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La Germania si prepara a un voto anticipato cruciale, domenica 23 febbraio, con l’Europa che osserva con apprensione. La posta in gioco, sia a Berlino che nel resto del continente, è altissima. Non si tratta solo dell’avanzata dell’estrema destra populista, che si posiziona al secondo posto nei sondaggi, ma anche della complessa crisi economica che attanaglia il Paese. I pilastri su cui la Germania ha costruito la sua crescita negli ultimi trent’anni – energia a basso costo dalla Russia, esportazioni verso la Cina e una sicurezza garantita dagli Stati Uniti – si stanno sgretolando, lasciando il Paese in cerca di nuove strategie. La questione sicurezza connessa alle relazioni internazionali ha ormai invaso il campo economico, e Berlino – mercantilista ed economicista – soffre.

Nel quadro internazionale sempre più instabile, l’Unione Europea auspica un ritorno forte di Berlino sulla scena politica, mentre l’ombra di Donald Trump minaccia di ridisegnare le relazioni transatlantiche. In questo contesto di incertezza, i sondaggi vedono i conservatori della Cdu/Csu, guidati da Friedrich Merz, in testa con il 30% delle preferenze. Tuttavia, l’attenzione è rivolta alla crescita di Alternative für Deutschland (AfD), il partito radicale di estrema destra guidato da Alice Weidel, apertamente sostenuto da Elon Musk ma isolato dal resto delle forze politiche, nessuna delle quali si dichiara disposta a collaborare con esso.

Gli ultimi sondaggi pre-elettorali indicano AfD in ascesa con il 20% delle intenzioni di voto, seguita dalla Spd del cancelliere uscente Olaf Scholz al 16%. I Verdi raccolgono il 13%, mentre la Sinistra di Die Linke si attesta al 7%. Sul filo della soglia di sbarramento si trovano l’Alleanza di Sarah Wagenknecht (Bsw) al 5% e i Liberali al 4%, a rischio di esclusione dal Bundestag. Il risultato delle urne determinerà non solo il futuro della Germania, ma anche quello degli equilibri politici europei e delle dinamiche internazionali.

Secondo Rafael Loss, Policy Fellow del programma Defence, Security and Technology dell’Ecfr, “mentre due terzi dei tedeschi continuano a sostenere che il loro Paese fornisca aiuti militari all’Ucraina, ai livelli attuali o anche superiori, e la maggioranza sarebbe favorevole all’invio della Bundeswehr per sostenere un cessate il fuoco, l’Ucraina e la difesa dell’Europa hanno avuto un ruolo marginale in questa campagna elettorale”.

La leadership tedesca ha reagito in modo cauto alle dichiarazioni di Donald Trump, che ha minato il principio occidentale del “nulla sull’Ucraina senza l’Ucraina” e ha messo in discussione la credibilità delle garanzie di sicurezza statunitensi all’Europa. Questa reazione prudente è dettata anche dalla paura che formazioni come AfD e Bsw possano strumentalizzare a proprio vantaggio ogni discussione pre-elettorale su coscrizione, aumenti della spesa per la difesa o dispiegamenti militari.

“Il prossimo governo tedesco dovrà affrontare sfide non dissimili da quelle dei primi anni della Repubblica di Bonn”, osserva Loss. Per l’esperto del think tank paneuropeo, come fece Konrad Adenauer nel dopoguerra, integrando la Germania Ovest nella comunità euro-atlantica e promuovendo il riarmo all’interno della Nato, i futuri leader tedeschi dovranno prendere decisioni di portata storica per garantire un’Ucraina sovrana e la sicurezza del continente contro future aggressioni russe, potenzialmente senza il supporto degli Stati Uniti.

Tra economia e geopolitica, sfida storica per Berlino. Il punto di Loss

“Il prossimo governo tedesco dovrà affrontare sfide non dissimili da quelle dei primi anni della Repubblica di Bonn”, osserva Rafael Loss, Policy fellow del programma Defence, security and technology dell’Ecfr. Secondo l’esperto, i futuri leader tedeschi dovranno prendere decisioni di portata storica per garantire un’Ucraina sovrana e la sicurezza del continente contro future aggressioni russe, potenzialmente senza il supporto degli Stati Uniti

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