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Da oltre vent’anni la comunità scientifica mondiale discute i principi dell’accesso aperto e ne sperimenta l’applicazione. Tuttavia è solo a partire dalla pubblicazione del rapporto Oecd “Making Open science a reality” del 2015 che la promozione, la diffusione e il riconoscimento della scienza aperta sono progressivamente entrati nell’agenda delle politiche internazionali per la scienza.

Quel rapporto, insieme al libro della Commissione europea Open innovation, Open science, open to the world dell’anno seguente, ha per primo individuato nell’Open science e nelle sue pratiche un importante motore di innovazione.

Ma che cos’è la scienza aperta? Una definizione recente e completa è quella della Unesco recommendation on Open science: “Un costrutto inclusivo che combina diversi movimenti e pratiche con l’obiettivo di rendere la conoscenza scientifica multilingue apertamente disponibile, accessibile e riutilizzabile per tutti, per accrescere la collaborazione scientifica e la condivisione di informazioni a beneficio della scienza e della società e per aprire i processi di creazione, valutazione e comunicazione della conoscenza scientifica agli attori della società oltre la tradizionale comunità scientifica”.

Obiettivo della scienza aperta, condiviso dai movimenti e dalle pratiche che contribuiscono a definirla, è dunque rendere il sapere in ogni lingua apertamente disponibile, accessibile e riutilizzabile da tutti. Nella pratica, fare scienza aperta significa condividere e rendere disponibili i risultati della ricerca (dati, software e agli articoli scientifici in forma di pre print o post print eccetera) durante ogni passaggio del processo scientifico, rendendo trasparente la ricerca secondo il principio “as open as possible as closed as necessary” e in accordo con i principi Fair (Findability, accessibility, interoperability and reusability).

A livello internazionale sono sempre più numerose le raccomandazioni ad adottare delle pratiche Open science. Dal 2017 in avanti il G7 ha riconosciuto e raccomandato in particolare alcune necessità-chiave: investire in infrastrutture di ricerca comuni; gestire i dati della ricerca in modo conforme ai principi Fair; definire sistemi di valutazione e di premialità della ricerca che valorizzino e incentivino la scienza aperta e le sue pratiche.

L’equazione tra Open science e buona scienza è stata confermata e sostenuta a seguito della pandemia Covid-19, che ha evidenziato la necessità di condividere dati e risultati scientifici in modo rapido e di adottare pratiche e standard condivisi per rendere la ricerca effettivamente replicabile, riproducibile e riusabile. La necessità di una rapida transizione verso modelli Open science è stata più volte sottolineata anche dall’Organizzazione mondiale della sanità. Un’importante raccomandazione a tal proposito è quella dell’Unesco del 2021.

La scienza aperta fornisce anche un contributo essenziale per raggiungere gli obiettivi dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile dell’Onu. A essa viene riconosciuto un ruolo cruciale nel favorire la qualità, l’integrità e l’impatto della ricerca. Si stabilisce così un’equazione importante tra buona scienza e scienza aperta. Anche l’Europa ha posto la scienza aperta al centro delle proprie politiche in misura crescente, fino a costruire il programma- quadro Horizon Europe, attualmente in corso, in cui la scienza aperta è definita la “nuova normalità”.

Si tratta oggi di un mandato inaggirabile anche per ottenere un finanziamento europeo, e nello spazio europeo della ricerca conoscerne i principi e adottarne le pratiche è una necessità per tutti i ricercatori. Tale processo di apertura è toccato anche all’Italia, che ha di recente incluso la scienza aperta nel suo Programma nazionale per la ricerca pubblicando il Piano nazionale per la scienza aperta 2021-2027. La comunità scientifica del nostro Paese si aspetta che venga presto adottato.

Segnali importanti in tal senso vengono dalle istituzioni di ricerca italiane – in primis dall’Agenzia nazionale per la valutazione del sistema universitario e della ricerca – tra le prime ad aderire alla recente iniziativa promossa dalla Commissione europea per riformare il sistema di valutazione della ricerca. Una riforma che, di nuovo, ha al centro la valorizzazione e la promozione dell’Open science, intesa come buona scienza e nuova normalità.

Così la ricerca dà una mano anche allo sviluppo sostenibile

Di Francesca Di Donato

A livello internazionale sono sempre più numerose le raccomandazioni ad adottare le pratiche Open science. Tale processo di apertura è toccato anche all’Italia, che ha di recente incluso la scienza aperta nel suo programma nazionale per la ricerca. Segnali importanti in tal senso vengono anche dalle istituzioni di ricerca italiane, tra le prime ad aderire all’iniziativa europea per riformare il sistema di valutazione della ricerca. La riflessione Francesca Di Donato (Cnr) apparsa sul numero di aprile di Formiche

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