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Giunti al termine della legislatura, pare opportuno valutare gli interventi attuati per migliorare il mercato del lavoro. Complessivamente, gli sforzi posti in essere sono risultati insufficienti per rendere il Paese più moderno e competitivo.

Seppure vi siano stati spunti molto interessanti e, sicuramente, fondamentali per una futura crescita del mercato del lavoro, l’intensità delle misure intraprese è risultata troppo debole rispetto alle concrete necessità del Paese. Un esempio su tutti arriva, quasi a metafora riassuntiva della legislatura, dalla bozza del Decreto Aiuti bis, secondo cui sarà prevista una riduzione di 0.8 punti del cuneo fiscale: manovra senz’altro fondamentale per poter sperare in una futura crescita ma, tuttavia, assolutamente inconsistente nel quantum.

Tale positivo spunto di agevolazione delle imprese, allora, dovrà essere il punto di partenza del nuovo governo, il quale sarà chiamato a interventi decisamente più corposi.

Occorrerà investire sulla formazione dei lavoratori, sviluppando un “piano per la formazione continua” al fine di istituire un sistema nazionale di “bollinatura” autorevole delle competenze acquisite dalla forza lavoro che possa fungere da elemento distintivo del mercato del lavoro italiano. Una tale “patente delle competenze”, favorirà la rapida assunzione o riassunzione della forza lavoro, poiché ogni datore di lavoro potrà essere messo nella condizione di conoscere in maniera certa le competenze possedute da ciascun candidato, con evidenti ricadute positive sulla qualità del lavoro finale.

Contemporaneamente, sarà necessario un radicale intervento sulle politiche attive del lavoro, con la consapevolezza che l’occupazione viene creata, in primis, dalle imprese e che, in tal senso, lo Stato deve limitarsi a un ruolo di supporto e di aiuto al mantenimento del reddito in tutte quelle situazioni straordinarie o di crisi industriale: in altre parole, spostare l’attenzione dell’assistenzialismo “nudo e crudo”, verso sistemi virtuosi di riqualificazione professionale e rapido reinserimento nel mondo lavorativo. In tale ottica, pare opportuno trasformare il “reddito di cittadinanza” in un “reddito di competenze” che possa garantire al fruitore un rapido reskilling o upskilling.

Per quanto riguarda, invece, gli interventi in favore delle imprese, occorrerà intervenire per ridurre il costo del lavoro. Un maggior benessere delle imprese, difatti, comporta un conseguente maggior benessere del lavoratore. Per raggiungere tale obiettivo, allora, si rende necessario abbassare considerevolmente le aliquote fiscali e predisporre un pacchetto volto a razionalizzare gli adempimenti fiscali delle imprese nonché a semplificare le procedure burocratiche attualmente esistenti.

Sempre in ottica di un maggior benessere del lavoratore, occorrerà agevolare la normativa fiscale in ambito di welfare aziendale, per rendere più facile alle imprese erogare servizi a beneficio dei lavoratori. A titolo esemplificativo, si dovrebbe intervenire per agevolare il welfare aziendale in ambito sportivo. L’attività sportiva, infatti, oltre a coinvolgere omogeneamente ogni lavoratore, impatta in maniera decisamente positiva sulla salute psico-fisica di chi la pratica. A tal proposito, allora, si renderebbe necessaria una modifica all’art. 51 del T.U.I.R. in modo da consentire al datore di lavoro non solo di pagare direttamente il servizio di cui godrà il lavoratore, ma anche di poter rimborsare lo stesso per attività eventualmente svolte.

Infine, il nuovo governo sarà chiamato a intervenire per contrastare la “fuga delle imprese italiane”. Per raggiungere tale obiettivo dovrà semplificare l’apparato burocratico e riformulare il processo tributario, rendendolo più veloce e razionale. Suddetto fenomeno “migratorio” delle imprese andrà affrontato soprattutto dal punto di vista del reshoring, rendendo competitivo e attrattivo il Paese e innescando conseguentemente un meccanismo virtuoso di cui beneficerà, nel breve/medio periodo, tutta l’economia nazionale.

Tali interventi sono, oramai, essenziali e imprescindibili per la crescita del mercato del lavoro italiano e per la sua competitività a livello internazionale. Il compito del prossimo governo sarà, allora, quello di sfruttare al meglio le risorse rese disponibili dal Pnrr per agevolare le imprese e, di riflesso, tutti i lavoratori italiani.

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