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Un’Italia protagonista, con un ruolo centrale in tutti i principali scenari della geopolitica internazionale, con tutti gli oneri e onori che questo comporta. È l’immagine che restituisce nel suo libro “Il campo di battaglia. Perché il Grande Gioco passa per l’Italia” il direttore di La Repubblica, Maurizio Molinari, presentato mercoledì allo Iai. Con lui a commentare il volume il ministro della Difesa, Lorenzo Guerini, il presidente dello Iai, Ferdinando Nelli Feroci, e la responsabile delle relazioni istituzionali e del programma “Ue, politica e istituzioni” dello Iai, Nicoletta Pirozzi.

LA NUOVA CENTRALITÀ DELL’ITALIA

“Gli avversari dell’Occidente vedono nel nostro Paese una possibilità di infiltrazione nelle alleanze occidentali, con l’obiettivo di portarvi scompiglio con attività dirette e indirette”. Comincia così il direttore Molinari, sottolineando i pericoli che una nuova centralità dell’Italia comporta nella competizione internazionale. “Tanto la Cina, quanto la Russia, hanno i loro interessi per rafforzare la loro presenza nel Mediterraneo” e questo li porta inevitabilmente a intensificare la propria attenzione su un Paese centrale dell’area come l’Italia.

Se da una parte, però, l’Italia deve affrontare le infiltrazioni degli avversari dell’Occidente politico, dall’altro si trova in un momento di particolare peso specifico nelle relazioni transatlantiche: “L’Italia si è dimostrato un alleato serio quando ha criticato i metodi del ritiro Nato dall’Alleanza, rimanendo tuttavia all’interno delle sue regole, rimanendo sempre allineata al motto ‘dentro insieme, fuori insieme’ della Nato”. Questo credito di credibilità, che si somma a quella guadagnata sul campo soprattutto grazie all’impegno delle nostre Forze armate, ha fatto guadagnare all’Italia un ruolo centrale nel momento di ripensamento del Concetto strategico dell’Alleanza. Per Molinari: “I nostri avversari hanno tentato di indebolire la Nato, ma non ci sono riusciti” anche grazie all’Italia. Secondo il direttore, il peso specifico della nazione nella Nato e nel Mediterraneo è aumentato, tanto che “l’Italia può legittimamente aspirare anche a nominare il prossimo segretario generale”.

Su tutto questo si inserisce anche l’idea lanciata dal presidente Usa Joe Biden, su una “unione di democrazie”, di cui l’Italia può essere un partner fondamentale. “La lettura di Biden – secondo Molinari – cambia l’idea di multilateralismo: tutte le democrazie hanno problemi comuni, che si ripetono, e perciò devono unire le proprie forze per dare risposte più efficaci”. Rispetto alle alleanze del Novecento, nate contro un avversario esterno, “l’alleanza delle democrazie” è rivolta a sanare le ferite interne agli stessi Paesi democratici.

TRA ATLANTICO E MEDITERRANEO

Anche per il ministro Guerini l’Italia si sta confermando quale terreno di azione dei grandi player internazionali, tuttavia “l’evoluzione della politica italiana ha confermato il proprio posizionamento riportando sui binari dei riferimenti complessivi a cui dobbiamo guardare”. Per il ministro le strategie di Pechino e Mosca sono piuttosto chiare: penetrare il Mediterraneo commercialmente e politicamente. Per il Cremlino, inoltre, si tratta di riaffermare la propria posizione quale grande potenza internazionale. “Dobbiamo essere molto attenti come Nato, il valore della coesione dell’Alleanza è esso stesso un obiettivo politico su cui l’Alleanza deve continuare a lavorare”.

Questo richiama la necessaria consapevolezza del ruolo italiano nel Mediterraneo, l’area di naturale interesse nazionale e di sicurezza, vero luogo dove si svolgerà sempre di più una parte importante della partita internazionale. Di fronte a queste minacce, inoltre, si inserisce anche il dibattito sulla Difesa europea e il suo livello di “autonomia”. Per Guerini: “l’ambizione dell’Ue non è di lanciare qualche missione, ma mettere in campo un modello di strumento che ci consenta di intervenire in maniera efficace e sensibile negli scenari di crisi”.

IL CARDINE ITALIANO PER L’EUROPEA

Per il presidente dello Iai, Ferdinando Nelli Feroci: “Il successo del Next generation Eu è fondamentale, e noi come Italia siamo decisivi per garantire il suo successo; abbiamo delle responsabilità molto alte”. Una centralità italiana, dunque, anche in Europa, guadagnato anche per la capacità dimostrata dal Paese nell’affrontare la pandemia. “I dati – ha proseguito Nelli Feroci – dimostrano che siamo il Paese che se la passa meglio, siamo in una fase espansiva dell’econimia, dopo la recessione del 2020, è possibile fare spesa pubblica”. Tuttavia, sottolinea ancora il presidente dello Iai, stiamo anche accumulando debito pubblico, e la Federal reserve Usa ha lanciato l’allarme sul rischio di inflazione strutturale che potrebbe obbligare le banche centrali a cambiare politica monetaria: “Una criticità che va tenuta presente perché può mettere in discussione l’intero impianto del Nex generation”.

UN MODELLO DIVERSO

Il testo di Molinari si interroga anche se ci troviamo in una fase di riscatto dell’idea di Stato-nazione, tesi su cui ha ragionato anche la responsabile delle relazioni istituzionali e del programma “Ue, politica e istituzioni” dello Iai, Nicoletta Pirozzi: “Lo Stato ha manifestato un’incapacità di garantire ai cittadini sicurezza e stabilità, il suo riscatto sarà collegato alla sua capacità di rispondere alle conseguenze economiche e sociali della pandemia”. La pandemia ha portato alla luce le minacce interne ed esterne alla resilienza della democrazia, con le sirene del populismo e le interferenze delle autocrazie avversarie dell’Occidente politico. “Più che un riscatto – per Pirozzi – una rivalutazione del concetto di sovranità in una dimensione non solo nazionale, ma delle democrazie occidentali”. La sfida ora è coniugare una necessaria apertura con l’esigenza di protezione dei cittadini, magari riconciliando l’interesse nazionale con la dimensione europea. “Assistiamo all’affermazione di un nuovo pensiero progressista in Europa, ma è necessario conciliare le richieste sia della classe media moderata che della sinistra ‘liberal’ più radicale, un modello diverso dalle autocrazie e dai conservatori europei”, ha concluso Pirozzi.

Maurizio MOlinari

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