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Di fronte alle crisi geopolitiche che caratterizzano l’attuale scenario internazionale, investire in difesa è percepito dalla maggior parte dei governi europei, quello italiano incluso, una necessità, e non una scelta. Tuttavia, per il nostro Paese, la sfida per raggiungere il 2% del Pil da destinare al comparto resta aperta. Nella recente audizione al Senato, il ministro della Difesa, Guido Crosetto, ha ribadito come l’Italia sia “ancora lontana” dall’obiettivo di spesa per la Difesa del 2% del Pil, che andrebbe raggiunto entro il 2028. Ormai la soglia decisa in sede Nato non è nemmeno più un obiettivo “ma un requisito minimo” ha osservato il ministro. Si tratta di un aspetto “centrale per garantire il funzionamento dello strumento militare in un contesto globale sempre più competitivo”.

Sul tema è intervenuta, a margine della riunione informale dei Capi di Stato o di governo del Consiglio europeo, in corso a Budapest, la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni: “Sono convinta che l’Europa e quindi anche l’Italia debbano riuscire a garantire la loro maggiore indipendenza e autonomia, anche investendo di più in difesa”. Di fronte a questo, però, sarà necessario trovare le risorse adeguate: “Chiaramente servono gli strumenti per poterlo fare: le risorse vanno individuate in qualche modo perché l’unica cosa che io non sono disposta a fare è prendermela con i cittadini italiani” ha detto la premier rispondendo a una domanda dedicata proprio alla previsione fatta in Galles nel 2014.

L’audizione del ministro aveva riguardato i dettagli del Documento programmatico della Difesa per il triennio 2024-2026, che come sottolineato da Crosetto “segna un ulteriore passo avanti nel sistema difesa” chiamato ad affrontare “sfide epocali”. Il Dpp 2024-2026 prevede una spesa finanziaria di circa 28 miliardi e mezzo di euro. Un impegno finanziario prova “della capacità di finalizzazione del dicastero”. Con la nuova previsione, il bilancio della Difesa passa dall’1,54% del 2024 all’1,57 del 2025, all’1,58 nel 2026 e infine all’1,61 nel 2027.

Ma sul fronte della difesa era intervenuto, nella stessa giornata, anche il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, che presentando alla camera il Ddl bilancio, aveva segnalato come “nonostante gli ingenti stanziamenti assegnati, l’obiettivo del 2% del Pil richiesto dalla Nato risulta molto ambizioso e non del tutto compatibile sotto il profilo in particolare delle coperture con il quadro vigente della governance europea. Alla luce, infatti, degli stanziamenti previsti dal disegno di legge di bilancio arriveremo alle percentuali” descritte dal Dpp della Difesa.

Crosetto, in effetti, aveva registrato a sua volta le difficoltà del Paese di raggiungere il traguardo: “Il tema non è solo escludere le spese della difesa dal Patto di stabilità, ma di identificare i modi per sostenere tali investimenti”. Serve, allora, “una garanzia europea” che tolga le spese militari dalle emissioni di debito pubblico, con un approccio che “anestetizzi totalmente l’impatto delle spese per la difesa sul bilancio dello Stato, fatto per gli anni in cui viviamo”.

Un’apertura arriva, sempre da Budapest, dal già presidente del Consiglio, Mario Draghi, il quale ha detto che destinare il 2% del Pil per la difesa rispettando il patto di stabilità “è possibile, ma bisognerà prendere tutta una serie di decisioni. In questo è inutile dire se è possibile o no. Oggi bisogna decidere cosa fare”. Per l’ex presidente della Banca centrale europea, infatti, “andare in ordine sparso, siamo troppo piccoli, non si va da nessuna parte”, e quindi “mi auguro che ritroveremo uno spirito unitario con cui riusciremo a trovare il meglio da questi grandi cambiamenti”.

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