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Un passo alla volta, il governo di Giorgia Meloni si prepara a disinnescare, in modo strutturale e meno spot, la mina del payback. La vicenda è nota, e riguarda quel meccanismo che impone all’industria biomedicale, in particolare a quella che rifornisce le regioni di dispositivi medici, di concorrere nella misura del 50% al disavanzo per l’acquisto dei suddetti beni. Tre settimane fa, come anticipato da Formiche.net, l’esecutivo ci ha messo una prima pezza, sotto forma di stop al payback, almeno per quattro mesi, ovvero fino al 30 aprile.

Poi, scaduto quel termine, le imprese in questione dovranno onorare un pagamento di 2,2 miliardi, riconducibili al triennio 2015-2018. A meno che, coperture e risorse permettendo, spulciando tra le pieghe del Documento di economia e finanza non vengano fuori dei fondi con cui strutturare una riforma del meccanismo, concepito quindici anni fa ma operativo dal 2015.

E, non certo un dettaglio, reso ancor più iniquo dalla progressiva autonomia, anche sanitaria, che le regioni hanno acquisito in questi anni e che ora lo stesso governo vorrebbe aumentare. Ad oggi, infatti, l’Italia sconta la presenza sul territorio di venti sistemi sanitari diversi con annessi altrettanti deficit. Così facendo, un’azienda, per esempio, del Friuli, potrebbe pagare molto più di una in Molise.

Ora però, la macchina si è rimessa in movimento e, come è in grado di rivelare Formiche.net, Fratelli d’Italia, in raccordo con il ministero dell’Economia, ha l’obiettivo di strutturare una norma che nei fatti sterilizzi i versamenti dovuti dal 2015 ad oggi, vale a dire negli ultimi 7-8 anni. Nessun provvedimento tampone, viene chiaramente fatto intendere, ma un provvedimento molto più robusto e di ampio respiro, che possa gettare il seme per una vera e propria riforma. La prossima settimana, intorno all’8 febbraio, è previsto un nuovo tavolo tecnico al Tesoro per fare il punto della situazione e capire l’effettiva sussistenza delle coperture.

Successivamente, il ministro Giancarlo Giorgetti riceverà le imprese di settore per poi confrontarsi con la Conferenza Stato-Regioni. Non un dettaglio quest’ultimo, dal momento che alla fine dei conti saranno gli stessi governatori che dovranno rinunciare eventualmente alle entrate che il payback impone alle aziende. La sensazione, però, è che si possa arrivare a un giusto compromesso ed evitare nuove mazzate sull’industria.

 

Il governo stringe sul payback. Le prossime mosse per disinnescare la mina

Dopo il provvedimento tampone di inizio gennaio, che ha prorogato al 30 aprile la scadenza dei termini per il versamento di 2,2 miliardi alle Regioni a carico delle imprese che riforniscono il sistema sanitario di dispositivi medici, ora l’esecutivo punta a un provvedimento strutturale per sterilizzare i pagamenti nel lungo termine. La prossima settimana nuova riunione al Mef, poi Giorgetti farà il punto con aziende ed enti locali

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