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Una tempesta perfetta sta per abbattersi sull’Italia, o meglio sull’Europa. Un’inflazione come non si vedeva da decenni, una crisi energetica ormai conclamata, una guerra alle porte del Continente. E una pandemia che ancora non ne vuole sapere di abbassare la testa. Forse allora è lecito chiedersi se alla luce di tutto questo si può ancora sperare nel futuro.

Di questo si è parlato nel corso del convegno organizzato dalla Link Campus University La tempesta perfetta e l’economia della speranza, un futuro per i nostri giovani, al quale hanno preso parte tra gli altri, l’ex ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, gli economisti Leonardo Becchetti e Nicola Rossi e  la sondaggista Alessandra Ghisleri, il cui dibattito è stato moderato dalla giornalista Cesara Buonamici.

TRA RINNOVABILI E SPERANZA

Il “La” ai lavori lo ha dato proprio Becchetti, che ha affrontato essenzialmente due temi, la transizione ecologica e lo smart working. “Oggi è difficile avere speranza nel futuro, ma non dobbiamo mai dimenticare che per le tante domande che abbiamo ci sono altrettante risposte. Nulla è tecnicamente impossibile”, ha spiegato Becchetti. Un esempio è lo smart working. Pensavamo che fosse qualcosa di fantasioso, di lunare e invece oggi i contratti ibridi sono quasi la norma. Certamente c’è un problema di disuguaglianze, legato al lavoro a distanza, non tutti per esempio hanno la stessa banda larga e la distanza fisica dal luogo di lavoro è spesso eterogenea. Ma questo è il cambiamento e la speranza passa anche per qui”.

Altro tema, il clima e la transizione. “La vera sfida, forse più una cattiva notizia, è che le risposte dipendono da noi. Per esempio, se davvero vogliamo che l’Europa sia la prima della classe nel mondo, allora dobbiamo cominciare a smetterla di essere vittime del dumping da parte dei Paesi terzi. Quanto alla transizione, l’Italia sta facendo dei passi in avanti, finalmente abbiamo sbloccato l’agro-fotovoltaico, sperando che non sia troppo tardi. Il clima ci sta dicendo che tutto è cambiato, dal caldo ai ghiacciai. E che la speranza, così come un nuovo modo di lavorare, passa per la transizione”.

IL REBUS DEI GIOVANI

Ma come è possibile parlare di speranza, se non si parte dai giovani? Alessandra Ghisleri ha fornito un quadro della situazione, sulle speranze degli italiani. “Oggi più del 63% degli italiani è pessimista sul futuro. In particolare i giovani, che risultano spaccati a metà, uno su tre è ottimista e uno su tre è pessimista. C’è da chiedersi, domanda di fondo, se sia giusto essere positivi e ottimisti in questa società, la società delle catastrofi, a cominciare dal clima. Il problema è proprio questo, i ragazzi hanno paura di essere abbandonati, sono disorientati, denunciano una politica che non li ascolta e soprattutto non parla più a loro, quando invece vorrebbero essere protagonisti. Se si guarda all’istruzione, all’università, quello è un modo per inserirsi nel futuro, ma può bastare. Guardiamo al consumo di ansiolitici tra ragazzi, è certamente un sintomo della paura e del disorientamento che serpeggia al giorno d’oggi”.

OCCHIO ALL’ILLUSIONE E ALLA CONFUSIONE

E di confusione ha parlato anche Nicola Rossi. “In questi giorni si è parlato molto di salario minimo e contrattazione. Ma ecco, sono due cose distinte, il salario minimo è una cosa e i contratti invece sono un’altra. Non dire le cose per come sono davvero, crea illusioni e dunque confusione”. Rossi ha poi affrontato il tema dell’istruzione.

“Sono convinto che la scuola debba servire a formare i nuovi cittadini, ma l’università, che non è certo scuola dell’obbligo, deve invece creare un’opera di selezione, è compito dei docenti universitari scegliere. La scuola serve a formare i cittadini, se ci muoviamo entro la scuola dell’obbligo. Non esiste un diritto allo studio universitario, gli studi universitari sono una prova e un momento di selezione. E’ compito dei docenti universitari, scegliere”.

LA (SCARSA) ATTENZIONE DELLA POLITICA

Giulio Tremonti, che di crisi sociali ed economiche ne ha viste tante, ha invece puntato il dito contro la “poca attenzione dell’attuale classe dirigente relativamente alla criticità della situazione. Abbiamo visto molti provvedimenti in questi mesi, molti dei quali strampalati, e questo ci dà anche la cifra della nostra classe dirigente attuale”. Secondo l’ex ministro dell’Economia, “tra poco non avremo né la pace né i condizionatori, ma l’impatto vero sarà sul lavoro, su cui il rischio di una chiusura dell’energia è bestiale. Lo scenario è molto, molto complicato e davanti ad uno scenario di questo tipo un governo serio e responsabile dovrebbe andare in televisione e spiegare la realtà”.

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