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Il caso Enzo Tortora? Non ha insegnato nulla, dice Francesca Scopelliti, la compagna del giornalista protagonista trent’anni fa della nota vicenda giudiziaria. Scopelliti in una conversazione con Formiche.net commenta la sentenza di condanna emessa per Ottaviano Del Turco nella consapevolezza, secondo l’ex parlamentare di Forza Italia, che esiste un altro caso Tortora nel Paese.

Più della pena inflitta, choccano i cinque anni trascorsi per arrivare al primo grado di giudizio?
Confermano il disprezzo esistente oggi nei confronti di un imputato, schiacciando di fatto la presunzione di innocenza. Tenere cinque anni una persona in attesa, soprattutto se è un personaggio politico, con tutto il tam tam mediatico che se ne sviluppa, è la spia del male che affligge la giustizia italiana. Sono gli stessi nodi che la corte europea dei diritti dell’uomo ci imputa.

Dopo Silvio Berlusconi, anche Ottaviano Del Turco si è paragonato a Enzo Tortora: strumentalizzazioni o reali attinenze?
C’è una bella differenza tra Del Turco e Berlusconi, parlerò solo del primo. É davvero una vicenda come quella di Tortora, dove una sentenza così grave di condanna, emessa nel nome del popolo italiano, rispetta ahimè il libero convincimento di un magistrato o di un giudice basato non su prove o riscontri, né verifiche su fatti denunciati. Purtroppo è sufficiente essere convinti di ciò che si vuol credere: questo è davvero terribile.

L’esempio di Tortora è servito a migliorare quantomeno l’approccio con cui accostarsi al comparto giustizia?
Recentemente, in occasione dei 25 anni della scomparsa di Tortora, e dei 30 anni dal suo arresto, ebbi a dire che dopo tutto questo tempo nulla era cambiato. E che davvero, come scrisse Leonardo Sciascia, la vicenda di Enzo rischiava di essere solo un’illusione. Ecco, con Ottaviano Del Turco si conferma che il caso Tortora non ha insegnato nulla e che è ancora possibile condannare un uomo innocente e per bene in base al nulla: senza prove, ma solo sulla parola di qualcuno che nutre interessi diversi dall’affermazione della verità.

Ovvero?
Beh, può essere la vendetta come nel caso di Ottaviano, o l’ottenimento di qualche privilegio da parte dei pentiti in occasione del processo di Napoli.

Dopo il referendum proposto anni fa con il supporto di Tortora, oggi i Radicali ci riprovano con i quesiti sulla giustizia: vincerà ancora una volta il sistema italiano?
Innanzitutto c’è da raccogliere le firme, una fatica enorme affidata ai Radicali. Il Pdl si è dichiarato al fianco dei Radicali per questa raccolta delle firme, per cui mi auguro che si ottenga il risultato desiderato. Se ci credo ancora? Certo, bisogna crederci, voglio sperare che anche questa vicenda di Del Turco faccia capire come sia assolutamente necessario procedere verso una riforma non più procrastinabile.

Quali i punti più urgenti di una possibile riforma?
Penso alla separazione delle carriere, come dimostra la denuncia fatta da Del Turco sul suo giudice che, fino a tre anni fa, era un pubblico ministero. Possibile che la magistratura, nella sua interezza, ovvero Anm e Csm, non si rendano conto di tale urgenza? Possibile che continuino a chiudersi all’interno di una casta superprotetta e impenetrabile, in cui non è dato entrare con un minimo di proposta innovativa? Inoltre la riforma non dovrebbe essere contro qualcuno, ma pro qualcosa, a favore del diritto, nell’interesse del popolo. Insomma, per la giustizia giusta. Invece negli ultimi anni registro solo atteggiamenti sbagliati, con riforme utili a condannare qualcuno e ad assolvere qualcun altro.

Senza dimenticare le condizioni di salute del condannato Del Turco…
Ottaviano ha detto di essere affetto da un tumore, anche questo lo affianca a Tortora. Sono convinta che anche questo suo male sia nato assieme al mandato di cattura. E allora credo che oltre a commettere degli errori nelle sentenze, si colpisca la persona in quanto tale. Inaccettabile in uno stato di diritto.

twitter@FDepalo

Del Turco, il caso Tortora non ha insegnato nulla

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