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Per affrontare la sfida della transizione ecologica, Roma – così come decine di altre capitali, e in linea con il Green Deal europeo – ha scelto di spingere soprattutto sulle rinnovabili. Questo significa capacità di generazione “pulita” con idrico, geotermico, eolico e solare, ma anche un sistema di accumulatori per compensare la meteoropatia di questi ultimi e l’utilizzo di veicoli elettrici.

Va da sé che batterie avranno un ruolo centrale: per questo la corsa ai materiali per costruirle è sempre più contesa. Gli osservatori del settore avvertono da tempo che la transizione richiederà una quantità altissima di litio; l’Agenzia internazionale per l’energia crede che la domanda aumenterà di almeno quaranta volte rispetto a quella attuale. E il Financial Times ha avvertito che la mancanza di litio sta mettendo a rischio la transizione.

Il metallo è essenziale per gli accumulatori più avanzati, come quelli degli smartphone e delle batterie delle auto elettriche, ma anche per i magneti delle turbine eoliche. L’importanza del litio – e la paura della sua scarsità – sono venute brutalmente alla luce negli ultimi mesi: il prezzo della risorsa è quintuplicato rispetto all’estate del 2021. In più c’è da considerare anche la dominanza cinese del settore, che porterà Pechino a controllare più del 60% della produzione di batterie agli ioni di litio entro il 2026.

Sempre più Paesi, inclusi quelli europei, stanno aumentando i progetti minerari per estrarre il litio. Non manca all’appello l’Italia: Jacopo Giliberto del Sole 24 Ore ha rivelato che due aziende minerarie, l’australiana Altamin e la tedesca Vulcan, hanno chiesto alla Regione Lazio le concessioni per poter sfruttare i giacimenti di litio in prossimità del lago vulcanico di Bracciano. La prima mira ai permessi di Campignano (1.200 ettari) e Galeria (2.000), mentre la seconda – che ha firmato un accordo di fornitura con Stellantis – ha già il via libera per quella di Cesano.

La ricchezza mineraria della zona fu scoperta negli anni 70 da Eni ed Enel, che trivellavano alla ricerca di acqua ad alta pressione per generare elettricità. Al tempo, spiega Giliberto, le perforazioni liberarono del vapore ricchissimo di litio: dai 350 ai 380 milligrammi per litro d’acqua, valori tra i più alti al mondo. Tuttavia il litio non aveva utilizzi industriali di particolare interesse, e i pozzi (più di 800) vennero chiusi.

Oggi, però, quelle aree racchiudono una risorsa troppo ghiotta per essere ignorata: la cosiddetta “salamoia” (o “brina di litio”), il fluido geotermico ricco del metallo “verde” che può fare la differenza nel portare a termine la transizione. E il governo Draghi sta dimostrando di voler spingere sulle tecnologie della transizione attraverso i progetti previsti dal Pnrr. Resta da vedere se l’opposizione vetero-ambientalista dei cosiddetti comitati Nimby possa ostacolare lo sfruttamento di queste risorse.

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