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Mosca compie un importante passo avanti nel processo di autonomia strategica del suo complesso industriale. Lo scorso venerdì infatti il primo aereo passeggeri Superjet interamente costruito con componenti domestici avrebbe portato a termine con successo il suo volo inaugurale, secondo quanto comunicato dal conglomerato statale Rostec. Il volo inaugurale è durato circa un’ora, raggiungendo una velocità di circa 500 chilometri orari e un’altitudine di 3.000 metri, ha precisato Rostec.

Il test segna una tappa importante per il programma di sostituzione delle importazioni, già sperimentato con i voli prototipo di aprile e giugno di quest’anno, che avevano confermato la stabilità dei sistemi realizzati in Russia. Con il nuovo successo, il progetto entra ora nella fase di produzione in serie. Il velivolo, ribattezzato Sj-100, ha sostituito “decine” di componenti stranieri, tra cui fusoliera, sistemi di controllo di volo e carrelli di atterraggio. Presso lo stabilimento Yakovlev di Komsomolsk sull’Amur risultano attualmente 24 aerei in diversi stadi di completamento, in attesa delle prove di certificazione e dell’autorizzazione dell’autorità russa per l’aviazione civile.

Il programma è gestito dalla United Aircraft Corporation, che ha assunto il controllo del progetto lo scorso anno dopo ritardi e preoccupazioni legate alla sicurezza. L’azienda ha dichiarato che saranno necessari duecento voli di prova entro la fine del 2025 per ottenere la certificazione definitiva e avviare la produzione su larga scala. Con i suoi cento posti a sedere, l’Sj-100 rappresenta il fulcro della strategia russa per costruire un’industria aeronautica commerciale indipendente, in un contesto in cui le sanzioni occidentali hanno limitato l’accesso del Paese alle tecnologie straniere.

Ma il punto della questione va ben oltre l’ambito civile. Quanto avvenuto con il Sj-100 è un esempio di come il Cremlino stia adattando il suo sistema industriale, sviluppando tecnologie domestiche in grado di sostituire quelle occidentali, non più disponibili in seguito all’imposizione di sanzioni, senza compromettere il risultato finale. Un processo che, ovviamente, non riguarda soltanto la dimensione civile, ma anche (e soprattutto) quella militare. Se l’industria bellica russa ha fino ad ora risentito pesantemente della restrizione dell’accesso alle tecnologia occidentali (che ha cercato di sostituire con quelle cinesi), è probabile che nel prossimo futuro la carenza di queste tecnologie impatterà sempre di meno. Una dinamica che la comunità strategica occidentale non può assolutamente permettersi di ignorare.

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