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Gran bel pezzo, quello con cui antonio polito, mercoledì sul corriere della sera, ha commentato lo scontro sul referendum per il contributo pubblico alle materne private, che si terrà a bologna domenica.  Il nodo è costituito dall’art. 33 cost. che riconosce il diritto dei privati di istituire scuole senza oneri per lo stato.

di segutio i termini del confronto (anche se l’articolo meriterebbe di essere letto integralmente): “In un Paese meno avvelenato dalle dispute ideologiche  e dai risentimenti, l’argomento usato da Romano Prodi a favore del sistema degli asili bolognesi taglierebbe la testa al toro: «Perché bocciare un accordo che ha funzionato bene per tanti anni e che ha permesso, con un modesto impiego di mezzi, di ampliare almeno un po’ il numero dei bambini ammessi alla scuola d’infanzia?». Quel sistema, come si sa, comprende sia scuole materne statali (poche, il 17% degli alunni), sia scuole materne comunali (tante, il 60%), sia scuole convenzionate gestite da privati, quasi tutte di ispirazione cattolica (che garantiscono 1.825 posti-alunno, il 23% dei bambini di Bologna). I promotori del referendum, presieduti da Stefano Rodotà, chiedono invece di mettere fine al contributo del Comune che va alle private (un milione e centomila euro, il 2,8% dei 36 milioni complessivamente stanziati). E dell’argomento di buon senso usato da Prodi (il 23% dei bambini con il 2,8% dei fondi) non sanno che farsene. Nella lettera pubblicata ieri dal Corriere, per esempio, Rodotà non usa mai una volta la parola bambini. Preferisce concentrarsi sui principi, sui valori, sui diritti”.

il commento è stato pubblicato con il titolo: “bologna: valori al posto dei bambini”: un titolo di grande effetto, che suggestiona la lettura dell’articolo di polito che va ben oltre il caso concreto.

L’argomento di prodi è di buon senso: l’accordo funziona, vale la pena cambiarlo solo perché (forse) non conforme al diritto? 

ma anche la posizione di rodotà merita considerazione: siamo uno stato di diritto e la pubblica amministrazione deve operare nel rispetto delle regole.

personalmente non mi riconosco in nessuno dei due argomenti. non in quello di prodi che esaltando l’effettività apre ad abusi, sin troppo facili in un paese come il nostro nel quale si tende a piegare la regola al proprio particulare; non in quello di rodotà che mi sembra informato ad una concezione giacobina della legge e della giustizia. ma soprattutto non mi riconosco nel referendum come strumento per risolvere la questione posto che radicalizza le posizioni e ripropone la spaccatura della comunità in guelfi e ghibellini.

piuttosto: fiat juistitia ne pereat mundus! il che non significa cercare necessariamente un compromesso. se i fautori del sì ritengono che il sistema bolognese sia incostituzionale promuovano il sindacato del giudice. una volta fatta justitia ci saranno i criteri per salvare il mundus. nel frattempo, fossi bolognese, voterei per il no.

Bologna, i bambini o i valori?

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