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Negli ultimi mesi il Niger è diventato il centro di un’intensa competizione geopolitica e commerciale che ruota attorno alle sue ricchissime riserve di uranio. Dopo il colpo di Stato del luglio 2023, che ha portato al potere la giunta militare del generale Abdourahamane Tiani, la Francia, Paese colonizzatore, è stata progressivamente estromessa dal nuovo governo, che ha favorito invece il rafforzamento della posizione di nuovi attori come Russia e Cina. Un ribilanciamento visibile anche in quel che riguarda l’industria dell’estrazione dell’uranio.

Pochi giorni fa il colonnello Ousmane Abarchi, ministro delle miniere del Niger, ha compiuto il suo secondo viaggio in Russia in sei mesi. Durante la sua permanenza nel territorio della Federazione ha visitato il “Pavillon de l’Atome” a Mosca, simbolo della tecnologia nucleare russa, per poi recarsi a San Pietroburgo per partecipare ai lavori di un forum sull’ecologia, dove ha incontrato il vice-ministro russo delle risorse naturali e dell’ambiente Dmitry Tetenkin. Al centro dei colloqui tra i due esponenti politici sembra ci fosse proprio la cooperazione nel settore dell’uranio, di cui il Niger è uno dei principali produttori mondiali.

E questo Parigi lo sa bene. Dal 1971 l’azienda francese Orano (ex-Areva), controllata per oltre il 90% dallo Stato francese, ha rifornito i reattori nucleari della Francia con uranio proveniente dal Niger. Tra il 2012 e il 2022, circa il 20% dell’uranio naturale importato dalla Francia (pari a oltre 17.000 tonnellate) proveniva proprio da Niamey. Tuttavia, dopo il cambio di regime, la giunta ha ritirato a Orano la licenza di sfruttamento del giacimento di Imouraren, uno dei più vasti al mondo, e nel dicembre 2024, la società ha annunciato di aver “perso il controllo operativo” della Somaïr, la sua storica filiale locale che gestiva la miniera di Arlit, nel nord del Paese.

Attualmente, circa 1.400 tonnellate del concentrato di uranio noto come “yellow cake” sono stoccate in Niger, una quantità di risorse dal valore di oltre 250 milioni di euro. Orano, che detiene il 63,4% della Somaïr, rivendica la proprietà della merce, ma la giunta nigerina sta cercando acquirenti a cui vendere il prezioso materiale per soddisfare i suoi bisogni di denaro. La China National Nuclear Corporation ha manifestato interesse per l’acquisto di 1.000 tonnellate, ma le trattative si sono arenate a causa di disaccordi sul prezzo e sulle modalità di pagamento, con la Cina offriva il 5% in meno rispetto al prezzo di mercato.

Adesso a emergere come principale potenziale acquirente è la Russia, attraverso la sua azienda statale Rosatom. Secondo fonti francesi, i negoziati inizialmente riguardavano l’acquisto di 130 tonnellate, quantità che durante i negoziati è cresciuta fino alle 700 tonnellate.

Il 22 aprile una delegazione russa guidata da Igor Gromyko, ambasciatore della Federazione Russa in Mali e Niger, è stata ricevuta a Niamey da Abarchi. Un mese dopo, il direttore generale della Somaïr Abdoul-Nassirou Garba Illou ha accompagnato il ministro in visita a Mosca e San Pietroburgo, confermando l’intensificarsi dei rapporti bilaterali.

Nel frattempo, la situazione di Orano nel Paese continua a deteriorarsi. Il 5 maggio, i suoi uffici a Niamey sono stati perquisiti e il direttore locale, Ibrahim Courmo, è stato arrestato e condotto presso la Direzione generale della documentazione e della sicurezza esterna (Dgdse), i servizi di intelligence nigerini. Orano ha denunciato la perquisizione e il sequestro di dispositivi elettronici, e ha annunciato di aver avviato una procedura legale contro le autorità nigerine per “arresto arbitrario” e “detenzione illegale”.

Nonostante il Financial Times abbia riferito che Orano starebbe valutando la vendita delle proprie filiali in Niger, la società ha precisato che la sua priorità resta il procedimento di arbitrato internazionale avviato a gennaio presso il Centro internazionale per la risoluzione delle controversie relative agli investimenti. Ma la realtà sembra essere un’altra: una fonte governativa nigerina afferma che Orano “non può vendere senza consultare lo Stato” e starebbe solo cercando di “salvare la faccia” in un contesto in cui “non controlla più nulla”.

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