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Periodo intenso per Tim sul fronte nomine e non solo. Ieri il gruppo delle tlc guidato da Pietro Labriola ha annunciato che, con decorrenza immediata, Paolo Chiriotti è stato nominato a capo della funzione chief human resources, organization, real estate & transformation office. Con un’esperienza di oltre 30 anni nel gruppo, Chiriotti ha ricoperto incarichi manageriali negli ambiti delle risorse umane, della security e del procurement.

Sempre ieri la società ha reso noto che Carola Bardelli lascerà il proprio incarico di direttore, head of investor relations, per avviare nuove iniziative. La direzione confluisce, a far data dall’8 aprile 2022, in ambito cfo e Manuela Carra assume il ruolo di head of investor relations.

IL CANTIERE DELLA RETE

Il piano tracciato ai primi di marzo dall’amministratore delegato si sviluppa in due step, con un focus in prima battuta sui quattro business che il gruppo gestisce: infrastruttura, Brasile, Consumer e aziende. Illustrando il piano lo stesso Labriola ha chiarito che entro giugno, “prima della chiusura della semestrale si tornerà a “verificare se non sia opportuno lavorare a questo progetto con la creazione di due legal entities”, ovvero NetCo (rete) e ServCo (servizi).

Per quanto riguarda la rete, ha chiarito il ceo, se si perde l’integrazione verticale non si può avere il controllo dell’azienda e “se non possiamo controllare l’azienda dobbiamo cercare dei partner: da un lato abbiamo un potenziale partner industriale che potrebbe essere Cdp con Open Fiber, dall’altro potremmo avere anche dei partner di carattere più finanziario che hanno un interesse su questa attività”.

Ed ecco che diventa importante trovare la soluzione più appropriata per l’avvio della divisione in due di Tim tra ServCo e NetCo. Sulla carta, si legge sul Sole24ore, le opzioni sono sostanzialmente due: il conferimento della rete a una newco, destinata in un secondo tempo a finire in Open Fiber o a un partner finanziario, o la scissione vera e propria di Tim. Cosa cambia? Stesso risultato ma con risvolti differenti: “Nel primo caso la quotazione della rete unica è un’azione che se e quando sarà decisa competerà alla futura Open fiber allargata e non appare affatto scontata. Nel secondo, invece, con la scissione, la quotazione sarebbe automatica”, scrivono Andrea Biondi e Marigia Mangano. Ipotesi, quest’ultima della scissione di Tim, che sarebbe la più caldeggiata secondo fonti consultate dal Sole.

LE INDISCREZIONI DI FT

“Pietro Labriola, il sesto amministratore delegato di Telecom Italia in meno di un decennio, ha elaborato un piano per scorporare la rete fissa italiana del gruppo. La società esistente ospiterebbe tutte le attività rimanenti, compresi gli asset di telefonia mobile e Tim Brasil. Non è dissimile dal piano di KKR”, ha scritto il Financial Times in un articolo sul futuro di Tim. “La via più ovvia ora è quella di riorganizzare il business attraverso un carve-out delle sue attività – un approccio previsto da Labriola e KKR – che gli permetterebbe di ridurre il suo debito. Il piano di Labriola prevede uno scorporo più ampio”, spiega il quotidiano britannico.

Riguardo alla proposta di Kkr per tutta Tim (il cui prezzo a novembre era stato indicato a 0,50 euro per azione), FT ha affermato che “sulla carta, le discussioni sono in corso, ma gli addetti ai  lavori dicono che si sono fermate perché il gruppo di private equity vuole eseguire una due diligence prima di  presentare un’offerta vincolante. Aggiungono che Telecom Italia sta rifiutando la due diligence perché se Kkr dovesse alla fine andarsene, o abbassare la sua offerta, ci sarebbero ripercussioni negative sul prezzo delle azioni”. Al momento il titolo in Borsa perde il 4,32% a 0,34 euro per azione. I realizzi arrivano dopo l’exploit di ieri (+6,6%), favoriti anche dalle indiscrezioni riportate dal Financial Times.

FIRMA NDA CON CDP

Secondo quanto apprende Radiocor, la firma dell’Nda, il “Non disclosure agreement” sulla rete unica, inizialmente prevista tra domani e dopodomani, è attesa all’inizio della prossima settimana.

“Un Nda snello con le parti, Tim e Cdp, che si accordano per verificare tempi e modi di realizzazione dell’integrazione degli asset di rete tra la società e Open Fiber, controllata dalla Cassa e dal fondo Macquarie” sono le linee attese per il non disclosure agreement secondo quanto riferisce l’agenzia stampa. “Nel documento con tutta probabilità è indicato anche un termine, che secondo quanto risulta, è di circa un mese, per firmare successivamente il Mou, il Memorandum of understanding sulla rete unica che arriverebbe dunque prima di giugno quando l’amministratore delegato di Tim, Pietro Labriola, presenterà nei dettagli il piano di riorganizzazione del gruppo.  Successivamente Tim e Open Fiber firmeranno l’intesa sulle aree bianche, le aree a fallimento di mercato, che è sostanzialmente pronta. Quanto alla rete unica, Tim e Cdp avevano già firmato un mou nel 2020 che poi è rimasto lettera morta.

L’OFFERTA DI KKR

Secondo quanto ricostruito dal Sole 24 ore, inoltre entro il 4 aprile 2022 Tim si aspetta di ricevere da Kkr una risposta alla lettera di chiarimenti inviata al fondo. Nella lettera sarebbe richiesto di “rimettere in chiaro, nero su bianco, il prezzo dell’offerta”. Nell’ultima lettera Kkr di marzo non compariva più la menzione sulla conferma o meno degli 0,505 euro indicati a novembre come prezzo dell’Opa totalitaria finalizzata al delisting. L’operatore pone inoltre il paletto della due diligence confirmatoria.

Il 7 aprile, infine, c’è l’assemblea del gruppo che, oltre ad approvare i conti, dovrà tra l’altro nominare come consigliere l’ad Pietro Labriola, già cooptato in cda.

 

 

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