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A pochi giorni dalla elezioni politiche alcuni trend emergono in tutta la loro evidenza. Tra gli altri, la natura e il profilo delle coalizioni in competizione. In particolare quelle più variegate e multiformi al proprio interno, cioè la sinistra e la destra. Per soffermarsi sull’alleanza progressista, possiamo tranquillamente dire che si tratta di una coalizione di sinistra dove l’apporto del Centro, delle sue componenti centriste e moderate è ormai assai ridotto se non addirittura azzerato.

Un’alleanza che risente, del resto, del profondo cambiamento politico del Partito democratico. Su questo versante le interpretazioni sono ovviamente diverse ma, tuttavia, accomunate da un filo rosso: e cioè, il Pd non è più quel partito di centrosinistra che avevamo conosciuto e sperimentato all’inizio della sua esperienza dopo il tramonto e la confluenza della Margherita e dei Ds. Da un lato c’è chi parla di una sorta di “partito radicale di massa”; dall’altro chi la definisce come l’ultima esperienza della filiera della lunga e gloriosa tradizione della sinistra italiana: dal Pci al Pds, dai Ds al Pd.

Ovvero, e comunque sia, un vero ed autentico partito di sinistra. Ma, com’è altrettanto ovvio, un partito di sinistra nel nostro paese e nel nostro attuale contesto politico, non può oltrepassare ragionevolmente una percentuale che si aggira sul 20% dei consensi. E questa è, del resto, la cifra indicata da quasi tutti i sondaggisti. Ed è proprio alla luce di queste considerazioni che si inserisce la necessità di costruire, radicare e rafforzare un partito di centro autenticamente riformista, democratico e di governo.

E con la sfida politica, coraggiosa e tenace, lanciata da Renzi tempo fa si può centrare questo obiettivo solo se viene perseguito questo progetto senza tentennamenti e senza farsi condizionare dalla propaganda interessata che mira a indebolire quella prospettiva e quell’orizzonte politico, culturale e programmatico. Un Centro, cioè, che recupera sino in fondo quella “politica di centro” che in questi anni è stata sacrificata se non addirittura cancellata dalla sub cultura populista e qualunquista interpretata magistralmente dal partito populista per eccellenza, cioè dai 5 stelle. Un luogo politico, però, che è sempre stato decisivo nella storia democratica del nostro paese e che ha contribuito a sciogliere quei nodi politici che di volta in volta rallentavano la stessa azione di governo.

È del tutto normale, quindi, che ritorni – seppur in forma nuova ed aggiornata – una politica di centro nel nostro paese ispirata ad una spiccata cultura di governo e accompagnata da quel buon senso che in epoca di populismo trionfante è stato spazzato via. Ecco perché il ritorno del Centro da un lato e il consolidamento di un partito di sinistra dall’altro, contribuiscono entrambi a chiarire le stesse dinamiche della politica italiana.

E il risultato delle urne sarà il primo tassello di questo processo in attesa, comunque vada a finire, che si chiariscano una volta per tutte le contraddizioni che per troppo tempo hanno caratterizzato il cammino della politica italiana. A cominciare, per tornare all’inizio di questa riflessione, dal fatto che oggi il Pd è il partito della sinistra italiana. E il Centro, ormai, volge da un’altra parte.

A sinistra non c'è il Centro. La riflessione di Giorgio Merlo

Di Giorgio Merlo

È del tutto normale che ritorni una politica di centro nel nostro Paese, ispirata ad una spiccata cultura di governo e accompagnata da quel buon senso che in epoca di populismo trionfante è stato spazzato via. Ma il Pd non è la sponda giusta. La riflessione di Giorgio Merlo

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