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Molti studenti hanno certamente memoria dell’alternativa tra burro e cannoni posta da uno dei più noti manuali di economia, quello del Nobel Paul Samuelson, per spiegare la scelta che si pone per un’economia che produca soltanto due beni, l’uno rappresentativo dei beni di consumo e l’altro dei beni strumentali. Non era, quello di Samuelson, un modo di radicalizzare il problema delle scelte individuali e non lo era neppure quello del premier Draghi quando ha posto il dilemma tra “pace e condizionatori accesi”, inteso non tanto come scelta radicale tra funzione di benessere materiale e valori morali ma solo un modo di indicare che per individui e collettività c’è sempre un problema di scelta che va affrontato. E, certamente, l’alternativa posta, in questo caso, sottintendeva anche un profilo temporale a cui la scelta si riferiva.

In  una prospettiva temporale contano, da una parte, le prospettive della pace e della guerra in Ucraina e, dall’altra, quelle dell’evoluzione dell’economia nazionale e internazionale. C’è un aggressore e un aggredito, non dobbiamo mai dimenticarlo. Tutti, è chiaro, mentre diamo sostegno all’aggredito, vorremmo arrivare al più presto possibile alla pace. Non c’è dubbio che l’autonomia dei paesi europei dal gas russo rappresenta non solo una formidabile arma di pressione su Putin, ma anche una strada da percorrere verso la diversificazione, in un mondo che è già cambiato.

L’errore da non commettere, in ogni caso, è quello di guardare al sostegno a favore dell’Ucraina, facendoci influenzare dal rischio di un minor benessere materiale immediato (i condizionatori che si accendono di meno, come scelta emblematica) come se si trattasse di una alternativa su cui non si può influire.

In verità potremmo immaginare un futuro con una maggiore o minore esigenza di regolazione dei condizionatori a ragione dell’evoluzione dell’economia verso il rallentamento/recessione, peraltro, già previsto dal Def.

E qui conta la nostra capacità di intervenire subito, perché i costi del riaggiustamento della nostra economia a un cambiamento di contesto, peraltro già avvenuto, possono essere minori di quelli che andrebbero comunque affrontati domani.

Fuor di metafora, occorrono subito di interventi diretti a contrastare le tendenze recessive che, almeno per l’Europa, si prospettano preoccupanti per ampiezza e durata, anche perché accompagnate da inflazione.

Non bisogna dimenticare che è stato il ritardo e l’inadeguatezza delle misure prese dopo la crisi dei subprime del 2008 che hanno determinato la maggior durata della recessione nel nostro Paese rispetto al resto dell’Unione europea. Il segnale statistico in materia di recessione, anche se controvertibile, è arrivato dalle Borse con l’inversione tra l’altezza dei tassi a lunga (normalmente maggiore) e di quelli a breve.

In questo quadro, il punto non è tanto quello del mantenimento immediato del nostro benessere, quanto quello delle scelte necessarie ad evitarne il peggioramento nel futuro, anche a costo delle difficoltà da affrontare qui e ora.

C’è bisogno di una discussione pubblica che prenda atto che “nulla sarà più come prima” e indichi quale sia il percorso temporale di medio-lungo periodo da adottare, aiutati in ciò dal Pnrr che si muove in quest’ottica, visto che è progettato per un periodo che arriva al 2027.

Da questa discussione devono emergere indicazioni sulle politiche che ci consentano, piuttosto che una generica politica di spesa pubblica, una maggior indipendenza energetica e il sostegno delle fasce più deboli della popolazione. Ci aiuterà il Pnrr se non ne sarà modificata la destinazione, che deve rimanere quella di realizzare investimenti capaci di aumentare produttività e reddito.

L’aver chiare le sfide che ci aspettano significa evitare bonus e sostegni all’economia e prepararci, con politiche strutturali, alla fase di difficoltà che ci prospetta il futuro.

Significa prendere iniziative coerenti con quelle del Presidente Draghi che, andando in Algeria a ricercare forniture alternative di gas, si preoccupa di intervenire sulla nostra dipendenza energetica con la diversificazione dei fornitori e l’investimento su Lng e rigassificatori.

Ma non basta, perché serve un piano aggiornato per la transizione energetica.

Oltre che impegnarsi nel ridefinire l’offerta di energia e materie prime, occorre poi avere chiaro il quadro competitivo del prossimo futuro e adottare, in sede nazionale ed europea, una politica commerciale che guardi al Mediterraneo come area di espansione della nostra attività.

È chiaro infatti che, comunque si riconfigurino scambi commerciali e finanziari internazionali, i cambiamenti che già sono in atto richiedono scelte che ci consentano una collocazione convincente in un mondo in cui, per usare le parole di Larry Fink, “la globalizzazione come la conosciamo da tre decenni è finita”.

 

Qui trovate gli articoli ospitati da Formiche.net sul tema “Nulla sarà come prima” lanciato da Luigi Paganetto:

L’articolo di Luigi Paganetto: “Nulla sarà come prima. L’Europa è pronta?”

L’articolo di Pasquale Lucio Scandizzo: “Come la crisi internazionale si lega alla transizione energetica”

L’articolo di Michele Bagella: “Come l’Occidente può vincere la guerra economica”

L’articolo di Maurizio Melani: “Game changers e nuove politiche europee”

L’articolo di Rocco Cangelosi: “Ridisegnare una mappa della sicurezza europea non sarà facile”

L’articolo di Paolo Guerrieri: “L’economia mondiale divisa in blocchi e la deglobalizzazione infelice”

L’articolo di Pasquale Persico: “La strada stretta del multilateralismo e della globalizzazione per la pace”

L’articolo di Vincenzo Scotti: Il Mediterraneo allargato, obiettivo strategico per l’Europa di domani

Burro o cannoni? Per Paganetto, la recessione è in arrivo e dobbiamo prepararci

L’autonomia dei Paesi europei dal gas russo rappresenta non solo una formidabile arma di pressione su Putin, ma anche una strada da percorrere verso la diversificazione. È sbagliato credere che puntando al benessere immediato (niente chiusura dei gasdotti e condizionatori a tutta forza) riusciremo a evitare le tendenze recessive, che si prospettano durature. Bisogna agire subito e ripensare le politiche economiche del governo e del Pnrr. Solo così potremo mitigare le conseguenze della guerra

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