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L’episodio del pallone-spia cinese che ha sorvolato i cieli statunitensi per giorni prima di essere abbattuto ha provocato un grande dibattito pubblico in cui si sono mescolate diverse questioni di intelligence, militari e politiche. Proviamo a fare chiarezza esaminando distintamente i temi che girano attorno al fatto.

Intelligence

Partiamo da un’ovvietà: gli Stati si spiano. Non è la prima volta che gli Stati Uniti mostrano pubblicamente attività di spionaggio cinesi. Quindici anni fa la Repubblica Popolare ha prodotto i propri caccia stealth, identici agli F35 americani, dopo averne rubato i disegni industriali. Nel 2015 un team di hacker ha sottratto i dati di 22 milioni di statunitensi dai server dell’Office of Personnel Management, l’ufficio che gestisce le autorizzazioni agli accessi di entità governative e i registri dei dipendenti federali.

Se si aggiungono gli episodi dei furti di dati medici da Anthem e quelli dei viaggiatori da Marriot Hotels si può ragionevolmente concludere che il governo cinese si sia fatto una buona idea di come è composta l’infrastruttura di sicurezza nazionale degli Usa.

Naturalmente anche gli Usa tengono sotto controllo Pechino, in particolare in passato sono riusciti a tracciare i movimenti del personale addetto all’arsenale nucleare della Repubblica Popolare. Oltretutto, già quattro palloni-spia sono stati rilevati negli scorsi anni sopra le Hawaii, la Florida, il Texas e Guam: tre durante l’amministrazione Trump e uno nell’era Biden.

Questo discorso torna utile, nel caso della scorsa settimana, alla Cina che può enfatizzare il “così fan tutti”. Tuttavia, qualcosa sta cambiando e l’ultimo episodio potrebbe esserne l’esempio. Gli eventi di spionaggio passati sono quasi tutti rimasti più o meno nascosti e di certo non sono stati coinvolti nella politica nazionale, salvo casi particolarmente eclatanti. Il pallone-spia, invece, è stato dato in pasto ai media ricevendo un’enorme attenzione.

Il Washington Post riporta che l’intelligence statunitense ha collegato l’episodio a un vasto programma di sorveglianza gestito dal People’s Liberation Army (Pla). Questo programma avrebbe collezionato informazioni su asset militari sensibili in aree di valore strategico in Giappone, India, Vietnam, Taiwan e Filippine. Il Pla avrebbe dunque identificato nei palloni aerostatici un’opportunità per condurre operazioni di questo genere dentro l’atmosfera. Ancora non si conoscerebbe l’estensione della flotta, ma ci sono state decine di avvistamenti dal 2018.

Politica

L’incidente è avvenuto in una fase molto complessa delle relazioni tra Usa e Cina. In particolare è avvenuto a ridosso del viaggio – poi cancellato per questo motivo – del segretario di Stato Antony Blinken a Pechino. L’amministrazione Biden è impegnata in un’operazione delicata: mantenere spazi di cooperazione con la Cina per evitare che la rivalità si traduca in uno scontro diretto e, al contempo, contenere la crescita tecnologico-militare di quest’ultima.

Dal canto suo, la Repubblica Popolare ha inizialmente alzato la voce, bollando come “eccessiva” la reazione statunitense di abbattere con la forza uno “strumento metereologico finito fuori rotta” e “riservandosi di intraprendere azioni in risposta”. Successivamente ha ricordato che i resti del pallone aerostatico “non appartengono agli Stati Uniti” e vanno dunque riconsegnati a Pechino. È nel gioco delle parti: Pechino avrebbe fatto lo stesso a parti inverse. In più, la leadership cinese non ha dato nessun seguito concreto alle proprie affermazioni, dimostrando tra l’altro la volontà di distendere le relazioni con gli Usa che caratterizza questo momento.

Implicazioni e conseguenze

Lunedì il capo del comando della North American Aerospace Defence, generale Glen VanHerck, ha detto che gli Stati Uniti non hanno rilevato voli di palloni-spia cinesi nel proprio spazio aereo in precedenza. Ha poi aggiunto che esiste nelle forze armate americane un “domain awareness gap”, una mancanza nella consapevolezza di questo dominio. Inoltre, lo scorso novembre il Pentagono ha pubblicato la versione non classificata del rapporto annuale sulle forze armate cinesi. In quasi duecento pagine di documento non vi è alcun riferimento a programmi di palloni-spia.

Un’incredibile ammissione di vulnerabilità rispetto al rivale strategico? Non esattamente. Da un lato, i palloni-spia non vengono valutati come una seria minaccia dai servizi di intelligence. Dall’altro l’ex analista della Cia, Dennis Wilder, fa notare che “questa potrebbe essere una situazione in cui la comunità di intelligence ha portato alla luce prove precedentemente mancanti da database esistenti e/o informazioni provenienti da nuove fonti”.

Per quanto riguarda le critiche sulle tempistiche e sul perché si sia lasciato circolare l’oggetto per giorni, le analisi concordano: le agenzie militari hanno avuto tutto il tempo di evitare che carpisse informazioni sensibili, oltre al fatto che farlo precipitare in acqua ha eliminato il rischio di colpire persone o edifici, e aumentato le possibilità di mantenere intatte le parti essenziali. Che nel frattempo sono state recuperate e possono ora essere studiate.

Da questa analisi forse si potrà comprendere quale fosse la reale missione del pallone. Le ipotesi per ora spaziano dalla raccolta di segnali di comunicazione – difficilmente reperibili tramite satellite – all’attivazione volontaria dei sistemi radar di difesa aerea per studiarne il funzionamento, alla rilevazione di segnali su cui far convergere i satelliti in orbita.

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