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Il 10 febbraio non rappresenta solo un ricordo da celebrare e commemorare, ma lo sforzo richiesto al paese, alla sua classe dirigente e ai suoi cittadini di sottolineare la vittoria di una lunga e sofferta battaglia della destra per la verità e la giustizia contro gli infoibati.

La legge che porta il mio nome è un atto di amore verso la verità storica, perché le foibe sono state una tragedia per troppi anni celata da una nebbia appiccicosa. L’esodo ha avuto una continuità, tragica e silenziata, con il regime titino e con le coscienze dei comunisti che l’hanno appoggiato.

Sono molto soddisfatto per il fatto che il Presidente del Consiglio Giorgia Meloni abbia firmato il Dpcm per la costituzione, presso la Presidenza del Consiglio, del Comitato di coordinamento per le celebrazioni del Giorno del Ricordo in memoria delle vittime delle foibe e dell’esodo istriano, fiumano e dalmata. L’organismo si occuperà di assicurare un’efficace e coordinata programmazione delle iniziative e delle cerimonie proposte dalle Amministrazioni in occasione della solennità civile istituita dalla legge che porta il mio nome, la n. 92 del 30 marzo 2004.

Condivido inoltre le parole del Presidente del Senato, Ignazio La Russa, che ha ribadito la necessità di ritirare l’onorificenza di Cavaliere di Gran Croce al merito della Repubblica Italiana al maresciallo Tito. Sarebbe il minimo dovere morale, di un paese civile e democratico, nei confronti delle vittime infoibate. Non solo ritengo questa misura auspicabile, ma andrebbe nella direzione di una giustizia sociale e storica incontestabile, così come mi stanno veicolando le centinaia di studenti e cittadini che sto incontrando in questi giorni nel mio viaggio in tutta Italia, dove sto portando le testimonianze raccolte nel volume “10 febbraio, dalle foibe all’esodo”.

In quelle pagine ho citato episodi e uomini spesso sconosciuti: italiani magnifici, eroi, martiri, patrioti, esuli. Tutti nostri fratelli, accomunati però da un triste destino, che finalmente può essere portato a conoscenza di tutti. Non mi stanco di raccontare le storie di chi è stato dimenticato, dallo Stato e da certa politica, e di chi è stato vittima di una barbarie senza fine che oggi va veicolata ai più giovani per insegnare loro il rispetto per la vita umana e per l’Italia.

Per questa ragione ho recentemente proposto un ddl, al cui interno c’è anche la norma finalizzata al ritiro dell’onorificenza, per istituire un fondo presso il Ministero dell’Istruzione destinato a promuovere iniziative e viaggi per gli studenti italiani nei luoghi di quelle tragedie al fine di promuovere tra le giovani generazioni la conoscenza delle foibe e dell’esodo giuliano dalmata.

Nella consapevolezza che, oltre le necessarie celebrazioni, adesso occorrono anche i viaggi del ricordo.

Foibe, perché oltre la celebrazioni servono i viaggi del ricordo. Scrive Menia

L’intervento del senatore di FdI, padre della legge istitutiva del Giorno del Ricordo: “Non mi stanco di raccontare le storie di chi è stato dimenticato, dallo Stato e da certa politica, e di chi è stato vittima di una barbarie senza fine che oggi va veicolata ai più giovani per insegnare loro il rispetto per la vita umana e per l’Italia”

Così il governo italiano fa breccia nella stampa internazionale

Dopo Economist, Times e Le Figaro, endorsement della Faz: “Del temuto spostamento a destra di Roma si vede poco. Meloni la più gradita in Ue, Macron e Scholz distanti”. Al-Monitor: “L’Italia sta perseguendo un ‘riequilibrio’ in Nord Africa, con l’Algeria pronta a raddoppiare le esportazioni di gas verso l’Europa e il Marocco che importa sempre più merci italiane”

Indipendenza tecnologica. Usa (e Ue) si sganceranno dalla Cina

Il consigliere della Casa Bianca Hochstein ha delineato in un’intervista i termini della sfida con la Cina sull’approvvigionamento di materie per lo sviluppo tecnologico. Washington pensa a evitare dipendenza, anche in partnership con l’Europa (come ha sottolineato la vice segretaria di Stato Sherman)

E se Macron stesse sbagliando (ancora)? La tela di Meloni

Siamo sicuri che le prove muscolari del presidente transalpino possano essere vincenti? Per Parigi sembra un lose-lose game, tra il rischio isolamento e quello di alimentare una politica italiana più polarizzata e antifrancese

La guerra (e Giorgia Meloni) visti da Morawiecki

Di Giulia Gigante

Stato terrorista, tigre di carta, imperialismo e carneficina. Mateusz Morawiecki è un fiume in piena. Dalle colonne del Mundo e del Corriere, il premier polacco sprona gli alleati a una lotta senza quartiere contro gli invasori russi. E ne ha per tutti. Soprattutto per i “prudenti cugini tedeschi”. E sulla linea di Roma e Varsavia non ha dubbi: il suo governo e quello di Giorgia Meloni sono i più europeisti dell’intero continente

L'incursione europea di Zelensky e i rapporti Roma-Parigi secondo Varvelli

“Ognuno ha opinioni pubbliche diverse: la nostra ad esempio non è tra le più convinte del supporto militare. Mentre gli altri discutevano per 15 giorni di quanti Leopard mandare, in Italia discutevamo se ospitare ad uno show Zelensky. Mi sembra che siamo un po’ su due pianeti diversi”. Conversazione con il Direttore di Ecfr Roma

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Si lasci la predicazione, la pedagogia della Costituzione a luoghi più appropriati nei quali il desiderio di conoscenza conti più che la audience e l’eventuale contraddittorio serva a mettere in rilievo gli errori e le manipolazioni. Il commento di Gianfranco Pasquino, professore Emerito di Scienza Politica e Accademico dei Lincei

L'ombra del conflitto, la transizione e le crisi politiche. La mappa dei rischi di Sace

“I rischi del credito, politici e climatici dialogano tra loro e vanno letti in maniera integrata, ma emerge con forza il messaggio che sostenibilità e transizione sono priorità imprescindibili su cui investire per sviluppare resilienza e costruire vie di crescita futura per le aziende e per il nostro Paese”, ha commentato l’amministratore delegato, Alessandra Ricci

Meloni vede (comunque) Zelensky, ma su Kiev serve un'unica regia europea

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L’intelligence dietro le quinte dell’european tour di Zelensky

I bilanci e le prospettive dei vertici a Londra, Parigi e Bruxelles del presidente ucraino evidenziano l’urgenza per Kiev di ricevere i moderni armamenti corazzati e missilistici occidentali prima che scatti l’attacco russo. L’analisi di Gianfranco D’Anna

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