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Negli ultimi mesi, la scure delle accuse di corruzione ha colpito in lungo e largo tra gli altri ranghi dell’establishment della Repubblica Popolare Cinese, soprattutto all’interno della dimensione militare. Gli ultimi (apparenti) colpi sono arrivati a stretta distanza l’uno dall’altro: poco dopo che fonti Usa hanno diffuso la notizia dell’inchiesta per corruzione sul ministro della Difesa Dong Jun (sulla cui veridicità sono però stati sollevati alcuni dubbi), è arrivata anche quella della sospensione e della messa sotto inchiesta dell’ammiraglio Miao Hua, direttore del Dipartimento di lavoro politico all’interno della Commissione militare centrale (un organo di partito che supervisiona le attività politiche e culturali dell’Esercito popolare di liberazione). Se la notizia fosse confermata, farebbe di Miao il funzionario militare di più alto livello ad affrontare un caso disciplinare dall’inizio dell’ultima ondata di “purghe” promosse dal presidente cinese Xi Jinping.

Anche il predecessore di Miao è stato estromesso per corruzione, così come i due ministri della Difesa che hanno preceduto Dong Jun, Li Shangfu e Wei Fenghe. Tutte queste personalità, compresi Dong e Miao, sono state scelte e nominate da Xi in persona; optando per una loro estromissione, Xi ha voluto dimostrare ulteriormente la volontà di rimuovere una figura a lui leale ai più alti livelli delle forze armate cinesi per garantire il rispetto della sua agenda politica, dare l’esempio e assicurare che la Pla si sviluppi nella direzione da lui prevista.

Ma allo stesso tempo, tutti questi scandali rafforzano l’idea che la struttura militare di Pechino sia realmente corrotta, un problema non risolto neanche con le varie epurazioni promosse da Xi sin dal suo arrivo al potere. Una corruzione che spazia dai livelli più bassi, come nel caso del commercio di targhe militari, a quelli apicali legati a dinamiche come l’appropriazione indebita all’interno della Rocket Force. Anche grazie alle numerose opportunità offerte dall’aumento delle spese militari di Pechino negli ultimi due decenni.

“Xi è diventato molto sensibile alla corruzione nelle forze armate durante la guerra in Ucraina, forse seguendo l’esempio della Russia”, nota James Palmer su Foreign Policy,“probabilmente la leadership politica non è solo preoccupata degli effetti della corruzione sulla preparazione sul campo di battaglia, ma vede anche le questioni economiche e di sicurezza come interconnesse e teme che figure come Miao siano anelli deboli”.

Non è solo una questione reputazionale. Considerando che la Pla si sta preparando per un eventuale confronto con il primo esercito al mondo, ovvero quello statunitense, le inefficienze causate dalle logiche di corruzione più o men o diffusa rischierebbero di inficiare le capacità di combattimento della struttura militare cinese. Uno sviluppo che Xi non è affatto disposto a tollerare. “Nella mente di Xi, una Pla politicamente compiacente e minimamente corrotta equivale a una Pla pronta a combattere. Per Xi, qualsiasi instabilità a breve o medio termine ai livelli più alti della struttura di comando del Pla – e i costi di reputazione che ne derivano – è un prezzo che vale la pena pagare per raggiungere il suo obiettivo”, scrive al riguardo William Matthews in un paper pubblicato da Chatam House.

Continuano le epurazioni di Xi. Adesso tocca a Miao

Le ultime epurazioni nelle forze armate cinesi evidenziano la persistenza di logiche di corruzione nella Pla che mettono a rischio la preparazione bellica. E la stabilità del potere di Xi

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