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I colombiani hanno scelto, Gustavo Petro sarà il primo presidente di sinistra nella storia del Paese. È stato eletto ieri, con il più alto numero di voti mai ottenuti, superando il suo avversario Rodolfo Hernandez. Secondo i dati ufficiali, Petro ha ottenuto il 50,49% dei voti, contro il 47,25% di Hernandez.

L’ex guerrigliero, e sindaco di Bogotà, ha festeggiato la vittoria scrivendo su Twitter: “Oggi è un giorno di festa per il popolo. Che celebri la prima vittoria popolare. Possa tanta sofferenza essere sanata dalla gioia che oggi inonda il cuore del Paese. Questa vittoria è per Dio e per il popolo e la sua storia. Oggi è il giorno delle strade e delle piazze”.

Questo è il terzo tentativo (riuscito) di Petro di conquistare la presidenza. La proposta del candidato di sinistra si è posizionata in controtendenza rispetto a tutti i partiti tradizionali, offrendo agli elettori un programma di governo sulle riforme economiche, sociali e fiscali per il Paese, nonché di battaglie contro la crescente disuguaglianza, l’inflazione e la violenza. “Da questo governo che sta nascendo non ci saranno mai persecuzioni politiche o legali, ci sarà solo rispetto e dialogo”, ha aggiunto Petro.

Per molti analisti politici, l’ex guerrigliero ha saputo interpretare lo scontento popolare espresso nelle proteste post-pandemia in Colombia. Lui non è solo il primo presidente di sinistra della Colombia, è anche il primo nato nella costa colombiana, a Ciénaga de Oro, ed è accompagnato dalla prima donna di colore alla vicepresidenza, Francia Márquez. “Questo sarà il governo della gente, delle mani callose, il governo delle persone di strada, il governo dei nessuno”, ha dichiarato Márquez.

La situazione è seguita da vicino dagli Stati Uniti, giacché il precario stato fiscale della Colombia potrebbe spingere la ricerca di nuovi creditori, con la Cina in prima fila ad attendere.

In più, la vittoria di Petro potrebbe rappresentare un punto di svolta anche per il resto della regione. Ieri l’ex presidente del Brasile, Luiz Inácio Lula da Silva, si è congratulato con Petro, sostenendo che il risultato elettorale colombiano “fortifica la democrazia e le forze progressiste in America latina”.

Per l’ex presidente Dilma Rousseff, alleata di Lula nel Partito dei Lavoratori, il trionfo storico della sinistra in Colombia ha un importante significato per il continente: “È una grande vittoria del popolo colombiano ed è anche un sollievo e una rinnovata speranza per tutti i Paesi dell’America latina che lottano per la democrazia e contro il neoliberalismo”. I brasiliani dovranno scegliere un nuovo presidente il prossimo 2 ottobre, e Lula resta favorito nei sondaggi, sopra l’attuale presidente Jair Bolsonaro.

Arlene Tickner, professoressa di Rapporti Internazionali all’Università di Rosario a Bogotà, ha spiegato alla Bbc che, in caso di elezione di Lula in Brasile si creerà un blocco progressista, democratico, che potrebbe riprendere alcuni dei temi dell’agenda della regione che erano stati proposti durante la cosiddetta “ondata rossa” degli inizi degli anni 2000. Ambiente, uguaglianza, rispetto dei diritti umani e integrazione latino-americana saranno alcuni degli argomenti di questa strategia di politica internazionale regionale.

Molto significativo per questo cambiamento è stato l’arrivo di López Obrador al potere in Messico nel 2018 con il movimento Morena, primo governo di sinistra per i messicani. Dopo la vittoria di Petro, in questa prospettiva il prossimo passo sarebbe la candidatura e trionfo di Lula in Brasile. Resta l’avvicinamento e l’alleanza tra Antonio López Obrador in Messico, Alberto Fernández in Argentina, Gabriel Boric in Cile, Luis Arce in Bolivia e Pedro Castillo in Perù, nonché la potenziale prossimità con il regime castrista a Cuba.

L'America latina svolta a sinistra. Il peso della vittoria di Petro in Colombia

Il trionfo storico del candidato di sinistra, ex guerrigliero, fa parte di un nuovo cambiamento nel continente, dall’Argentina al Messico. Decisivo sarà il risultato delle elezioni presidenziali in Brasile in autunno, con Lula in testa. Il ruolo degli Usa e della Cina

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