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Il dipartimento di Giustizia scende in campo in vista dell’approdo al Senato degli Stati Uniti della proposta di legge che prevede il divieto di TikTok nel caso in cui la casa madre, la cinese Bytedance, rifiutasse di cedere le attività americane ad attori non cinesi. Oggi e domani, alcuni funzionari del dipartimento, capitanati dalla vice procuratrice generale Lisa Monaco, e di altre agenzie terranno incontri a porte chiuse al Senato sulla proposta di legge, il cui iter alla Camera alta non sembra filerà liscio come accaduto in quella bassa. A rivelarlo è Bloomberg.

La delegazione avverte che TikTok è soggetta alle leggi cinesi sulla sicurezza nazionale che possono richiedere la consegna di dati e algoritmi allo Stato. Ciò potrebbe dare a Pechino permettere a Pechino di accedere alle informazioni sugli utenti/consumatori/cittadini statunitensi o di utilizzare l’app per influenzare la politica americana. L’obiettivo dell’amministrazione sembra essere la cessione delle attività, senza arrivare non al divieto. I veri nodi della questioni sono però due: la disponibilità del Partito comunista cinese di cedere alla richiesta separandosi da TikTok e la fase di enforcement di un eventuale divieto.

Questi sforzi fanno parte del lavoro del dipartimento di Giustizia, che sta elaborando le prime norme per impedire alla Cina e ad altri soggetti di acquistare dati personali sensibili di cittadini statunitensi da intermediari commerciali, come previsto da un executive order della Casa Bianca emanato il mese scorso. Monaco ha dichiarato che l’obiettivo delle norme sulla sicurezza dei dati è quello di colmare una lacuna che consente agli avversari di acquistare alcune categorie di dati personali e governativi sensibili degli Stati Uniti.

TikTok, pronto a dare battaglia in tribunale alla legge se approvata, ha reagito al materiale condiviso in maniera confidenziale dalle agenzie federali con gli eletti facendo circolare un documento intitolato “TikTok’s Response to DOJ”, ovvero “La risposta di TikTok al dipartimento di Giustizia”, citato da Bloomberg. L’azienda ha contestato l’affermazione secondo cui TikTok, disponendo di dati degli utenti come nome, età, numero di telefono, e-mail, indirizzo IP e posizione generale, raccoglie enormi quantità di informazioni sensibili. Le informazioni in suo possesso sugli utenti “vengono raccolte di routine dalle aziende per fornire l’accesso ai servizi online”, ha spiegato. “A differenza di alcuni dei suoi concorrenti, TikTok non richiede agli utenti di rivelare i loro nomi reali, non chiede agli utenti il loro status lavorativo o relazionale e non chiede agli utenti statunitensi di rivelare le loro informazioni precise sulla geolocalizzazione”, si legge nel documento. L’azienda ha inoltre dichiarato che il suo algoritmo è memorizzato su server cloud gestiti dal suo partner statunitense, Oracle, e che qualsiasi modifica ad esso viene esaminata e gestita da personale della sua unità aziendale statunitense. “Nessun governo”, né Cina né Stati Uniti, “influenza l’algoritmo di TikTok”, ha dichiarato l’azienda.

In vista del Senato, su Tiktok scende in campo il dipartimento di Giustizia Usa

In vista dell’approdo in Senato della proposta che prevede il divieto dell’app nel caso in cui la casa madre, la cinese Bytedance, rifiutasse di cedere le attività americane si muove l’amministrazione. Oggi e domani briefing a porte chiuse con gli eletti

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