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Fiumi di persone si sono riversati nella città di San Paolo. La campagna elettorale in Brasile ha mobilitato i sostenitori del presidente Jair Bolsonaro e il suo principale sfidante, l’ex presidente Luiz Inácio Lula da Silva.

La manifestazione intitolata “Marcia per Gesù”, organizzata da gruppi evangelici, è stata a sostegno di una riconferma di Bolsonaro alla guida del Brasile il prossimo 2 ottobre. Ai suoi sostenitori, l’attuale capo di Stato brasiliano ha detto: “Noi siamo la maggioranza del Paese, la maggioranza del bene e, in questa guerra del bene contro il male, il bene vincerà”. “Siamo contro l’aborto, l’ideologia di genere e la liberalizzazione dalla droga – ha aggiunto -. Siamo difensori della famiglia brasiliana”.

A pochi chilometri di distanza, il rivale Lula si è riallacciato alle sue origini operaie a Diadema, un’area metropolitana della capitale di San Paolo. Nel suo intervento, Lula ha attaccato “gli uomini d’affari che pensano solo alla politica fiscale, promettendo di ricostruire il Brasile e farla finita con la fame”.

L’ultimo sondaggio dell’Istituto di ricerca Genial/Quaest indica che l’ex presidente Lula da Silva, candidato del Partito dei Lavoratori, ha circa il 45% delle preferenze di voto, contro il 31% di Bolsonaro.  Al terzo posto ci sarebbe Ciro Gomes, candidato del Partito democratico laburista, con il 7%, seguito dalla senatrice Simone Tebet del Movimento della democrazia brasiliana con il 2%. In un eventuale secondo turno, invece, Lula vincerebbe con il 53% sul 34% di Bolsonaro.

Per il quotidiano britannico Financial Times sembra certo il trionfale ritorno di Lula alla presidenza brasiliana, nonostante gli eclatanti casi di corruzione e gli effetti negativi della sua gestione (e quella della sua delfina Dilma Rousseff) sull’economia del Brasile.

Una probabile vittoria dell’ex operaio Lula da Silva alla guida del Brasile sarebbe una “straordinaria rimonta”, “il ritorno politico del decennio, se non del secolo”, secondo il Financial Times. In conversazione con la pubblicazione, l’ex presidente sostiene di essere “molto triste perché dodici anni dopo aver lasciato la presidenza, trovo un Brasile più povero. Trovo più disoccupazione, più persone sotto la soglia della fame e un governo in grave crisi di credibilità dentro e fuori il Paese”. Ma è tutta colpa di Bolsonaro?

Bisogna ricordare che durante la presidenza di Rousseff, grande alleata del socialista, l’economia del Brasile è precipitata in una brutale recessione di due anni, in parte a causa delle politiche introdotte nel secondo mandato di Lula.

Più che fornire soluzioni concrete per risolvere i problemi economici del Paese sudamericano, Lula si nasconde dietro la retorica della campagna elettorale. “Saluta i suoi intervistatori come vecchi amici e la conversazione include un discorso animato sui meriti relativi del calcio brasiliano e britannico, concludendo con la sua conclusione che lo sport è stato il più grande vincitore della globalizzazione”, si legge sul Financial Times. Per lui il programma di governo si basa su tre parole magiche: “credibilità, prevedibilità e stabilità”. Alla sua età, aggiunge, è “più esperto, più stagionato e con una voglia molto maggiore di farlo bene”. Ma si concentra sui successi del passato, senza indicare le linee da seguire per il futuro.

Qualcosa accenna però: imporrà un tetto costituzionale alla spesa pubblica. Ha promesso di nominare al ministero delle Finanze non un economista ma un politico di tempra, stimato dagli esperti, per lavorare ad una riforma del sistema fiscale che faccia pagare di più i ricchi. Il Financial Times conclude che per la comunità imprenditoriale, la domanda è una: “Se vince, quale versione di se stesso governerà: Lula il pragmatico dei primi anni o l’interventista più ideologico emerso durante il suo secondo mandato?”.

Innegabile la capacità del leader socialista di connettersi con gli elettori. “Ho imparato da molto piccolo, da una madre non acculturata, che non posso spendere più di quello che ho guadagnato […] Quando la povera gente smette di essere molto povera e inizia a divenire consumatrice di salute, educazione e beni, l’intera economia cresce”. Molto diverso Bolsonaro che, secondo i sondaggi, ha allontanato il consenso per mancanza di empatia ai tempi del Covid.

Sui processi per corruzione Lula spende poche parole: “Quello che è successo in Brasile è stata un’azione politica per cercare di distruggere l’immagine di molte persone e impedirmi di diventare presidente nel 2018”.  In quanto alla politica estera, Lula ha già criticato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky definendolo in parte responsabile dell’invasione russa, ma al Financial Times spiega che il Brasile non si schiererà nella guerra in Ucraina ma sosterrà i tentativi di dialogo.

Il ritorno di Lula con la benedizione del Financial Times

L’ex presidente del Brasile è favorito nei sondaggi, nonostante gli scandali di corruzione e i fallimenti delle sue strategie economiche. La vittoria nelle presidenziali del 2 ottobre sarebbe il “ritorno politico” del secolo, secondo il Financial Times

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