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Il governo di coalizione Letta-Alfano non l’ha portato la cicogna. E non è neppure un disguido postale consegnato per errore (e neppure rifiutato) all’allora vicesegretario del Pd. Non è neppure, come si propose, un governo di scopo: come doveva esserlo il monocolore Tambroni, se si fosse limitato a far approvare dal parlamento i bilanci dello Stato e a predisporre una legge elettorale provinciale proporzionale, anziché dare sfogo ai fascisti; o come invece fu il ministero Dini, usato da Scalfaro per separare Berlusconi dalla Lega e andare al voto anticipato, che non era previsto. Il governo Letta è un ministero politico: destinato ad affrontare con frutto la grave emergenza economica, provvedere ad una pacificazione nazionale (fra i partiti e tra la politica e la magistratura) e giungere in tempi ragionevoli ad una riforma della giustizia e ad una nuova legge elettorale molto diversa dal porcellum.

Il governo Letta-Alfano nacque dalla intuizione delle larghe intese avuta da Berlusconi la stessa notte dello spoglio elettorale, condivisa dal capo dello Stato (che non fu né Marini, né Prodi, i due candidati bruciati dal Pd, ma ancora il riluttante Napolitano), che accettò la rielezione proprio in funzione di quel progetto di avanzamento democratico. Lasciando fuori i grillini e Sel (cui fu però regalata la presidenza della camera), non immaginando che si sarebbe potuta costituire in senato una maggioranza corsara con la partecipazione decisiva di questi due ultimi gruppi che sanno solo epurare, respingere, fustigare moralisticamente, ridurre il parlamento ad arena fra belve e cristiani.

È legittimo avere altre idee, coltivare altre ambizioni, cogliere l’occasione di un governo delle grandi intese non all’infinito, ma almeno per un tempo ragionevole a riportare in equilibrio la politica nazionale. Ma non si cambia per cambiare. E non si parte sparando sul pianista. Il giovanilismo può anche trasformarsi in infantilismo politico. Usare l’arma della decadenza giustizialista può essere a doppio taglio, potendo diventare una tagliola in primo luogo per le colombe, essendo i falchi più agili a sfuggire alle trappole.

L'arma della decadenza su Berlusconi è a doppio taglio

Il governo di coalizione Letta-Alfano non l’ha portato la cicogna. E non è neppure un disguido postale consegnato per errore (e neppure rifiutato) all’allora vicesegretario del Pd. Non è neppure, come si propose, un governo di scopo: come doveva esserlo il monocolore Tambroni, se si fosse limitato a far approvare dal parlamento i bilanci dello Stato e a predisporre una…

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