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Stando ai rumors, che circolano sui mercati internazionali, alcuni hedge fund avrebbero rastrellato titoli italiani, soprattutto BTP, per un contro-valore pari a 39 miliardi di euro. Nessun acquisto, ma semplice presa in prestito, pagando ovviamente il dovuto. Operazione necessaria ogni qual volta ci si appresta a compiere delle scorrerie contro gli emittenti.

Per le regole vigenti, infatti, solo il possessore, seppure pro tempore, di un titolo può venderlo a termine. Ossia ad una scadenza pattuita. Lo vende al prezzo del giorno in cui compie l’operazione. Se alla scadenza, pattuita per la consegna, il prezzo del titolo è sceso incassa la differenza e realizza un guadagno. Se per quella data, invece, il prezzo è salito ci rimette. Speculazione pura. Che tuttavia si basa su alcuni presupposti.

Le necessarie previsioni di carattere economico sono evidenti. In autunno la situazione italiana sarà quanto mai difficile. Tasso d’inflazione in forte crescita. Prezzi del gas e, quindi, dell’energia alle stelle. Forte rallentamento dell’economia, se non proprio recessione. Bilancia dei pagamenti in rosso, dopo un lungo periodo in cui il suo attivo era risultato consistente, al punto da azzerare il pregresso debito con l’estero, trasformando l’Italia, subito dopo Germania, Olanda e Belgio, in un Paese creditore. Uno dei tanti piccoli miracoli italiani.

Si dirà che gli altri Paesi non staranno meglio. Non starà meglio la Germania, la cui dipendenza dal gas russo, grazie anche a Gerhard Schröder, è di gran lunga superiore e la cui potenza manifatturiera si è trasformata in un handicap, a causa del suo forte contenuto energivoro.

Paradossalmente la stessa Francia, come è stato costretto a riconoscere con rammarico lo stesso Emmanuel Macron, non vivrà momenti felici. Nonostante il suo forte potenziale nucleare. In parte fermo per manutenzione o per gli effetti indotti di una siccità che, prosciugando fiumi ed invasi, ha limitato le possibilità di raffreddamento dei reattori.
Andrà, forse, meglio per la Spagna, cresciuta ad un ritmo leggermente superiore a quello italiano. Ma anche in questo caso il livello di debito accumulato sull’estero, che sfiora l’80 per cento del Pil, desta non poche preoccupazioni. Nel momento in cui il commercio internazionale sembra subire una forte battuta d’arresto.

Insomma se Atene piange, Sparta non ride. A dimostrazione di quanto forti siano le responsabilità russe, nel nuovo delirio imperialista di Vladimir Putin. La situazione italiana, tuttavia, è particolare. Innanzitutto a causa della dimensione del suo debito pubblico: che, in Europa, resta secondo solo alla Grecia.

I successi conseguiti dal governo Draghi, che dovrebbe abbatterlo, a fine anno, di una decina di punti, non compensano gli eccessi del ConteII. Nel 2020 l’incremento, responsabile soprattutto Roberto Gualtieri come ministro dell’economia, ha superato i 21 punti di Pil. Il più consistente salto in alto in tempo di pace. Con buona pace per il reddito di cittadinanza e i bonus per l’edilizia del 110 per cento.

Dati, quindi che possono alimentare tentativi volti a realizzare guadagni a spese del Bel Paese, da parte della speculazione internazionale. Che punta, tuttavia, su un aspetto più soft che hard. Non tanto gli esiti, al momento imprevedibili, della campagna elettorale. Quanto sul possibile e conseguente ricambio al vertice, del dopo 25 settembre. I giorni che dovrebbero anche segnare il cumulo delle operazioni allo scoperto.

Mettiamoci nei panni di un personaggio alla Soros. Che fu uno dei principali artefici nella manovra del 1992 contro lo SME e la sterlina. L’Italia del dopo elezioni vedrà il passaggio dal più autorevole personaggio di cui dispone, vale a dire Mario Draghi, verso leader, politicamente anche capaci, lo si vedrà, ma del tutto improbabili, per quanto riguarda la gestione di una fase così difficile e complessa per la vita del Paese.

Naturalmente l’auspicio è che queste nostre preoccupazioni siano eccessive. Ma per fugarle sarebbe, forse, opportuno evitare altre incertezze. Concordare ad esempio su una figura a Via XX Settembre à la Daniele Franco, piuttosto che à la Roberto Gualtieri. Basterebbe questo per rendere più rischiosa l’eventuale speculazione contro i titoli di stato italiani.
Si vedrà. Al momento non restano che parole a futura memoria. Tuttavia quei segnali non vanno minimamente trascurati. Al contrario dovremo seguire con grande attenzione sia quel che succederà nella politica monetaria Usa, sia il dibattito interno alla Bce.

Il recente varo del TPI (Transmission Protection Instrument) ha consentito a Francoforte di acquistare titoli italiani per 10 miliardi di euro, investendo soldi soprattutto tedeschi. Ma la fase è ancora sperimentale. Ed i mugugni dei “frugali” sono tanti. Ragione in più per smorzare i toni ed utilizzare l’intelligenza necessaria, quelli che ce l’hanno, per non dare adito ad altri rimbrotti.

Attenti a non esagerare, la speculazione può far male. L'analisi di Polillo

In autunno la situazione italiana sarà quanto mai difficile. Tasso d’inflazione in forte crescita. Prezzi del gas e, quindi, dell’energia alle stelle. Forte rallentamento dell’economia, se non proprio recessione. Bilancia dei pagamenti in rosso. Naturalmente l’auspicio è che queste nostre preoccupazioni siano eccessive. Ma per fugarle sarebbe, forse, opportuno evitare altre incertezze

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