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Continua l’offensiva economica di Vladimir Putin all’Europa, attraverso i rifornimenti di gas e non solo. Ma se dalla Germania arrivano voci di recessione e collasso industriale, in Italia si respira un clima (leggermente) meno allarmista. Se non altro perché il sistema-Paese è meno esposto rispetto ai cugini teutonici: da inizio anno Roma ha ridotto la quota di gas russo nelle sue importazioni dal 40% al 25%, mentre Berlino, che può contare su meno opzioni, staziona ancora attorno al 35%.

Un taglio così netto si deve al decisionismo del governo di Mario Draghi, che ha iniziato a muoversi con Eni per cercare fornitori alternativi già a febbraio e sostituire quei 30 miliardi di metri cubi targati Gazprom. Lunedì il premier sarà di nuovo ad Algeri per la seconda visita ufficiale nel giro di pochi mesi. L’Algeria è diventata il nuovo fornitore più importante dell’Italia (aggiungendo 9 mmc ai 21 che già forniva), ma non è l’unico Paese che ha promesso di aumentare i flussi verso lo Stivale.

LA STRATEGIA ITALIANA

A breve termine si punta al raddoppio della produzione nazionale, riattivando le estrazioni in Adriatico, e all’aumento della capacità di rigassificazione, per poter accogliere il gas naturale liquefatto (gnl) in arrivo dai partner internazionali, tra cui gli Stati Uniti. Snam ha acquistato due navi rigassificatrici; una dovrebbe diventare operativa a Piombino da aprile 2023 (nonostante le resistenze locali, un compromesso tra le parti pare vicino) e fornire 5 mmc a massimo regime. La seconda, da ormeggiare a Ravenna, non sarà operativa prima dell’estate 2024.

L’obiettivo a stretto giro è continuare a diversificare assicurandosi di avere gas a sufficienza per superare l’inverno. Gli stoccaggi sono rientrati nella media e viaggiano sopra il 65%, anche se sarà più difficile riempirli per via della riduzione dei flussi russi. Parallelamente si punta a un regime di risparmio del gas e una strategia per “liberarne” quanto più possibile per gli utilizzi per cui è indispensabile (riscaldamento e industria), ricorrendo ad altre soluzioni – comprese quelle più difficili da digerire, come la riattivazione delle centrali a carbone – per produrre elettricità.

LE VARIABILI IN AGGUATO

Ci sono dei però. L’elefante nella stanza è l’interruzione totale delle forniture da parte della Russia – affatto impossibile, anche se meno probabile dell’attuale strategia “tira e molla” di Gazprom, che permette al Cremlino di guadagnare dal rincaro dei prezzi del gas mantenendo aperto il canale di pressione geopolitica. Se Putin chiude i rubinetti, chiude anche il suo principale vettore d’influenza e fonte di introiti. Ma non si può escludere che possa farlo per destabilizzare ancora l’Europa: occhi sul 21 luglio, quando dovrebbe riprendere il flusso via Nord Stream 1 (oggi Gazprom ha fatto sapere di non poterne garantire la ripresa).

Considerate tutte le misure in campo, gli esperti ritengono che l’Italia possa arrivare all’inverno su fondamenta abbastanza solide ed evitare di dover razionare il gas – anche in caso di interruzione del gas russo nei prossimi mesi. Ma prima di accendere i condizionatori al massimo, serve considerare la questione della solidarietà europea. Che non è un lusso: le sorti dell’Italia rimangono ancorate a quelle della Germania per via dell’integrazione dei nostri tessuti produttivi, e una recessione o uno stop alle industrie tedesche contagerebbe l’economia italiana, assieme a quella dell’intera eurozona, istantaneamente.

QUALE PIANO PER L’UE?

L’Italia possiede le riserve di gas più ampie dell’Ue. Segue la Germania, che mercoledì ha siglato un patto con l’Austria per accelerare il riempimento delle rispettive riserve di gas. La Commissione dovrebbe presentare a breve un piano di emergenza e condivisione delle risorse in caso Putin chiuda i rubinetti, in tempo per la riunione straordinaria dei ministri europei dell’energia il 26 luglio, e il piano coinvolgerà necessariamente il nostro Paese. Insomma, potrebbe esserci richiesto di condividere le riserve.

In allegato ci saranno proposte di più ampio respiro per contrastare la crisi energetica. Ma la burocrazia europea potrebbe rivelarsi troppo lenta, e gli strumenti proposti dalla Commissione potrebbero essere insufficienti. Come rimarca David Carretta de Il Foglio, Bruxelles (sulla scia della linea tedesca) ha deciso di ricorrere a strumenti ordinari per affrontare una situazione straordinaria. Tra le proposte non ci sarà il tetto al prezzo del gas proposto da Draghi, ma si parlerà di alzare i limiti dei fondi che gli Stati in crisi possono erogare ai cittadini.

Una pessima soluzione per l’Italia, il cui debito ostacola gli interventi massicci che si paventano. Intanto la commissaria per l’energia Kadri Simson ha esortato i cittadini europei a iniziare a risparmiare energia già da subito, per ottimizzare le risorse e ridurre il dolore (economico) in futuro. Potrebbe arrivare un momento in cui si dovrà ridurre l’apporto di gas alle industrie per tenere i cittadini al caldo: ogni gesto di risparmio del gas contribuisce ad allontanarlo.

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