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Nel mondo post-pandemico l’influenza della Repubblica Popolare Cinese è sì commercio e diplomazia, ma anche intreccio di tecnologia, regole e narrazioni che penetra in profondità nelle società. Se l’Europa parla di de-risking, imponendo screening sugli investimenti e limitando Huawei nelle reti 5G, altrove Pechino avanza senza ostacoli. L’uscita dell’Italia dalla Belt and Road Initiative a fine 2023 ha avuto un valore simbolico per l’Unione, ma nel frattempo l’Africa e l’America Latina si consolidano come nuovi terreni di espansione cinese.

Il China Index 2024, coordinato da Doublethink Lab con la rete China in the World, è una mappatura completa su scala globale dell’influenza cinese. Sono 101 i Paesi monitorati, 99 indicatori, nove domini che vanno dall’accademia alle forze armate. Il metodo è quello di distinguere tra esposizione, pressione e allineamento. Prima si creano vulnerabilità, poi si esercita la spinta, infine si misura quanto un Paese si allinei alle priorità di Pechino.

Dati alla mano, Pakistan, Cambogia e Singapore rimangono i Paesi più permeabili. Ma il salto più vistoso è in America Centrale e Caraibi (+12,1 punti rispetto al 2022), in Africa sub-sahariana (+8,2) e in Sud America (+7,3). Qui la Belt and Road si intreccia con investimenti digitali e accordi militari. In Nigeria la Cina è il primo partner commerciale, in Zimbabwe la digitalizzazione porta il marchio Huawei, in Cile la narrazione pro-Pechino domina i media.

Dove Pechino incontra ostacoli

Non ovunque la penetrazione funziona. L’Europa cresce appena di 1,4 punti e riduce la dipendenza economica, unico continente a muoversi in questa direzione. L’Oceania mostra segnali simili, con Australia e Nuova Zelanda che rivedono accordi accademici e rafforzano i controlli sugli investimenti.

Ma la vera novità è nella società. L’influenza culturale e digitale è la frontiera più dinamica: eventi organizzati dalla diaspora e dalle ambasciate, partnership con media locali e soprattutto piattaforme digitali. Oggi nel 65% dei Paesi monitorati almeno una delle cinque applicazioni più usate è controllata o partecipata da aziende cinesi, contro il 45% di due anni fa.

Italia e Romania, due casi emblematici

L’Italia registra un calo di influenza, con un punteggio di 26,8 (−8,3 rispetto al 2022). La politica estera dopo l’uscita dalla Bri si è allontanata da Pechino, ma restano vulnerabilità. L’accademia è ancora permeabile, i media offrono spazi narrativi favorevoli, le forze dell’ordine rappresentano il settore più esposto con cooperazioni controverse e reti criminali cinesi radicate.

La Romania si colloca a 27,5, con un profilo diverso, bassa pressione diretta, ma crescente lavoro sul piano sociale, attraverso comunità, associazioni e media di nicchia. La tecnologia resta campo di contesa dopo l’esclusione di Huawei dal 5G. Bucarest si difende meglio sugli aspetti strategici, ma deve affrontare l’avanzata del soft power.

Chi fa il rapporto e perché conta

Dietro il China Index c’è Doublethink Lab, organizzazione indipendente con sede a Taipei, che attraverso la rete Citw coordina partner locali e raccoglie dati documentati e verificati. In Europa orientale il lavoro di monitoraggio è condotto anche dall’associazione rumena Expert Forum, impegnata a studiare le dinamiche di influenza cinese nella regione.

L’appuntamento a Roma

Giovedì 9 ottobre, ore 15:30, la Sala ISMA del Senato ospiterà il convegno “Le influenze cinesi in Ue. I casi Italia e Europa orientale”, promosso dal senatore Giulio Terzi in collaborazione con Doublethink Lab, Expert Forum e il Global Committee for the Rule of Law “Marco Pannella”. L’incontro metterà a confronto i dati del rapporto con le vulnerabilità concrete di Italia e Romania, due Paesi diversi ma entrambi esposti a pressioni mirate di Pechino.

La partita in prospettiva 

Il China Index dimostra che l’influenza cinese è adattiva. Arretra dove incontra istituzioni robuste, cambia pelle nelle società aperte, rilancia dove trova terreno fertile. L’Italia e la Romania, seppur ai margini della classifica, rimangono punti sensibili per Pechino perché rappresentano porte d’ingresso nel Continente e snodi di regole, tecnologia e geopolitica. La partita riguarda l’espansione della propria influenza e si giocherà sulla capacità di plasmare standard, reti e immaginari collettivi.

Come Pechino adatta la sua influenza nel mondo. Ne parla il China Index

Dal Pakistan alla Cambogia, dall’Africa al Sud America: i dati del China Index 2024 raccontano un’influenza che cresce fuori dall’Europa ma trova resistenze crescenti a Bruxelles, Roma e Bucarest. Il 9 ottobre il Senato ospita un incontro dedicato ai casi italiano e rumeno

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