Skip to main content

Ci sono eventi che rappresentano fattori di spinta ideologica per ufficiali del Blocco orientale che hanno deciso di voltare le spalle all’Unione Sovietica. Chissà che la guerra in Ucraina non sortisca gli stessi effetti in Russia. È un interrogativo intrigante quello che si pone Dan Lomas, docente di intelligence e studi sulla sicurezza alla Brunel University di Londra.

Eventi come la rivoluzione ungherese del 1956 repressa nel sangue dalla truppe sovietiche o la Primavera di Praga del 1968 hanno spinto “funzionari del Blocco orientale a disertare per l’Occidente o a spiare, proprio come l’ideologia del comunismo aveva portato le persone a spiare per la Russia negli anni Trenta e Quaranta”, spiega a Formiche.net. “Dopo il 1945 è accaduto l’esatto contrario. Una volta che la gente si rende conto di come sia realmente il sistema sovietico, va nella direzione opposta”.

La repressione della rivoluzione ungherese, continua, “causò un’onda d’urto nella sinistra radicale. Arrivando dopo la denuncia dei crimini di Iosif Stalin da parte di Nikita Kruscev del 1953, “l’Ungheria confermò ad alcuni a sinistra che l’Unione Sovietica era sulla strada sbagliata e portò a uno scisma nel Partito comunista britannico che perse da un quarto o un terzo dei suoi iscritti. Lo stesso accade altrove”, aggiunge. Qualcosa di simile accade anche in Italia.

Poi il docente cita due esempi relativi alla Cecoslovacchia. Primo: Oleg Gordievsky, indignato dalla repressione della Primavera di Praga e reclutato dal Secret Intelligence Service (cioè l’agenza di spionaggio britannica). Ne divenne la più preziosa risorsa all’interno del Kgb, dando accesso all’Occidente all’attività di intelligence e alle opinioni della leadership sovietica nel momento più delicato della Guerra fredda, negli anni Ottanta. Secondo: Josef Frolík, ufficiale della Státní bezpečnost della Cecoslovacchia. Anche lui dopo la Primavera di Praga disertò nel 1969: fuggì con l’aiuto della Cia non prima di aver raccolto quanti più segreti di Stato possibili fornendo molto materiale e intuizioni sull’intelligence del Blocco orientale.

Alcuni segnali che l’Ucraina potrebbe diventare come l’Ungheria del 1956 e la Cecoslovacchia del 1968 quanto a opportunità di reclutamento per le agenzie d’intelligence occidentali già ci sono. Si pensi al rapporto dell’Fsb, i servizi segreti russi, trapelato nei giorni scorsi, in cui, in sfida alle mire del presidente Vladimir Putin sull’Ucraina, si paventava il rischio per la Russia di finire impantanata come Adolf Hitler nel 1939 in una guerra lunga e globale.

Che sia vero o meno, quel documento rappresenta una parte di narrazione anti Putin che potrebbe rappresentare terreno fertile per l’intelligence occidentale. In particolare per quella anglosassone, che probabilmente non a caso parla di “Putin” e non di “Russia” e sta tentando, a suon di anticipazioni delle mosse militari russe, di insinuare il dubbio che al Cremlino ci sia una talpa (o più d’una) con l’intento di alimentare le divisione nella leadership russa. Senza dimenticare il fattore umano: in questo caso, l’indignazione per l’invasione dell’Ucraina e i metodi adottati sul campo. Proprio come fu per l’Ungheria e la Cecoslovacchia.

Ucraina come Ungheria ’56 e Praga ’68: l'occasione per reclutare agenti russi

Alcuni eventi, come la repressione sovietica delle proteste, hanno spinto ufficiali del Blocco orientale a diventare agenti occidentali. Lo stesso potrebbe accadere oggi dopo la guerra voluta da Putin

Così il Covid ha cambiato l’innovazione in Israele. Risponde Dror Bin

Intervista esclusiva con Dror Bin, amministratore delegato dell’Autorità per l’innovazione di Israele, che spiega come l’ecosistema dell’innovazione nel Paese ha saputo reinventarsi per soddisfare le esigenze presentate dalla nuova realtà globale segnata dal Covid

Alina, Ludmila e le altre donne di Putin

Una giovane compagna, l’ex moglie e due figlie (riconosciute) farebbero parte della famiglia del presidente russo, che difende la sua vita privata più della sicurezza nazionale. Dove sono e che fanno le donne vicine al leader del Cremlino

La corporate diplomacy targata Eni per uscire dall'imbuto russo sull'energia

Di Maio, Descalzi, Pistelli: la missione in Congo e Angola segue la strategia tessuta in Algeria e Qatar, con l’obiettivo di riuscire a compensare il rischio russo come prescrive il piano REPowerEU

Altro che Sandra e Raimondo. Meloni e Letta unici leader davanti al conflitto

Davanti alla guerra, e alle posizioni caute o confuse di 5 Stelle, Berlusconi e Salvini, si sono rafforzate due leadership, quelle di Letta e Meloni, che si radicano e gettano le basi per una contrapposizione di notevole rilievo nel momento in cui si apriranno le urne. Il mosaico di Carlo Fusi

Il soft power non basta, l’Europa deve difendersi. L’analisi di Alex Karp (Palantir)

“È tempo che l’Europa comprenda che la sua difesa dipende da una fonte indigena di forza”. A scriverlo è Alex Karp, ad di Palantir, che in una lettera aperta ammonisce il Vecchio continente (e non solo) sulla necessità di fare i conti con concetti antichi, come l’uso della forza quale continuazione della politica “con altri mezzi”

Non solo la Iss. Tutte le conseguenze della guerra sullo Spazio

Tre decenni di cooperazione spaziale tra la Russia e il mondo occidentale stanno andando in pezzi come i detriti provocati dall’arma antisatellite lanciata da Mosca quattro mesi fa. E per la Ue si palesano carenze strategiche che devono far riflettere. L’opinione dell’ingegnere esperto aerospaziale Marcello Spagnulo

Perché stanotte sono partiti missili dall’Iran contro Erbil

La città che ospita il quartier generale della coalizione guidata dagli Stati Uniti nel Kurdistan iracheno è stata colpita da missili balistici lanciati con ogni probabilità dall’Iran. Tre fattori, interno regionale e internazionale, dietro all’attacco

Via gli antivirus russi dai server della Pa. L’annuncio di Gabrielli

Il sottosegretario ha dichiarato che il governo sta programmando di dismettere i sistemi come Kaspersky “per evitare che da strumento di protezione possano diventare strumento di attacco”

L'Europa dopo Versailles e il doppio salto su energia e difesa

Serviranno ingenti risorse per finanziare gli interventi sia nel campo dell’energia, al fine di non gravare eccessivamente su famiglie ed imprese, sia le maggiori spese per armamenti, senza parlare della necessità di sostenere il ciclo economico e scongiurare il pericolo della stagflazione. Queste risorse non possono certo essere trovate nei bilanci dei singoli Stati

×

Iscriviti alla newsletter