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In occasione dell’incontro “Prospettive di sviluppo per l’industria audiovisiva”, tenutosi oggi 6 giugno presso la Camera dei Deputati, ITMedia Consulting ha presentato il suo ultimo rapporto: Le finestre di distribuzione del film nell’industria audiovisiva post-Covid.

Lo studio prende le mosse dalla consapevolezza che la pandemia abbia determinato una crisi profonda dell’industria del cinema, con lo stop alle produzioni e la chiusura delle sale. Il tutto nel momento in cui l’offerta in streaming esplodeva. Con il lento ritorno alla normalità e la ripresa delle produzioni, il settore che soffre di più, soprattutto in Italia, è l’esercizio, con perdite del 74% a fine 2021. Per favorire dunque il ritorno in sala, in varie occasioni, è emersa la volontà di un intervento governativo per regolare per legge il fenomeno delle finestre, estendendolo anche ai film non italiani non sostenuti da finanziamenti pubblici.

Sono 2 gli elementi a sostegno di questo intervento: a) la durata delle finestre con l’allungamento dei tempi di esclusiva per favorire un più ampio sfruttamento dell’opera al cinema e rendere «meno conveniente» attendere l’uscita sulle piattaforme digitali estendendo anche ai film non italiani che non godono di finanziamento pubblico le stesse finestre (90 giorni o addirittura 180 giorni) le stesse misure previste per i primi; b) farlo attraverso un intervento normativo, prendendo come riferimento la Francia, “dove il mercato è tornato ai livelli pre-pandemici grazie alla loro virtuosa normativa”.

Normare le finestre?
Lo schema delle finestre è tipicamente determinato dal mercato, ossia attraverso una negoziazione tra il titolare dei diritti del film e gli esercenti cinematografici, gli editori di home entertainment, i servizi VOD e i canali televisivi. Solo in rari casi, in Europa, le finestre sono regolamentate.

Gen.-Apr. – Fonte Eao

L’analisi comparata sui principali Paesi europei dimostra come non vi sia alcun rapporto diretto tra normativa sulle finestre e ritorno del pubblico in sala, come dimostrato dal maggiore recupero del Regno Unito, dove non c’è normativa, e dagli analoghi risultati, in situazioni opposte, di Spagna e Francia.

La criticità dell’Italia è dovuta in realtà ad altri fattori, quali a) la maggior durata delle chiusure, in particolar modo nel 2021; b) le misure di contenimento più severe, con l’obbligo ancora presente dell’uso delle mascherine; c) la debolezza della produzione nazionale nel periodo, laddove quella americana ha visto un più ampio recupero del pubblico in sala.

In definitiva una regolamentazione più restrittiva a salvaguardia della sala, che imponga finestre per legge, appare non solo inefficace nel favorire il ritorno del pubblico in sala, ma per certi versi anche dannosa all’industria cinematografica nel suo complesso, perché riducendo le opportunità di ricavo totale del film, non tiene conto del reale andamento del ciclo distributivo del film e crea ulteriori incentivi per utilizzi illegali dell’opera.

Allungare la durata delle finestre

La durata ottimale delle finestre è fortemente dibattuta a causa dell’emergere di tre fattori:

1. l’aumentata competizione dei nuovi servizi digitali;
2. la concentrazione degli ingressi nelle sale su un numero ristretto di film e un limitato periodo di tempo;
3. la pirateria.

Tutto ciò ha portato a una costante riduzione delle finestre temporali di esclusiva per la sala cinematografica, a causa dell’esplosione dei servizi digitali e dello streaming (Netflix e soci), tendenza che, accentuata dalla pandemia con la chiusura delle sale per lunghi periodi negli ultimi 2 anni, appare destinata a continuare anche in futuro, con il ritorno alla (nuova) normalità. Negli Stati Uniti si è passati dai 180 giorni del 2000 al 120 del 2012, ai 90 nel periodo pre-Covid (2019) fino ai 45 nel 2021.

