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Il rapporto Istat presentato ieri ci offre la fotografia di un Paese che è passato attraverso le prove terribili della pandemia e si trova ora ad affrontarne altre (l’aggressione russa all’Ucraina e le sue conseguenze sull’inflazione, il riscaldamento globale) altrettanto temibili senza che la storia del Covid19 si sia pienamente conclusa.

Ogni prova è uno shock che colpisce in modo asimmetrico (e dunque più forte su alcuni e meno su altri) amplificando le diseguaglianze e creando una vasta area di marginalità e fragilità. A questo si aggiunge la gravissima crisi demografica che ha radici più profonde e culturali perché la carenza di nascite non si spiega solo con problemi economici ma anche con la maggiore difficoltà delle nuove generazioni di costruire un progetto di relazione e di famiglia aperto alla speranza nel futuro. Difficoltà certificata da un altro dato che illustra come i single superano le coppie con figli essendo oggi il 32,2% dei nuclei contro il 31,1%.

Questa fotografia del Paese ci descrive di fatto come un “paziente” affetto contemporaneamente da più malattie che ha bisogno di farmaci senza effetti collaterali, ovvero di ricette e proposte che sappiano tener conto e non incidere negativamente su nessuno dei problemi su tappeto (povertà e diseguaglianze, emergenza climatica, povertà di senso del vivere e crisi di futuro). Per questo dobbiamo sempre di più guardarci dal rischio di schizofrenie. Una di queste è chi lancia l’allarme per la povertà e poi non si rende conto che una rete contro la povertà ce l’abbiamo e vorrebbe abolirla.

Non a caso l’Istat segnala che il reddito di cittadinanza ha evitato un milione di poveri. Dobbiamo giustamente riformare gli aspetti meno positivi di questo provvedimento (le questioni relative alle scale geografiche di reddito, le soglie d’ingresso per famiglie e migranti) con particolare attenzione a stimolare maggiormente la propensione dei percettori ad accettare nuovi lavori ma non possiamo essere schizofrenici e parlare una volta di povertà e subito dopo di abolizione della misura.

Pur attraversando queste tempeste il Paese dimostra una grande resilienza avendo recuperato il crollo di Pil degli ultimi due anni a testimonianza di quel rimbalzo e voglia di ritorno alla normalità che sta spingendo la ripresa, soprattutto con la spinta del settore del turismo ed anche ovviamente della forza del nostro export che è la spina dorsale del Paese.

Data questa fotografia i farmaci senza effetti collaterali di cui abbiamo bisogno sono misure che aiutino le relazioni e la speranza nel futuro, contrastino la povertà e l’emergenza climatica e l’impatto dell’erosione del potere d’acquisto generato dall’inflazione. Assegno unico per il figlio, forte sostegno all’istruzione e alla riqualificazione professionale sono fondamentali in direzione dell’obiettivo di una formazione permanente di cui ormai abbiamo tutti bisogno.

La riduzione del cuneo fiscale finanziata dai proventi delle tasse sull’inquinamento va in direzione di quanto affermato dall’Ocse che invita a spostare la tassazione dai “beni” (il lavoro) ai “mali” (l’inquinamento). Tutto questo resta compatibile con i problemi di competitività internazionale se abbinato a quel Carbon Border Adjustment votato recentemente dal parlamento Europeo che impone ai prodotti che arrivano da paesi terzi di allinearsi al pagamento dei nostri costi di inquinamento.
Multidisciplinarietà, visione trasversale e capacità di comprendere le interconnessioni saranno le virtù più importanti e richieste della politica e dei politici del futuro.

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