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Forse a Davos qualcuno aveva ragione. La politica zero Covid della Cina “crea un rischio non solo per la Cina, ma anche nelle forniture verso il resto del mondo e ha mostrato che varianti molto trasmissibili del virus rischiano di essere molto difficili da contenere e che le chiusure funzionano poco”. La conclusione appartiene a Kristalina Georgieva, direttore del Fondo Monetario Internazionale, la quale ha nella sostanza bocciato la linea dei lockdown adottati da Pechino e ormai abbandonati dagli altri Paesi che erano riusciti a contenere le prime ondate con misure drastiche.

Il motivo è presto spiegato: blocchi e quarantene forzose, anche con l’uso dell’esercito, stanno moltiplicando i colli di bottiglia nell’industria cinese che se produce, spesso non riesce a esportare perché questo o quello scalo portuale è chiuso e messo sotto chiave. Oppure, non produce e lavora proprio perché situata in una zona di quarantena. Questo naturalmente ha un costo in termini di inflazione. Esportazioni con il contagocce e produzioni a singhiozzo non fanno altro che surriscaldare i prezzi e non solo in Cina, ma in tutto il resto del mondo.

Al punto che, secondo gli analisti di Cnbc, il traffico commerciale aereo ha generato rincari per le merci pari o superiori al 50%. Le tariffe per la navigazione, complici le zone franche e le quarantene sono aumentate al punto da spingere alcune compagnie di navigazione a sospendere i servizi, mettendo sotto pressione le catene di approvvigionamento. “Le attuali restrizioni, come quarantene obbligatorie e test, continuano a rallentare i trasporti e a causare ritardi, ha detto alla Cnbc Atul Vashistha, fondatore e presidente della società di consulenza Supply Wisdom.

Non è un mistero che l’attuale priorità della Cina in questo momento sia limitare la diffusione dei casi di Covid in vista delle Olimpiadi invernali del mese prossimo e dell’imminente capodanno lunare. Ma tutto questo a caro prezzo, per il resto del mondo. A Washington qualcuno è preoccupato e non solo il Fondo monetario.

Come raccontato ieri da Formiche.net alcuni alti funzionari della Casa Bianca hanno ripetutamente incolpato la congiuntura internazionale per l’elevata inflazione, negli Stati Uniti ai massimi dal 1982, a cominciare proprio dai lockdown cinesi che hanno fermato interi segmenti industriali, per arrivare a toccare il blocco nel Canale di Suez di quasi un anno fa. Insomma, secondo gli uomini più vicini a Biden, ma non solo loro, la causa della fiammata globale ha un nome e un cognome: la Cina.

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