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È difficile, se non impossibile, provare a sbrogliare la matassa delle reazioni social che la scomparsa di Silvio Berlusconi ha prodotto in pochissime ore, a darle uno straccio di ordine, scegliendo un criterio di navigazione piuttosto che un altro.

In rete e sulle piattaforme c’è davvero di tutto e in un secondo è possibile passare dal sarcasmo più crudo, all’amarcord più melanconico, dall’idiozia più sfrenata ai post istituzionali di tributo alla memoria del Cavaliere.

E come spesso si dice in questi casi, c’è “tanta roba”. Dall’immancabile instant marketing, targato @Taffo, ai distinguo polemici pubblicati subito dopo l’ufficialità della notizia da Potere al Popolo, da Ascanio Celestini o da Marco Travaglio. C’è la satira surreale di @lercio, quella di @Spinoza o di Socialisti Gaudenti, così come ci sono le vignette di Vauro Senesi, di Riccardo Marassi o di Stefano Rolli, il video di Andrea Scanzi, il podcast di Luca Bizzarri, fino al manifesto a lutto affisso che il Collettivo Offline ha affisso in alcune strade di Palermo e che qualcuno ha poco dopo postato in rete.

In questi tre giorni, dal 12 al 14 giugno, in rete sono state registrate, almeno fino a questa mattina e prima dei funerali di Stato, ben 141.760 menzioni totali sommando le keyword nominative di “Berlusconi”, “Silvio” e “Silvio Berlusconi”.

 

 

I tre ami semantici utilizzati per il monitoraggio hanno gonfiato velocemente la bolla del coinvolgimento digitale portando complessivamente le interazioni a raggiungere e bucare senza fatica il tetto dell’engagement a oltre 80 milioni. Ed è significativo, per comprendere quanto la figura di Berlusconi abbia profondamente segnato la storia italiana dell’ultimo mezzo secolo, che la quota maggiore di coinvolgimento, di poco sotto al 39%, sia stata prodotta dalla chiave di ricerca da “Silvio” che rispetto alle altre due ha una matrice decisamente più confidenziale. È questo forse, tra tutti, l’insight che meglio di tante analisi socio-antropologiche può restituirci il senso e la misura di quanto il Cavaliere fosse diventato negli anni parte consustanziale dell’immaginario collettivo degli italiani, una presenza che si era trasformata essa stessa in un contesto, ne era intrinsecamente sostanza e forma. Ecco perché, per quasi due generazioni di italiani Silvio è stato uno di “famiglia”, quanto un genitore, uno zio, un amico di infanzia.

 

Il diverso coinvolgimento della keyword “Silvio” si riflette anche nella qualità delle discussioni che si sono poi sviluppate da lunedì mattina a partire dai primi lanci delle agenzie e dall’ufficialità poi della morte del Biscione. Infatti, la percentuale di sentiment positivo della chiave di ricerca, che in questi casi coagula quella fetta di parlato che nel contenuto digitale assorbe un ricordo non divisivo, è di circa il 50%, superiore di 13 punti percentuali se confrontata con la keyword “Berlusconi” che invece si ferma al 37%.

A conclusione di questa breve ricognizione sull’emotività digitale che la morte di Silvio Berlusconi ha prodotto online è opportuno citare due ulteriori dati: il primo è quello delle oltre 5 milioni di ricerche che sono state fatte online dagli italiani digitando lunedì il nome Berlusconi nella search bar di Google. Il secondo, ancor più interessante perché connesso sempre al ragionamento di poc’anzi, è invece l’incremento assoluto di nuovi follower che gli account di Silvio Berlusconi hanno ottenuto da domenica 11 a mercoledì mattina 14 giugno: circa 62 mila nuovi follower, di cui oltre 32 mila quelli che hanno scelto di seguirne l’account Instagram e più di 21 mila invece hanno messo like all’account di TikTok.

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