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Una settimana tra Australia, Fiji e Hawaii per Antony Blinken. Obiettivo: “impegnarsi con gli alleati e i partner dell’Indo-Pacifico per promuovere la pace, la resilienza e la prosperità in tutta la regione e dimostrare che queste partnership danno risultati”, come dichiarato da Ned Price, portavoce della diplomazia statunitense. È anche l’occasione per gli Stati Uniti per dimostrare di essere in grado di gestire contemporaneamente il quadrante Indo-Pacifico con l’assertività crescente della Cina e la situazione nell’Europa dell’Est con la pressione della Russia sull’Ucraina.

“Le sfide che la Cina pone a quei valori e all’ordine basato sulle regole in diversi di settori” sono al centro dei colloqui e degli incontri di Blinken, ha spiegato Daniel Joseph Kritenbrink, assistente segretario di Stato per gli Affari dell’Asia orientale e del Pacifico. Il messaggio della diplomazia americana è chiaro e conferma la priorità che Washington assegna al quadrante: “le nostre partnership danno risultati” e “ in quest’era di intensa competizione (…) non c’è partnership globale più grande di quella che stiamo cercando di realizzare attraverso il Quad con Australia, India e Giappone”, ha aggiunto il diplomatico.

GLI APPUNTAMENTI

L’appuntamento più importante sulla sua agenda è senza dubbio la riunione di ministri degli Esteri del Quad, la quarta, a cui prenderanno parte anche l’australiana Marise Payne, padrona di casa, il giapponese Hayashi Yoshimasa e l’indiano Subrahmanyam Jaishankar. Tanti i temi sul tavolo: al cooperazione sulla consegna dei vaccini anti-Covid, la sicurezza marittima, la lotta al terrorismo, la sicurezza informatica, il contrasto alla disinformazione, i cambiamenti climatici e la cooperazione tecnologica.

Poi sarà alle Fiji per la prima visita di un segretario di Stato americano dal 1985: appuntamento qui – in video – con i leader delle 18 isole del Pacifico, molti dei quali hanno fatto dell’equilibrismo tra Stati Uniti e Cina una professione. Infine, a Honolulu incontrerà l’ammiraglio John Aquilino, comandante delle forze statunitensi nell’Indo-Pacifico, e ospiterà il collega giapponese Hayashi e il sudcoreano Chung Eui-yong per parlare della minaccia nucleare della Corea del Nord.

LA SFIDA ALLA CINA

“Gli Stati melanesiani hanno visto la Via della Seta come una fonte di finanziamenti e infrastrutture realmente necessarie”, ha detto Peter Connolly, un ex ufficiale dell’esercito e dottorando all’Australian National University, all’agenzia Reuters. Tuttavia, “sono sempre più consapevoli di ciò che questo è costato loro, e di ciò che potrebbe costargli in futuro”, ha aggiunto. E così gli Stati Uniti assieme agli alleati hanno deciso di investire massicciamente anche in connettività. Un esempio è la decisione di finanziare assieme all’Australia e al Giappone un cavo sottomarino per migliorare la connettività internet per le 100.000 persone negli Stati federati di Micronesia, nelle isole Kiribati e a Nauru e per rendere la regione “aperta, inclusiva e resiliente”. Tradotto, come spiegavamo su Formiche.net,: più pronta ad affrontare l’ascesa cinese.

L’Australia, che ospita l’incontro, tema che la Cina possa costruire una base militare nel Pacifico, anche in risposta al Quad e al patto Aukus tra Australia, Regno Unito e Stati Uniti. Nelle scorse settimana Pechino ha inviato addestratori e attrezzature antisommossa alle Isole Salomone dopo i disordini di novembre in cui i manifestanti di Malaita, la più popolosa isola dell’arcipelago, accusavano il primo ministro Manasseh Sogavare di aver intascato tangenti per voltare le spalle a Taiwan in favore della Cina. La disponibilità di Pechino ha allarmato Canberra, che pur aveva già inviato forze di polizia alle Salomone alla luce di un accordo di sicurezza vecchio di decenni.

Ecco perché i quattro Paesi starebbe pensando di allargare il tavolo. Non si parla, almeno non per ora, di ingressi nel Quad. Piuttosto, ha rivelato l’Australian Financial Review, Australia, Giappone, India e Stati Uniti stanno cercando di costruire relazioni con altre organizzazioni regionali come l’Associazione delle nazioni del Sud-Est asiatico (Asean).

LA RISPOSTA DI PECHINO

“Piccole cerchie che istigano allo scontro”. Così, sminuendolo, Zhao Lijian, portavoce del ministro degli Esteri cinese, ha inquadrato il Quad alla vigilia della riunione tra i capi delle diplomazie di Australia, Giappone, India e Stati Uniti. I meccanismi di cooperazione multilaterale devono “alimentare fiducia e cooperazione tra i Paesi”, ha sostenuto in conferenza stampa. Per questo, Pechino si oppone a queste “piccole cerchie” e crede nel ruolo delle Nazioni Unite.

Parole che confermano gli sforzi della diplomazia cinese di dipingere gli Stati Uniti quasi come una minaccia al sistema internazionale – una tattica valida anche per non affrontare temi come la crescente assertività della stessa Cina nell’Indo-Pacifico

Il diplomatico cinese ha poi rilanciato un recente mantra di Pechino: ”La democrazia è un valore comune all’intera umanità, non una prerogativa di poche economie”. La tesi è la seguente: anche la Cina è una democrazia, ma con caratteristiche cinesi (che evidentemente prevedono il partito unico); sta ai cittadini cinesi giudicare lo stato della democrazia cinese, non ad altri Paesi. E infatti, il portavoce ha poi accusato gli Stati Uniti di aver “imposto” agli altri Paesi il proprio modello democratico invitandoli a “sbarazzarsi dalla mentalità da Guerra fredda e contribuire a pace, stabilità e prosperità nell’Asia-Pacifico”. Si tratta di una tesi che ha trovato difensori anche in Italia, come raccontato su Formiche.net. Tra questi c’è Michele Geraci, già sottosegretario al ministero dello Sviluppo economico durante il governo gialloverde guidato da Giuseppe Conte.

(Foto: Twitter @SecBlinken)

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