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Per la Nato un riscatto, per l’Europa un bagno di realtà. La crisi ucraina è una grande operazione verità sullo stato di salute dei rapporti transatlantici e le ambizioni autonomiste dell’Europa, spiega Ferdinando Nelli Feroci, presidente dell’Istituto affari internazionali (Iai), già ambasciatore dell’Italia in Ue.

Emmanuel Macron a Mosca, Olaf Scholz a Washington. L’asse franco-tedesco è l’unico che conta nella crisi?

Sì, e lo dico con un po’ di disappunto per il nostro Paese. Sappiamo quanto è difficile trovare una linea comune tra i 27 quando si tratta di rapporti con la Russia. A fare la differenza sono di nuovo Francia e Germania, la seconda con un surplus di prudenza.

Partiamo da Macron. Non tutti in Europa sono felici di averlo come portavoce…

Macron esercita la presidenza di turno del Consiglio Ue ma non mi risulta abbia ricevuto un mandato ufficiale per guidare i negoziati con Mosca. Non è un caso se i Paesi più critici dell’iniziativa francese sono nei Baltici o in Europa centro-orientale, i più esposti. Anche a Kiev la mediazione di Parigi non ha riscosso grande successo, temono che il presidente francese possa concedere troppo a Putin.

Tre anni fa Macron prevedeva la “morte celebrale” della Nato. Oggi si deve ricredere?

Al di là delle previsioni più o meno opportune di Macron, la Nato vive una fase di riscatto. È uscita con le ossa rotte dal ritiro in Afghanistan, esce molto rafforzata da questa crisi. Un risultato che Putin non aveva messo in conto, dovrà prenderne atto. Merito anche di una posizione chiara dell’amministrazione americana che ha compattato gli alleati europei.

Ora Scholz e la Germania. Quanto sono credibili le rassicurazioni tedesche con un gasdotto russo lungo 1200 chilometri sullo sfondo?

Non c’è dubbio, il Nord Stream II è un ostacolo sulla via negoziale. Molto dipenderà dal pacchetto di sanzioni che europei e americani adotteranno contro Mosca in caso di un’azione militare. Qui si registra un paradosso.

Ovvero?

Quanto più grave sarà l’iniziativa russa, tanto più facile sarà per gli alleati adottare sanzioni molto pesanti. Nel caso di un’invasione a tutto campo, che ritengo improbabile, di un’annessione delle province orientali, per la Germania sarà difficile non fare i “compiti a casa”.

Se invece Putin opta per una via di mezzo?

Se ci fosse un’iniziativa circoscritta o addirittura un attacco ibrido, come un’intrusione cyber o tentativi di destabilizzazione del governo ucraino, qualcuno in Europa, a cominciare dalla Germania, potrebbe tentennare.

Lo ha già fatto?

Il cancelliere tedesco poteva essere più esplicito. Poteva chiarire che nel caso di un’invasione russa il Nord Stream II sarebbe saltato. La sua prudenza e quella dei suoi ministri sono forse legate a una fase di rodaggio da cui la “coalizione semaforo” non è ancora uscita.

Chiudiamo sull’Italia. Al di là di tanta retorica sul presunto talento da pontiere, il Paese ha una carta da giocare nella crisi?

Vorrei rispondere sì, non è facile. Mi trovo concorde con la linea espressa da Luigi Di Maio e Lorenzo Guerini durante l’audizione al Parlamento. Non un doppio gioco ma un doppio binario: deterrenza da una parte, dialogo dall’altra. L’Italia può aiutare a trovare una via d’uscita, ma deve farlo all’interno della Nato e dell’Ue. Iniziative solitarie rischiano di essere velleitarie.

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