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Il Global combat air program (Gcap), il cui velivolo è conosciuto come il Tempest, è il nuovo progetto nato dall’accordo tra Londra, Roma e Tokyo. Vuole essere il trait d’union tra l’Eurofighter e l’F-35. Del consorzio che ha dato vita al Typhoon sono state protagoniste l’Italia con la Gran Bretagna (Bae System), insieme con la Germania e la Spagna (poi Airbus). Un progetto di grande successo, che ha generato centomila posti di lavoro e 400 aziende coinvolte (quasi la metà soltanto nel nostro Paese). Tra l’altro, parliamo di un caccia ancora attivo, che potrebbe arrivare a fine vita nel 2035, passandosi il testimone con il Tempest (se i tempi di realizzazione saranno rispettati). Stesso successo, ma con delle differenze, per il Programma F-35.

L’Italia ha aderito al Jsf sin dal primo step, con una dotazione di dieci milioni di dollari varata dal Parlamento italiano nel lontano 1998. Come l’Eurofighter, anche il programma di Lockheed Martin si è rivelato un successo, segnando una disruption tecnologica. Con una differenza però che si traduce in un limite della cooperazione: la tecnologia è rimasta nelle mani degli Stati Uniti, con significative limitazioni anche per partner “core” come Londra e Roma (di nuovo insieme anche in questa avventura industriale). Un problema, quello della tecnologia proprietaria e delle restrizioni tipiche della legislazione americana (Itar), che il Tempest non avrà, rendendo il Gcap molto appetibile per nuovi partner.

Perché anche la partita dei caccia di sesta generazione è già geopolitica. E promette di diventare la gara internazionale forse più avvincente fra le grandi potenze tecnologiche mondiali. La Cina sta facendo grandi investimenti e non va sottovalutata. I Paesi del Golfo affermano di aver già avviato investimenti, ma sembrano in un ritardo difficilmente colmabile. La Francia vuole tentare la sfida portandosi dietro una sempre più riluttante Germania, facendo così il pieno di fondi europei con il progetto Fcas. Ricordiamo che Parigi non ha mai preso parte ai programmi Eurofighter né all’americano Jsf e ora con la nuova sfida di sesta generazione riuscirà a colmare il gap? Berlino, che ha deciso di investire strategicamente in Difesa (aderendo tra l’altro al programma F-35), vorrà assecondare la grandeur francese? E poi c’è l’americano Ngad (acronimo di Next generation air dominance), un programma sviluppato da due assoluti giganti della Difesa mondiale, Lockheed Martin e Northrop Grumman. Un recente video, pubblicato alla vigilia dell’annuncio del Tempest, conferma che gli Stati Uniti vogliono mantenere il loro ruolo di leader globale.

Di fronte a questo scenario di ingenti investimenti e di tecnologie dirompenti, sorge spontanea una domanda: l’occidente può permettersi il lusso di disperdere risorse preziose in tre diversi programmi? È ragionevole immaginare una convergenza? E quale sarà il programma-guida? Londra e Roma (già partner, come detto, dell’Eurofighter e dell’F-35) hanno competenze e “storia” per guardare alla sesta generazione con piena credibilità e dentro un rapporto positivo con gli Stati Uniti. Il fattore di forza del loro progetto è sicuramente l’adesione del Giappone. “Questa partnership mostra che la sicurezza delle regioni euro-atlantica e indo-pacifica è indivisibile” ha detto il primo ministro inglese Sunak.

Quindi il ponte tra i due grandi oceani è la chiave vincente del Tempest, che per certi versi ricalca il modello Aukus e strizza l’occhio all’alleanza Quad. Nonostante sia impossibile fare previsioni e dato per assodato che il Gcap è un programma ambiziosissimo e sostenibile per il nostro Paese, che conserva un piano straordinariamente importante e lungimirante, tuttavia la convergenza tra i due programmi (anglo-italo-nipponico e americano) è una possibilità concreta e per certi versi auspicabile, con l’avvertenza che la gestione tecnologica avvenga sul modello Eurofighter e non su quello dell’F-35.

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È iniziata la gara internazionale forse più avvincente fra le grandi potenze tecnologiche mondiali, quella dei programmi sui caccia di sesta generazione. In primo piano ci sono il progetto anglo-italo-nipponico Tempest e l’americano Next generation air dominance. Ma in partita c’è anche la Cina, che sta facendo grandi investimenti e non va sottovalutata

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