Attualmente ogni studio sta sperimentando l’accorciamento delle finestre, non esiste più una formula unica valida per tutti (one size doen’t fit all). Ciascuno studio sceglie la soluzione che ritiene più conveniente, anche all’interno della propria offerta. Disney ad esempio ha deciso per Encanto una finestra esclusiva di 30 giorni prima dell’uscita su Disney plus, altri propongono per alcuni film con particolari caratteristiche un’uscita contemporanea cinema / streaming.

La stessa tendenza sta emergendo in Europa, dove peraltro i tempi di esclusività per la sala tra finestre regolate e non regolate rimangono sostanzialmente identiche.

Infatti, come nel resto d’Europa, nelle prime 5-6 settimane si completa in Italia il ciclo di permanenza di un film in sala. Inoltre Il 90% del totale box office di un film è ottenuto nelle prime 3 settimane e il 97% entro le prime 5
Questo significa che con il diminuire della visione (box office) e della disponibilità sugli schermi, la pirateria diventa il metodo principale di consumo del film. Aumentare la finestra di esclusiva in sala, invece di espandere le opportunità per vedere il film, crea di fatto a “piracy exclusive window”, dal momento che non ci sono modalità legali disponibili per il consumatore tra la fine della programmazione in sala e la finestra VOD successiva. Tanto più si allunga la prima, tanto più la finestra esclusiva per la pirateria aumenta. Si noti come dalla 5a fino alla 13ma (o addirittura alla 26ma) settimana, la pirateria sarebbe l’unico modo – illegale – di accedere alla fruizione del film.

Evidenze e conclusioni dello studio

L’emergenza sanitaria e l’esplosione dello streaming hanno posto al centro della scena il tema della convivenza tra sala e servizi di video on demand. L’approccio one size fits all non sembra più in grado di cogliere le trasformazioni radicali che degli ultimi anni hanno trasformato l’industria del film su tutti i livelli della catena e che continueranno a produrre i loro effetti anche in futuro.

Se il cinema resta il luogo privilegiato per vedere un film, non solo per certe tipologie di offerta (grandi produzioni), le nuove forme di fruizione spingono a una diversa cronologia, che consenta di massimizzare il valore del film in tutta la catena distributiva, secondo un modello di finestre flessibile e da valutare caso per caso.

Perché ciò avvenga è necessario secondo il Rapporto, il coinvolgimento di tutti gli stakeholder. La convivenza con le piattaforme va perfezionata in modo virtuoso, con la promozione delle opere in sala e la creazione di eventi in contemporanea. Fondamentale che chi opera in una dimensione globale possa trovare terreno fertile e non ostile, così da orientare maggiormente i suoi investimenti in Italia.

Una regolamentazione più restrittiva in favore della sala, che imponga finestre per legge, appare inefficace nel favorire il ritorno del pubblico al cinema. Tale soluzione, riducendo al contrario le opportunità di ricavo totale del film, non tiene conto del reale andamento del ciclo distributivo del film e crea ulteriori incentivi per utilizzi illegali dell’opera.

Favorire il ritorno in sala attraverso un intervento normativo non appare dunque ad avviso di ITMedia Consulting la soluzione ottimale. La normativa, come abbiamo visto, rincorre il mercato e le sue dinamiche, e anche dove è presente finisce per adeguarsi ai suoi tempi e alle sue regole (la prima finestra in Francia non è diversa da quella degli accordi tra operatori negli altri Paesi, come pure la durata di un film nelle sale che ad esempio è inferiore a quella in Italia).

Non vi sono evidenze infine che allungare i tempi di uscita in streaming garantisca un significativo vantaggio competitivo alla sala, mentre la durata ridotta di un film in sala finisce piuttosto per creare una finestra «esclusiva» per la pirateria, che prima dell’uscita legale in streaming rimane l’unica modalità di accesso all’opera, incentivandone l’uso.

Se la convivenza theatrical/streaming appare fondamentale in un contesto competitivo completamente cambiato, misure di incentivo e di salvaguardia della centralità della sala saranno più efficaci se orientate verso altre strategie e soluzioni.

Qui lo studio completo

Le finestre di distribuzione del film nell’industria audiovisiva post-Covid

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