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Il premier giapponese, Kishida Fumio, sta pianificando una visita a Kiev che dovrebbe avvenire entro febbraio. Tokyo intende dar seguito al suo impegno nell’ambito dell’invasione russa dell’Ucraina; impegno perfettamente allineato nel solco occidentale.

In qualità di Paese presidente del G7, l’idea giapponese è di guidare simbolicamente (e non solo) il continuo sostegno all’Ucraina e di rilasciare un documento congiunto che condanna l’invasione russa. La situazione in Ucraina sarà d’altronde parte (centrale) delle discussioni del vertice in programma a maggio, a Hiroshima — incontro di cui Zelensky potrebbe anche essere ospite.

D’altronde leadership politiche europee e statunitensi visitano a cadenza quotidiana la capitale ucraina, e Kishida non vuole restare indietro nel processo. In questi giorni è per esempio arrivato a sorpresa l’ex primo ministro britannico Boris Johnson, prossimamente — appena concluse le varie tappe mediterranee — è attesa l’italiana Giorgia Meloni.

Londra e Roma sono state due delle tappe che Kishida ha toccato nel suo recente viaggio tra Europa e Nord America. Visita con cui il leader nipponico ha dimostrato tutto l’interesse del suo Paese ad agganciare i destini della regione di appartenenza, quella indo-pacifica, con le dinamiche euro-atlantica.

Un “tutto si tiene” globale all’interno del quale si muovono anche gli interessi interni alle due regioni stesse. Tokyo intende dimostrarsi ingaggiato tanto quanto Bruxelles nell’appoggio a Kiev — e magari approfitta di qualche titubanza europea come quella sui carri Leopard-2 tedeschi o sul decimo pacchetto di sanzioni. Contemporaneamente, i giapponesi non vogliono perdere il ruolo di primo sostenitore asiatico, anche alla luce delle armi (americane) che Washington ha inviato usando i magazzini sudcoreani.

Sempre lungo quel sentimento di continuità Est-Ovest, Kiev sta valutando la Cina, il suo coinvolgimento nel conflitto – che racconta un po’ del ruolo che Pechino vuole avere nel mondo. Mentre gli europei (e in parte gli americani) pensano anche a dialogare con Pechino per avere un minimo di sostegno cinese davanti a Vladimir Putin, dall’Ucraina il viceministro degli Esteri ha fatto un ragionamento pubblico sul come ricalibrare le relazioni con la Repubblica popolare.

Andrij Melnyk ha detto che la posizione della Cina non può essere definita neutrale, anche a causa del voto alle Nazioni Unite contro le risoluzioni sulla sovranità e l’integrità territoriale ucraina. Tuttavia è importante che il clima non peggiori: “Non sono sicuro che le relazioni possano essere strategiche, ma dobbiamo preparare una nuova strategia nelle relazioni con Pechino. E ora le relazioni sono in uno stato di ripensamento”.

Tuttora i due Paesi hanno un accordo di partnership strategica, che per Pechino hanno un’importanza di carattere geopolitico, visto la collocazione geografica ucraina, mentre per Kiev hanno valore più che altro economico. Melnyk ha paragonato la relazione dell’ucraina con la Cina a quella europea, spiegando che valutarla solo attraverso il prisma economico potrebbe essere vantaggioso, ma ha aggiunto che diversi Paesi, come la Germania, stanno rivalutando queste visioni.

Il ruolo giapponese diventa interessante anche stando al fatto che può essere mosso da Tokyo in quest’ottica cinese. La scorsa settimana il vicesegretario alla Difesa statunitense per la Cina, Michael Chase, ha parlato con Song Yanchao, vice direttore dell’Ufficio cinese per la cooperazione militare internazionale della Commissione militare centrale del Partito/Stato. I colloqui military-to-military sono avvenuti all’interno di un quadro di contatti sino-americani.

Ma arrivano anche mentre gli Stati Uniti stanno monitorando attentamente le decisioni cinesi in risposta alle richieste russe di assistenza in Ucraina. L’amministrazione Biden avrebbe messo di fronte al governo di Pechino prove che suggeriscono che alcune società statali cinesi forniscono assistenza allo sforzo bellico della Russia in Ucraina, mentre cerca di accertare se Pechino sia a conoscenza di tali attività.

I colloqui tra militari ci sono stati martedì 17 gennaio, sono durati due ore e si sono svolti dopo che la Cina ha rifiutato l’offerta statunitense di riaprire formalmente il dialogo tra il segretario alla Difesa statunitense, Lloyd Austin, e il ministro cinese Wei Fenghe all’inizio del mese. Wei andrà in pensione a marzo e sarà probabilmente sostituito da Li Shangfu, nuovo membro della Commissione militare centrale (CM) del Partito comunista cinese. Li è già stato sanzionato dagli Stati Uniti perché ha guidato il programma di approvvigionamento di armi (soprattutto caccia) che nel 2018 la Russia ha comprato dalla Cina.

Durante una conferenza stampa al dipartimento di Stato dopo i colloqui “2+2” tra Stati Uniti e Giappone di due settimane fa, Austin ha detto pubblicamente di aver chiesto alla sua controparte cinese di incontrare gli Stati Uniti “a metà strada” e di mantenere “linee di comunicazione aperte” per evitare errori di calcolo. Non secondario: il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, sarà a Seul e Tokyo dal 29 gennaio al 1º febbraio. Nei giorni successivi, Kishida potrebbe andare a Kiev.

Cosa porta il premier giapponese a Kiev

Kishida vuole che il Giappone, presidente del G7, guidi gli sforzi occidentali a favore dell’Ucraina. Un ruolo progettato anche pensando alla Cina (e agli Stati Uniti). Mentre il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, sarà a Seul e Tokyo dal 29 gennaio al 1º febbraio

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