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L’aumento costante delle temperature, soprattutto nel periodo estivo, ha comportato una necessaria riflessione su come tutelare i lavoratori esposti a un clima sempre più caldo e a condizioni di lavoro sempre meno confortevoli.
L’idea, ancora in fase di definizione, sarebbe quella di agevolare i lavoratori attraverso l’utilizzo e l’ampliamento di strumenti già predisposti dal legislatore come lo smart working e la cassa integrazione.

In particolare, si è discusso sulla possibilità di ricorrere al lavoro agile per consentire ai lavoratori di non spostarsi, rimanendo così presso le proprie abitazioni; mentre, per i lavori più impattati dalle, ormai abituali, ondate di calore, si è individuata la possibilità di avvalersi della cassa integrazione.

L’utilizzo dello smart working per attenuare gli effetti del caldo è, infatti, al vaglio di Inail e Cnr, che puntano alla prevenzione e alla tutela dei lavoratori attraverso il progetto Worklimate 2.0, il quale, tramite il report del 17 luglio 2023, ha registrato e analizzato gli effetti negativi delle elevate temperature sulla salute dei lavoratori e sulla produttività lavorativa. In tale contesto, per tutte le attività eseguibili da remoto, si sta valutando la possibilità di ampliare lo strumento dello smart working sulla scia di quanto fatto durante il periodo pandemico.

Per quanto riguarda, invece, quelle attività che, necessariamente, si devono svolgere in presenza, l’Inps, già con la Circolare n. 2999 del 2022, al fine di tutelare i lavoratori costretti a operare a temperature sempre maggiori, aveva previsto la possibilità di sospendere l’attività lavorativa e richiedere la cassa integrazione in caso di caldo eccessivo con temperature sopra i 35 gradi.

Ciò è stato giustificato dal fatto che lo stress termico mette a rischio sia lo stato di salute del lavoratore sia la qualità della prestazione lavorativa. Pertanto, secondo l’Ente previdenziale, la cig per temperature elevate dovrebbe essere riconosciuta nei casi in cui: la temperatura effettiva sul luogo di lavoro sia almeno pari ai 35° centigradi; oppure, la temperatura sia al di sotto dei 35 gradi centigradi, ma tale soglia sia superata dalla cosiddetta temperatura percepita (che, come è noto, può essere più alta di quella segnata dai termometri).

Sul punto è nuovamente ritornata l’Inps, la quale, con il messaggio del 20 luglio 2023 n. 2729, ha confermato le indicazioni per i casi di sospensione o riduzione dell’attività lavorativa conseguenti alle temperature elevate e il ricorso al trattamento di integrazione salariale con la causale “eventi meteo”, quando le temperature risultino superiori a 35 gradi.

Dunque, il mondo del lavoro, continuamente in fieri, ci sta dimostrando come la sua evoluzione non dipenda solo da mere logiche di mercato, ma sia imputabile anche a situazioni ulteriori, le quali, dettate dalla semplice necessità, possono offrire la possibilità di un’evoluzione che, col tempo, riesca a incrementare la produttività e a tutelare maggiormente tutti i lavoratori.

Restano, tuttavia, ancora da definire le modalità attraverso cui attuare questi cambiamenti e, soprattutto, attraverso quale strumento individuare i valori di riferimento. Tale compito spetterà agli addetti ai lavori, i quali dovranno tutelare sia la forza lavoro sia la produttività, attraverso cambiamenti normativi che tengano in considerazione tutti gli interessi in gioco.

Se, al momento, si raccoglie con positività l’impulso al cambiamento, si attende con ansia una più strutturata definizione dei singoli istituti che andranno a modificare, almeno in parte, l’esecuzione delle prestazioni lavorative durante i periodi di caldo intenso.

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Il mondo del lavoro, continuamente in fieri, ci sta dimostrando come la sua evoluzione non dipenda solo da mere logiche di mercato, ma sia imputabile anche a situazioni ulteriori, le quali, dettate dalla semplice necessità, possono offrire la possibilità di un’evoluzione che, col tempo, riesca a incrementare la produttività e a tutelare maggiormente tutti i lavoratori. Il commento dell’avvocato Gabriele Fava

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