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Una conferenza stampa “di inizio mandato” piuttosto che di fine anno. Così Giorgia Meloni, presidente del Consiglio, ha definito l’incontro con i giornalisti organizzato giovedì dal Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti in collaborazione con l’Associazione della stampa parlamentare. In poco più di due mesi, il governo Meloni ha lavorato sull’eredità lasciata dal precedente esecutivo guidato da Mario Draghi sull’economia e sull’impegno a sostegno all’Ucraina davanti all’invasione della Russia. Due mesi intensi e impegnativi sul piano interno, con alleati di governo spesso ingombranti come Matteo Salvini e Silvio Berlusconi (è sufficiente ricordare le loro posizioni sulla risposta occidentale alla guerra russa contro l’Ucraina), e su quello internazionale, come dimostrano i molti bilaterali a margine del G20 di Bali, in Indonesia, che hanno fatto rappresentato una prima occasione di conoscenza di e per Meloni con molti leader, tra cui quelli statunitense Joe Biden e cinese Xi Jinping.

Ma l’orizzonte temporale fissato da Meloni è dell’intera legislatura. “I miei tempi coincidono con quelli dei miei alleati, credo che tutti ci si dia un orizzonte di cinque anni”, ha detto ai giornalisti. “Uno degli elementi di forza dell’Italia in questo momento credo sia proprio l’impressione di un governo che può avere una stabilità, un orizzonte di medio periodo. Questo è un grande elemento di forza: la posta in gioco è molto alta e credo che tutti quanti in maggioranza se ne rendano conto”, ha aggiunto.

Il 2023 presenta un unico importante appuntamento elettorale: le regionali in Lazio e Lombardia a febbraio. A queste si aggiungeranno poi quelle in Molise e Friuli-Venezia Giulia con data ancora da fissarsi. Nel 2024, invece, la situazione sarà assai diverse con le europee nel primo semestre e le presidenziali negli Stati Uniti di novembre. Il 2023 può rivelarsi dunque un cruciale anno di passaggio per l’Italia e di maturità per il governo Meloni e la maggioranza. Anche in vista del 2024, quando l’Italia ospiterà il G7 che tornerà così in Europa dopo la presidenza tedesca del 2022 e quella giapponese del 2023.

Alla luce delle implicazioni energetiche del conflitto in Ucraina (una delle priorità del governo Meloni), il primo trimestre del 2023 si preannuncia una sfida per l’Unione europea, il cui Consiglio sarà presieduto nel primo semestre dalla Svezia che poi passerà il testimone alla Spagna (occasione per sottolineare le necessità del Sud Europa in termini di sicurezza ma non solo). La guerra in Ucraina continuerà inevitabilmente a dettare l’agenda internazionale. Il presidente del Consiglio ha spiegato che vorrebbe andare a Kyiv “prima dell’anniversario dell’invasione russa del 24 febbraio, perché credo che sia una data per fare qualcosa a livello di iniziativa per” la pace. Nei giorni scorsi ha avuto un colloquio telefonico con il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, con il quale ha parlato anche dell’invio di sistema di difesa aerea. “Ho detto a Zelensky che l’Italia è pronta farsi garante di un processo di pace”, ha dichiarato Meloni ai giornalisti in conferenza stampa. Il presidente del Consiglio ha anche auspicato una visita a Roma del leader ucraino.

Oltre al viaggio in Ucraina, il presidente del Consiglio potrebbe recarsi a Pechino dando seguito all’invito di Xi in occasione del G20 e a Washington per un incontro alla Casa Bianca con Biden senza pensare che bastino le distanze politiche tra un democratico e una conservatrice a danneggiare un legame storico come quello tra Stati Uniti e Italia. Le due superpotenze si sono impegnate a gestire in maniera responsabile la competizione per evitare incidenti e incomprensioni. Ma l’approccio multilaterale dell’amministrazione Biden è chiaro: un fronte delle democrazie per affrontare le sfide poste dalle autocrazie.

Il secondo appuntamento del Summit per la democrazia del 29-30 marzo sarà un passaggio importante, e molti riflettori sono puntati sull’Ungheria, già esclusa dalla prima riunione tenutasi a fine 2021, il cui leader Viktor Orbán, assai poco gradito all’amministrazione Biden anche per i suoi rapporti con l’ex presidente Donald Trump, non ha mai nascosto le sue simpatie per Meloni e Salvini. Il futuro rapporto con la Russia dipende inevitabilmente dal conflitto in Ucraina. Quello con la Cina (dall’anno scorso una delle “sfide” riconosciute dalla Nato) sembra richiedere un ripensamento anche alla luce delle mire di Pechino su Taiwan (tema recentemente entrato ufficialmente nell’agenda diplomatica italo-statunitense).

Un test decisivo per l’Italia potrebbe esserci a fine 2023. Entro fino anno, infatti, il governo dovrebbe informare la controparte cinese nel caso in cui volesse uscire dal memorandum d’intesa sulla Via della Seta, che altrimenti si rinnoverebbe automaticamente a marzo 2024. Nel caso in cui l’intenzione fosse quella di comunicare il passo indietro, Roma dovrebbe prepararsi anche a una reazione di Pechino, ipotizzando perfino azioni coercitive come quelle messe in pratica dalla Cina con AustraliaLituania negli ultimi anni.

(Fine prima parte)

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