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Il rapporto personale Trump-Meloni è positivo, ma il vero nodo del dossier dazi è il debito americano che si intreccia con il valore del dollaro e con le pulsioni interne dei suoi grandi elettori. Ne è convinto l’ambasciatore Rocco Cangelosi, già rappresentante permanente per l’Italia a Bruxelles e consigliere diplomatico del presidente Giorgio Napolitano, all’indomani della visita di Giorgia Meloni alla Casa Bianca.

Quale vantaggio trae l’Unione europea dopo l’incontro di ieri alla Casa Bianca fra Giorgia Meloni e Donald Trump?

Un vantaggio di clima politico e di situazioni negoziali più favorevoli dal punto di vista dei rapporti personali. Ma al momento di concreto non c’è nulla, anche perché Trump deciderà sulla base dei suoi interessi. Indubbiamente c’è una sintonia ideologica tra Meloni e Trump, questo l’abbiamo constatato anche nel linguaggio del corpo e nel modo in cui si comportavano. Ma per il momento Trump resta ancorato sulla sua decisione di porre i dazi sulle merci importate e valuterà alla luce degli interessi e delle pressioni che avrà all’interno. Mi riferisco alle situazioni negative che si sono determinate nella borsa e nell’industria americana senza contare l’aumento dei prezzi che colpisce i consumatori americani: per cui se prenderà delle posizioni più caute dipenderà soltanto da una sua valutazione personale.

Il poter favorire una visita di Trump a Bruxelles, dopo quella a Roma, è un passo che va in una buona direzione?

Va certamente nella buona direzione se dovesse realizzarsi. Meloni ha invitato Trump a venire in Italia e in quell’occasione potrebbe incontrare anche il numero uno della Commissione europea. Non si capisce se dovrà incontrarla a Roma o se farà una visita a Bruxelles: vedo quest’ultima ipotesi un po’ difficile, anche se tutto è possibile.

Dal punto di vista energetico invece può cambiare qualcosa nell’approvvigionamento europeo?

Acquistare il Lng dagli Stati Uniti è veramente antieconomico e non ha senso. Quindi la strada da perseguire è quella di energie alternative, difficile ma è l’unica che abbiamo per avere un’autonomia energetica. Il problema della bilancia dei pagamenti americani è un problema che non possiamo risolvere noi. Teniamo conto che se facciamo una valutazione globale delle partite correnti gli Usa hanno un grandissimo vantaggio nei sevizi e negli investimenti che equilibra il deficit commerciale con l’Europa. Per questo credo che non dovremmo preoccuparci molto del loro deficit commerciale. La politica dei dazi è controproducente per tutti e soprattutto per gli Stati Uniti. Prendiamo ad esempio la Cina dalla quale gli Stati Uniti dipendono per l’importazione di materiali sensibili come i semiconduttori la componentistica, i telefoni cellulari, le auto elettriche. Per contro gli Stati Uniti subiscono il blocco delle loro esportazioni di generi alimentari come soia e grano che colpiscono gli agricoltori americani del Midwest. In definitiva la politica dei dazi si sta rivelando un’arma spuntata che si ritorce contro gli Stati Uniti.

Il resto del mondo subirà conseguenze?

Certamente. Abbiamo visto l’impatto sui mercati finanziari all’annuncio dei dazi calcolati con una formula alquanto astrusa poi ridotti al 10%. Tra 90 giorni vedremo quali saranno le decisioni che saranno prese alla luce dell’andamento economico, ma certamente credo che Trump dovrà fare una rivalutazione di carattere generale nei confronti dell’Unione europea: più di tanto non credo si possa andare nel negoziato. Ricordo che l’accordo Ttip, arrivato alla linea del traguardo, fu bloccato dall’amministrazione Obama, in quanto ci sono ostacoli che non consentono di arrivare al cosiddetto “zero a zero” ovvero a una zona di libero scambio. Trump mira in effetti ad eliminare ostacoli non tariffari, il che comporterebbe per l’Unione rinunciare alle sue norme di sicurezza alimentare, ambientale e sanitaria. In altre parole significherebbe importare polli allevati al cloro, alimenti ogm, prodotti che non rispettano la sicurezza ambientale e così via.

Non crede dunque a quella frase di Trump che si è detto “sicuro al 100% che si raggiungerà un accordo complessivo”?

Non so che cosa significa dal suo punto di vista, certo se lui accetterà di negoziare su alcuni aspetti dovrà essere consapevole che alcune norme non si toccano. Potremmo trovare un’intesa per un abbassamento reciproco dei dazi e per l’impegno di maggiori investimenti da parte europea. Ma io non vedo come un negoziato possa modificare quelli che sono i flussi commerciali ed economici alla base tra Stati Uniti ed Europa: esiste una interconnessione profonda di interessi che è difficile modificare attraverso un negoziato. Il punto fondamentale per Trump resta il debito pubblico americano che è in mano in gran parte ai cinesi e agli europei e questo lo preoccupa molto perché la crescita del debito comporta un deficit crescente con un maggiore rischio finanziario e il conseguente aumento del rendimento da pagare sui treasury bond. Per questi motivi Trump ha attaccato duramente Powell per la sua reticenza ad abbassare i tassi di interesse e ridurre in tal modo il servizio del debito. In ogni caso, non sarà con i dazi che Trump risolverà il problema. Al contrario una sfiducia nel dollaro come mezzo di pagamento internazionale priverebbe gli Usa di un formidabile strumento di finanziamento del proprio deficit.

Non solo dazi, il nodo è il debito Usa. La versione di Cangelosi

“Indubbiamente c’è una sintonia ideologica tra Meloni e Trump, questo l’abbiamo constatato anche nel linguaggio del corpo e nel modo in cui si comportavano. Ma per il momento Trump resta ancorato sulla sua decisione di porre i dazi sulle merci importate e valuterà alla luce degli interessi e delle pressioni che avrà all’interno”. Il viaggio della premier analizzato dall’ambasciatore, già consigliere diplomatico del presidente Giorgio Napolitano, Rocco Cangelosi

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