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L’Ue non commetta l’errore di legare i destini della Siria al tavolo diplomatico sull’Ucraina, ma lavori muovendo le leve della ricostruzione e della diplomazia. Questa l’opinione di Maria Luisa Fantappiè, responsabile del Programma Mediterraneo, Medioriente e Africa dello Iai. Già consigliere speciale per il Medio Oriente e Nord Africa al Centro per il Dialogo Umanitario di Ginevra (2020-2023) e all’International Crisis Group (ICG) di Bruxelles (2012-2020), analizza con Formiche.net il quadro siriano, che tra l’altro verrà attenzionato venerdì prossimo in occasione di una riunione del G7 in formato virtuale. “Nella nuova Siria ci sarà non solo la Turchia ma anche altre potenze regionali che chiaramente avranno i loro interessi e un ruolo. Sarà fondamentale in questa fase mantenere alta l’attenzione su un potenziale ritorno del jihadismo”, dice.

Come l’Europa e la nuova Commissione potranno comprendere gli scenari futuri in Siria?

È assolutamente importante per l’Europa avere una posizione limpida verso la Siria in queste ore cruciali, anche se per il momento non c’è chiarezza. La priorità deve essere quella di rimanere in una fase di transizione politica che sia veramente inclusiva e che non sia semplicemente guidata da coloro che dominano con le armi il Paese. Questo invece è quello che sta succedendo, perché i gruppi ribelli stanno prendendo la capitale con le armi e hanno rifiutato fino ad ora un processo guidato dalle Nazioni Unite, che sia anche aperto a altre voci. L’Europa dovrà essere capace di mantenere le proprie leve per quel che riguarda per esempio i fondi di ricostruzione e non correre a legittimare una qualsiasi entità governativa semplicemente perché magari non è Bashar al-Assad o perché può promettere una moderazione nei primi giorni del suo Governo verso le minoranze. Quindi è importante la prudenza come primo step.

In seguito?

In secondo luogo mantenere il polso dei negoziati, soprattutto sulla questione dei finanziamenti per la ricostruzione, ciò va fatto prima di entrare in qualsiasi processo di legittimità dell’azione della della controparte siriana.

Magari è prematuro parlarne ora, ma è ipotizzabile una divisione della Siria sul modello tripartito libico?

Non si può pensare a uno scenario che si ripete nello stesso modo, prima di tutto perché vi è sicuramente un attore regionale dominante al momento che è la Turchia, in grado di finanziare i movimenti dei ribelli. Inoltre lì c’è un’assenza anche molto forte di altre potenze regionali che, per ora, non riescono a prendere posizione, come i Paesi del Golfo. Inoltre osservo sicuramente una debolezza da parte di quelli che erano gli attori tradizionali, come per esempio l’Iran senza dimenticare che la comunità internazionale (Europa inclusa) è al momento un po’disorientata.

Quindi se noi lasciamo che questi gruppi, e con essi appunto la Turchia, diano forma ad un processo politico sicuramente ci possiamo aspettare non una Siria tripartita, ma soprattutto una Siria che è dominata dalle fazioni islamiste. Ma fino ad ora quello che sappiamo con certezza è che è in corso un processo non ancora politico, visto che stanno parlando solo le armi.

Come potrà il neo Commissario agli affari esteri europeo Kaja Kallas gestire l’intreccio della Siria con il tavolo ucraino, con le aspirazioni saudite ed emiratine e ovviamente con le intenzioni della nuova amministrazione americana?

Penso che l’Europa abbia due tentazioni in questo momento. La prima è quella di leggere gli sviluppi in Siria sotto la lente semplicemente migratoria. Alcune capitali l’hanno fatto, congelando i processi di domanda di asilo dei siriani e forse anche sperando che le nuove autorità siriane del futuro potranno semplicemente riprendersi i rifugiati che sono in fila. La seconda problematica è la sensazione dell’Europa di vedere la Siria come un tavolo su cui si testa e si consolida la debolezza della Russia. Questa è la debolezza della Russia, ma anche la debolezza dell’Iran. Sarebbe una visione sbagliata perché comunque nel momento in cui c’è un Iran debole e una Russia debole, vuol dire che c’è una Turchia forte, tentata di decidere anche per noi.

Quale la strada da seguire, dunque?

Dovremo fare questo calcolo, senza pensare semplicemente di chiudere gli occhi e ritenere ingenuamente che un indebolimento della Russia sullo scenario siriano vada a nostro favore. Invece la prima conseguenza di tutto ciò un irrobustimento della Turchia che squilibra in qualche modo gli assetti intra atlantici tra Paesi europei, parte dell’alleanza e Turchia stessa. Per cui penso che ci sia la necessità di non legare il filo della Siria al tavolo della trattativa sull’Ucraina e di sviluppare invece una politica incentrata sugli sforzi per utilizzare al meglio le leve di negoziato europeo, compresi i fondi di ricostruzione e le sanzioni, all’interno di una cornice dove il peso diplomatico è decisivo per avere un processo politico che sia veramente capace di costruire la strada per una Siria dove i rifugiati possono tornare.

La Russia manterrà le proprie basi all’interno della costa?

Sì, ma nella nuova Siria ci sarà non solo la Turchia ma anche altre potenze regionali che chiaramente avranno i loro interessi e un ruolo. Sarà fondamentale in questa fase mantenere alta l’attenzione su un potenziale ritorno del jihadismo. Per il momento le forze curde della Siria Democratic Forces sono, grazie anche alla presenza americana, in controllo nella frontiera siro- irachena. La Turchia chiederà molto probabilmente all’Europa e gli alleati dell’Alleanza atlantica di diminuire la presenza di queste forze, perché hanno dei legami politici e ideologici con il PKK. Sarà nel nostro interesse europeo assicurarci che comunque ci sia una continuità di sicurezza nella frontiera siro-irachena e quindi capire anche come gestire il futuro delle nostre relazioni con questa forza curda, dal momento che può essere una controparte importante.

L'Ue non leghi la Siria al tavolo ucraino. L'analisi di Fantappiè (Iai)

“Se c’è un Iran debole e una Russia debole, vuol dire che c’è una Turchia forte, tentata di decidere anche per noi. L’Europa non legga gli sviluppi in Siria sotto la lente semplicemente migratoria: invece dovrà essere capace di mantenere le proprie leve per quel che riguarda i fondi di ricostruzione”.  Conversazione con l’analista dello Iai, Maria Luisa Fantappiè

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