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Quali passi strategici può stimolare Palazzo Chigi sia nel Mediterraneo che nel costone balcanico mentre, da un lato, in Turchia Erdogan spinge per un nuovo antiamericanismo e, dall’altro, le incertezze serbe producono ulteriore destabilizzazione alla voce allargamento Ue?

Alcune risposte potrebbero arrivare da Mario Draghi e Kyriakos Mitsotakis: due personaggi molto diversi, ma accomunati dal fatto di essere i due volti atlantisti più “freschi” in un’Europa dove Parigi e Berlino hanno non pochi problemi interni da risolvere.

Bilaterale Italia-Grecia

L’occasione è stato il vertice bilaterale tra i premier di Italia e Grecia ieri a Palazzo Chigi, dove al di là delle dichiarazioni ufficiali, sono emersi alcuni spunti interessanti. In primis il gas è il terreno comune su cui fare rete diplomatica tra i paesi mediterranei e balcanici, ma anche la partita in Libia e la cooperazione dell’Europa sudorientale.

Il discorso di Draghi in Parlamento e quello di Mitsotakis in Usa di qualche giorno fa hanno rappresentato una fase nuova della politica europea, perché tarati sia su principi non negoziabili come l’atlantismo, il sistema democratico e la cooperazione strategica (ma non ingenua) su più fronti; sia su azioni mirate come un nuovo costrutto di Europa e, quindi, del Mediterraneo su cui si affacciano numerosi e differenti soggetti. Prescindere da questo punto di partenza, come altri players intendono fare, non equivale a guadagnarsi i galloni di comandanti in un momento di transizione.

Balcani

Il tema balcanico è centrale, perché negli interstizi dell’azione di allargamento a est convivono pulsioni ed esigenze che non possono mettere a rischio un ingranaggio. Quando Draghi fa riferimento, così come fatto da Macron a Versailles, al diritto di veto tocca il nervo scoperto dell’Ue di oggi ma soprattutto di quella di domani. L’Italia è potenzialmente l’unico soggetto in grado di dialogare alla pari con tutti i paesi balcanici, perché non ha limiti di carattere religioso, politico, culturale: una carta da giocare anche (o soprattutto) alla voce energia.

Mediterraneo

E qui entra in scena la Grecia. Dato addio alla troika, dopo il piano di rientro del debito messo in atto da questo governo, Atene ha dalla sua una serie di potenzialità in campo militare, dell’hi-tech, dell’energia e della cooperazione. Gli Stati Uniti hanno siglato un accordo per l’utilizzo delle basi greche, al fine di avere una valida alternativa a quella turca di Incirlik se la situazione ad Ankara dovesse precipitare.

Soprattutto Atene ha incardinato una serie di progetti mirati con Israele, Cipro e paesi del Golfo che le hanno cambiato volto. Non più cenerentola d’Europa o fanalino di coda nelle classifiche Ue, ma luogo dove investire e far incontrare chi vuole investire. In questo senso il laccio con l’Italia, oltre che culturale e storico, si ritrova alla voce gas e trasporti. Trenitalia ha privatizzato le ferrovie greche di Ose e ha inviato due treni Freccia per la tratta Salonicco-Atene. Soggetti di primo piano come Snam e Italgas hanno studiato il mercato ellenico decidendo di entrarci in modo deciso.

Scenari

Ce n’è abbastanza per utilizzare la piattaforma politica italoellenica rappresentata dai due vertici politici di Roma e Atene per immaginare le nuove coordinate dell’Ue, proprio mentre Macron è affaticato dalla nuova composizione del suo Parlamento e Scholz deve ancora fare il rodaggio del suo cancellierato, stretto tra le riserve ideologiche della sua Spd e i richiami delle industrie teutoniche sull’inflazione. Nel mezzo la crisi sistemica non solo nel Mar Nero, ma anche nello stretto di Malacca e nelle acque dinanzi al porto di Shanghai: tutti dossier interconnessi che andranno gestiti con competenza e con proposte potabili.

@FDepalo

(Foto: twitter profile Mitsotakis)

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