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La pandemia e la guerra in Ucraina hanno evidenziato la rilevanza strategica dell’agricoltura e dell’industria di trasformazione dei prodotti, così come quanto siano fragili le nostre catene globali del valore (global value chains) esposte a crisi internazionali, pandemie e incidenti in grado di interrompere le linee di comunicazione di marittima, come accaduto nel marzo del 2021 con il blocco del Canale di Suez.

La guerra in Ucraina continua a rappresentare una minaccia per la sicurezza alimentare globale, oggi particolarmente acuta in alcuni Paesi del Nord Africa e del Medio Oriente (quali Egitto, Yemen, Libano, Israele, Libia, Libano, Tunisia, Marocco, Iraq, Arabia Saudita), così come dei Paesi asiatici (Indonesia, Bangladesh, Pakistan), che sono i principali acquirenti di grano e mais sui mercati mondiali. I prodotti che l’Ucraina non ha potuto consegnare al mercato mondiale hanno provocato una reazione a catena: i Paesi sviluppati aumentano le scorte e molti Paesi limitano il commercio in un contesto di incertezza. Di conseguenza, i prezzi aumentano ancora di più e aumenta il rischio di fame nei Paesi più poveri. La guerra ha colpito circa il 25% del commercio mondiale di cereali e ha causato un aumento dei prezzi mondiali, dell’inflazione alimentare e una riduzione dell’accesso al cibo nei Paesi che importano alimenti dall’Ucraina. In particolare, si tratta di grano e olio di girasole. Gli esperti sottolineano che più di 400 milioni di persone nel mondo dipendono dalle forniture di grano dall’Ucraina. La popolazione della maggior parte di questi Paesi soffre tradizionalmente di carenze alimentari e persino di fame. Una eventuale crisi alimentare, indotta dallo strozzamento delle catene di approvvigionamento, può determinare ulteriori instabilità nei Paesi africani con conseguente aumento dei flussi migratori verso l’Italia e l’Europa.

Inoltre, la guerra ha fatto tornare, anche in Europa, lo spettro dell’insicurezza alimentare, consolidando la consapevolezza, al tempo stesso, della valenza strategica dell’agricoltura.

Per fronteggiare la crisi causata dalla guerra e per tornare ad avere una vera e propria politica agricola per l’Italia e l’Europa, Forza Italia, con il coordinatore nazionale Antonio Tajani ha presentato, lo scorso 22 marzo, una serie di misure (Re-Food Eu) al Parlamento Europeo che mettono al centro l’impresa agricola e la necessità di mantenerla competitiva sul mercato mondiale tornando ad incentivare le produzioni di cui siamo deficitari in Europa e bilanciando la sostenibilità ambientale con quella economica e sociale.

La guerra ha evidenziato come l’Europa abbia sottovalutato anche rispetto a quello che stanno facendo Usa, Cina, India e Russia, la necessità di essere autosufficiente negli approvvigionamenti di materie prime agricole che sono alla base della catena alimentare sia per gli umani che per gli animali. Siamo convinti che solo con una visione strategica di medio e lungo periodo si possa esser in grado di aumentare la produzione di cibo sano, rispondere ai cambiamenti climatici e all’aumento della popolazione globale che, nel 2050, toccherà il tetto dei 10 miliardi di abitanti. La politica deve tornare a progettare il futuro, non dedicarsi solo alla ordinaria amministrazione o peggio ad inseguire le mode del momento, spesso frutto dei vizi o dei capricci di ristrette élite mondiali che rischiano di penalizzare la produzione in Europa e di esporci alla dipendenza dall’estero. Siamo convinti che, insieme alla difesa comune e all’autosufficienza energetica, la sfida della produzione di cibo sarà una tra le più significative per i prossimi 50 anni. Una sfida che può incidere anche sulle politiche di stabilizzazione dei Paesi dell’Africa sia in ottica di sviluppo sia nel mitigare i fenomeni migratori.

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