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La seconda fase di Neptune Strike 25-2, l’esercitazione più complessa e articolata dell’Enhanced Vigilance Activity (Eva) Nato per il 2025, ha esteso la sua proiezione operativa dal Mediterraneo centrale fino al Mar Baltico e al fianco orientale dell’Alleanza. Undici giorni di esercitazioni multidominio (marittime, aeree e terrestri) che hanno ribadito come la Nato stia lavorando per mantenere una postura credibile di deterrenza, flessibile e capace di rispondere a una minaccia sempre più sfaccettata.

L’esercitazione

Divisa in due fasi, Neptune Strike 25-2 ha visto nella prima il peso delle forze spagnole, con il gruppo di combattimento guidato dall’ammiraglia Juan Carlos I e navi di supporto come Blas de Lezo e Galizia. La seconda fase ha invece messo in campo la portaerei più tecnologicamente avanzata del mondo, la USS Gerald R. Ford, cuore pulsante del Carrier Strike Group statunitense, dimostrando la centralità della proiezione di potenza americana nel contesto Nato.

Quello che emerge da Neptune Strike non è solo un’esercitazione navale o aerea, ma una dimostrazione di forza integrata e coordinata, che unisce 14 Paesi membri (da Croazia e Finlandia a Francia, Italia, Spagna e Stati Uniti) in un’ottica di interoperabilità e di risposta complessa.

La capacità di condurre attacchi a lungo raggio, guerra anti-superficie e antisommergibile, operazioni anfibie e di difesa integrata non è solo un esercizio tecnico: è un messaggio politico chiaro verso Mosca e qualsiasi altro attore che possa mettere in discussione la stabilità euro-atlantica. Le manovre hanno toccato punti geopolitici sensibili, dall’Adriatico al Mar Nero, quest’ultimo sempre più al centro delle tensioni regionali.

Qui, le operazioni aeree congiunte, con caccia F/A-18F Super Hornet statunitensi e F-35B italiani che si esercitano fianco a fianco, rappresentano un segnale tangibile della volontà della Nato di garantire libertà di navigazione e manovra in un’area strategica, a rischio di azioni ibride e pressioni militari russe.

Il coordinamento tra petroliere KC-135R e velivoli imbarcati sulla Gerald R. Ford estende la capacità di proiezione a lungo raggio e la flessibilità operativa, dimostrando come la Nato punti a una vera integrazione multidominio, con assetti marittimi, aerei e terrestri capaci di operare su vaste distanze e in teatri diversi. È la risposta alle sfide di un’Europa che vive una nuova stagione di rivalità strategiche, in cui la deterrenza convenzionale deve convivere con la dimensione ibrida, cyber e spaziale.

L’Italia, la Nato, il Mediterraneo

Da sottolineare il ruolo cruciale dell’Italia, che con il Comando Congiunto di Napoli coordina l’esercitazione e introduce le sue capacità aeree e navali per rafforzare il fianco sud dell’Alleanza. Le esercitazioni anfibie, gli sbarchi e la protezione delle infrastrutture critiche nel Mediterraneo non sono solo esercizi militari, ma tasselli di una strategia più ampia che vede l’Italia come hub indispensabile per la sicurezza regionale e la stabilità euro-atlantica.

Neptune Strike 2025 è un pezzo importante della nuova architettura di sicurezza che la Nato sta costruendo, tra postura geopolitica ed urgenza capacitiva, una risposta concreta a un ambiente strategico segnato da incertezze e minacce multidimensionali. Un avvertimento chiaro e al contempo un impegno solido per la difesa collettiva e la stabilità nell’area euro-mediterranea.

Neptune Strike, Italia e Nato insieme per la sicurezza euro-mediterranea

L’esercitazione Enhanced Vigilance Activity Neptune Strike, conclusasi il 1° agosto 2025, ha dimostrato come la Nato stia costruendo una capacità di risposta multidominio capace di operare simultaneamente su mari, cieli e territori strategici dall’Adriatico fino al Baltico

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