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Nuove sfumature economiche nella guerra russa in Ucraina. Negli ultimi giorni si è riacceso il dibattito sulla possibilità di espropriare, nazionalizzare o sequestrare beni russi nel settore energetico presenti nel territorio europeo.

In Germania, per esempio, il governo prepara un progetto di legge per consentire l’espropriazione delle infrastrutture critiche. Michael Kellner, segretario di Stato al ministero dell’Economia e del clima, ha riferito al Parlamento tedesco i cambiamenti alla legge sulla sicurezza energetica del 1975, che daranno l’opportunità di sottoporre le infrastrutture critiche all’amministrazione fiduciaria o, come ultima risorsa, all’espropriazione: “Sicuramente dovremmo imparare una lezione da questa crisi: che non metteremo mai più infrastrutture critiche nelle mani dei russi o nelle mani di Stati che sono come la Russia. Dopotutto è stato un errore”.

In Bulgaria, invece, si discute sull’ipotesi di espropriare asset strategici intestati a società russe. Il partito della coalizione di governo, Bulgaria democratica, ha lanciato l’appello di prepararsi per l’acquisizione di attivi della Lukoil Bulgaria.

Secondo Euractiv, “la raffineria Neftohim della società nella città portuale di Burgas, sul Mar Nero, la più grande dei Balcani, fornisce circa il 60-70% dei combustibili per il mercato bulgaro. La raffineria è di proprietà di Lukoil attraverso la società svizzera Litasco, di proprietà di una casa madre russa”.

Per Hristo Ivanov, uno dei leader della formazione Bulgaria Democratica, è necessario avviare una “deputinizzazione” della vita politica ed economica del Paese, e per questo è necessario assumere il controllo di siti strategici attualmente sotto il controllo di persone legate alla Russia e al regime di Putin.

Ivanov ha ricordato che “per decenni, il Cremlino ha perseguito i suoi obiettivi nella regione attraverso un’ampia gamma di strumenti di intimidazione e demoralizzazione, propaganda dell’opinione pubblica, dipendenza economica, erosione delle istituzioni e corruzione dell’élite dominante. La Bulgaria è tra i Paesi più colpiti da questo tipo di penetrazione ibrida nella regione”. Secondo alcuni esperti, l’ipotesi di nazionalizzare i beni e le infrastrutture russe energetiche sarebbe in questo caso giustificata perché è in gioco la sicurezza della Bulgaria.

Nel caso di embargo petrolifero da parte dell’Unione europea, l’Italia potrebbe considerare l’espropriazione temporanea della raffineria Isab/Lukoil in Sicilia, come hanno confermato alcune fonti a Euractiv Italia. “Mentre la capacità di raffinazione dell’Italia è molto limitata, ISAB copre circa il 23% della capacità complessiva con una produzione annua di 16 milioni di tonnellate”, si legge sul sito.

La raffineria italiana di Lukoil ha circa 8.000 dipendenti in Sicilia e acquista circa il 30-40% del petrolio dalla Russia: “Un divieto potrebbe quindi ISAB a interrompere la produzione e spostarsi, provocando gravi tagli di posti di lavoro e un impatto potenzialmente devastante per l’economia locale”.

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