloquio con Vance il papa è apparso alla loggia delle benedizioni durante tutta la lettura del suo messaggio alla città e al mondo. Emerge chiaramente un punto: non la guerra giusta, bensì la “pace giusta e duratura”, cioè una pace che, come ha detto recentemente il cardinal Parolin, non si impone.

Nel messaggio il papa ha più volte invertito l’ordine solito dell’espressione “cari fratelli e sorelle”, dicendo “sorelle e fratelli”, e venendo alla parte più direttamente relativa allo stato del mondo ha affermato alcune cose molto importanti. La prima sulla Pasqua, vittoria sulla morte e quindi festa della vita, mentre vediamo in noi molta volontà di morte: “Quanta volontà di morte vediamo ogni giorno nei tanti conflitti che interessano diverse parti del mondo! Quanta violenza vediamo spesso anche nelle famiglie, nei confronti delle donne o dei bambini! Quanto disprezzo si nutre a volte verso i più deboli, gli emarginati, i migranti!”. Poi sul ritorno dell’antisemitismo e sul Medio Oriente: “Preoccupa il crescente clima di antisemitismo che si va diffondendo in tutto il mondo. In pari tempo, il mio pensiero va alla popolazione e in modo particolare alla comunità cristiana di Gaza, dove il terribile conflitto continua a generare morte e distruzione e a provocare una drammatica e ignobile situazione umanitaria. Faccio appello alle parti belligeranti: cessate il fuoco, si liberino gli ostaggi e si presti aiuto alla gente, che ha fame e che aspira ad un futuro di pace! Preghiamo per le comunità cristiane in Libano e in Siria che, mentre quest’ultimo Paese sperimenta un passaggio delicato della sua storia, ambiscono alla stabilità e alla partecipazione alle sorti delle rispettive Nazioni. Esorto tutta la Chiesa ad accompagnare con l’attenzione e con la preghiera i cristiani dell’amato Medio Oriente”.

Quindi sull’Ucraina: “Cristo Risorto effonda il dono pasquale della pace sulla martoriata Ucraina e incoraggi tutti gli attori coinvolti a proseguire gli sforzi volti a raggiungere una pace giusta e duratura”. Ecco dunque la pace giusta e duratura, non quella pace che si impone, riprendendo le recenti parole del segretario di Stato. Ma l’espressione “pace giusta e duratura”, che riporta a dialogo, negoziato, porta per Francesco anche all’esigenza del disarmo: “Nessuna pace è possibile senza un vero disarmo! L’esigenza che ogni popolo ha di provvedere alla propria difesa non può trasformarsi in una corsa generale al riarmo. La luce della Pasqua ci sprona ad abbattere le barriere che creano divisioni e sono gravide di conseguenze politiche ed economiche. Ci sprona a prenderci cura gli uni degli altri, ad accrescere la solidarietà reciproca, ad adoperarci per favorire lo sviluppo integrale di ogni persona umana”.

Dunque il disarmo va collocato in un contesto che tiene conto dell’esigenza di provvedere alla propria difesa ma badando a non illudersi che questa venga da una corsa generale al riarmo, quanto dall’abbattere barriere che creano divisioni, un discorso che sembra ricordarci anche dei dazi, percepiti come rischio. Il senso di fondo delle sue sollecitazioni, teso anche questa volta a favorire diplomazia e quindi dialogo, sta qui: “Non venga mai meno il principio di umanità come cardine del nostro agire quotidiano”.

L'incontro Papa-Vance nel giorno di Pasqua. Vi spiego la raffinatezza della diplomazia vaticana

“Non venga mai meno il principio di umanità come cardine del nostro agire quotidiano”, aveva detto il pontefice da Santa Marta. Il senso di fondo delle sue sollecitazioni, teso anche questa volta a favorire diplomazia e quindi dialogo, sta tutto qui. E in questa cornice va inteso anche l’incontro con il vicepresidente americano in visita a Roma

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