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Le aspettative sono altissime. Sul prossimo governo grava non solo la responsabilità – già di per sé enorme – di guidare il Paese in uno dei momenti più difficili dal dopoguerra. Ma in qualche misura è in gioco l’intero sistema politico italiano che, al minimo errore, potrebbe implodere. È però – visto il risultato elettorale – un’occasione per la politica. La prospettiva è quella di una legislatura che lasci da parte risentimenti, rigurgiti populisti e spinte anti-casta. Insomma una legislatura “più matura”. Sono le tesi di Alessandro Campi, politologo e docente di Storia delle dottrine politiche nell’Università di Perugia.

Campi, non penso che tutti coloro che covavano sentimenti generalmente anti-sistema siano improvvisamente scomparsi. 

No, non sono scomparsi ma si sono rifugiati nell’astensionismo. E questo è un dato che ha fortemente caratterizzato queste elezioni differentemente dalle altre. Non c’è stato, sostanzialmente, un voto di protesta. O meglio è stato raccolto solo in parte dal Movimento 5 Stelle.

Si può parlare di una vittoria grillina nonostante, rispetto al 2018, i voti siano pressoché dimezzati?

L’Italia è il Paese nel quale, dallo scoppio del conflitto in Ucraina, si è creato il più vasto movimento di opinione contrario all’invio delle armi a Kiev. Sono convinto che una parte di questo elettorato, che in precedenza militava nelle file dell’estrema sinistra, si sia accasato nel Movimento di Conte. Fermi restando i consensi raccolti dalla ‘base’ e dall’elettorato meridionale interessato al mantenimento del Reddito di cittadinanza.

Il voto alla Meloni non è stato di protesta?

La narrazione che FdI abbia fatto il pieno di voti capitalizzando la sua posizione da outsider del governo Draghi è vera a metà. Recenti studi sui flussi di voti, infatti, dimostrano che il massimo del ‘travaso’ di elettori che dalla Lega sono confluiti in Fratelli d’Italia è avvenuto nel momento della costruzione del governo giallorosso. Ragion per cui la perdita di credibilità di Salvini non è ascrivibile solamente all’episodio del Papeete. Anzi, l’episodio più problematico per il Carroccio, fu quando il segretario andò a Canossa da Di Maio offrendogli di fare il premier. Il voto a Meloni è un voto politico e il suo successo è motivato dal fatto che si è dimostrata credibile e coerente agli occhi dell’elettorato di centrodestra.

Gli italiani si aspettano un governo politico, dunque?

Certo, la politica è tornata ad esercitare la sua funzione di scegliere. Anche perché il governo Draghi è stato per forza di cose l’epilogo degli esecutivi tecnici. Difficilmente, dopo aver avuto ‘il migliore’ si potrà proporre un tecnico qualora il prossimo governo dovesse naufragare.

E Meloni lo sa. 

Meloni è consapevole che sul prossimo governo graverà non solo la responsabilità di guidare il Paese in un momento difficilissimo, anche e soprattutto per i motivi che derivano dagli scenari geopolitici. Ma è altrettanto consapevole che un minimo errore costerà caro non solo a lei, quanto all’intero sistema politico italiano. Ed è anche per questo, a mio modo di vedere, che le trattative per la composizione dell’esecutivo e l’assegnazione dei dicasteri, si stanno facendo in maniera molto cauta.

Ecco perché la legislatura sarà più matura. La versione di Campi

Il politologo: “Meloni è consapevole che sul prossimo governo graverà non solo la responsabilità di guidare il Paese in un momento difficilissimo. Ma è anche consapevole che un minimo errore costerà caro non solo a lei, quanto all’intero sistema politico italiano”

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